Tre bambini su cento soffrono di ambliopia (dal greco ops, visione, e amblyos, ottusa), un deficit visivo dove un occhio in apparenza normale non vede correttamente e per questo viene definito pigro. Non si tratta di un danno oculare e neppure di una malattia vera e propria, ma di un’alterata trasmissione del segnale nervoso fra occhi e corteccia cerebrale: in condizioni di normalità, infatti, il cervello riceve due immagini nitide che vengono poi sovrapposte e sommate fra loro, ma può accadere che un occhio veda meglio dell’altro e la sua prospettiva venga privilegiata, a scapito del secondo. Nel tempo, questo processo di “selezione” può portare a una diminuzione della vista più o meno grave, ma sicuramente permanente, che va riconosciuta precocemente – nei primi anni di vita, perché, trascorso il sesto o settimo anno, il recupero diventa difficoltoso se non addirittura impossibile.
«Alla pari del linguaggio e del movimento, anche la vista attraversa una fase evolutiva dove la maturazione si può interrompere o avvenire in modo incompleto», spiega il dottor Salvatore Capobianco, specialista in Oculistica ed esperto di Oftalmologia pediatrica (www.salvatorecapobianco.it). «In particolare, l’impedimento alla corretta visione può dipendere da una causa organica, come cataratta congenita, palpebra cadente e opacità di cornea o cristallino, oppure più frequentemente da un difetto funzionale, cioè da una differenza di refrazione tra i due occhi dovuta a miopia, ipermetropia o astigmatismo: in entrambi i casi, il cervello favorisce lo sviluppo dell’occhio buono, mentre l’altro si impigrisce e smette di lavorare».
I CAMPANELLI D’ALLARME
Seppure all’ambliopia non sia associata una sintomatologia specifica, esistono piccoli segnali che devono far sospettare il genitore, come lo strabismo, ad esempio, che però non è sempre così marcato. «Solamente una visita specialistica può rilevare con certezza la problematica», tiene a sottolineare il dottor Capobianco. «Per tutti, un controllo deve essere effettuato entro il primo anno di età: gli oculisti pediatrici dispongono di metodiche e strumentazioni che consentono di effettuare un accurato esame diagnostico anche senza la collaborazione del bambino, troppo piccolo per essere coinvolto attivamente».
Una volta rilevato il difetto, il trattamento consiste in una sorta di “ginnastica” che penalizza l’occhio buono per stimolare al massimo quello con il deficit. Seppure esistano vari mezzi per farlo, come colliri che dilatano la pupilla offuscando la visione oppure occhiali con una lente smerigliata o coperta con occlusori a ventosa, il metodo più efficace è l’applicazione sull’occhio dominante di un cerotto che ne impedisca la visione. «Sicuramente, non è facile ottenere una buona collaborazione da parte del bambino, che potrebbe trovare fastidioso il bendaggio e tentare quindi di rimuoverlo», ammette Capobianco. «Si tratta però di insistere per evitare un danno irrecuperabile, spiegandogli in modo semplice le ragioni, servendosi di un pupazzo per dimostrare il funzionamento e sdrammatizzando la situazione: nessun altro ausilio, infatti, ha le medesime probabilità di successo e, nel caso dei colliri, possono insorgere addirittura effetti collaterali, come irritazione agli occhi, rossore della pelle e iperattività».
PRIMA È MEGLIO
Fino a quando proseguire? Per alcuni mesi o anni, finché i due occhi non vedono allo stesso modo e il progresso raggiunto non sia consolidato. Normalmente, il medico consiglia un’occlusione di 4-8 ore al giorno per sei giorni alla settimana e per un periodo variabile, che dipende dall’entità e dalla causa dell’ambliopia e viene stabilito durante i controlli periodici.
«Se la diagnosi è precoce e la terapia viene seguita in maniera adeguata, il recupero della vista può essere totale», conclude lo specialista. «In caso contrario, la visione resta alterata, manca il senso della profondità, si può sviluppare strabismo, non si riescono a valutare bene le distanze degli oggetti e in generale la mancanza di una normale osservazione binoculare può determinare difficoltà nell’apprendimento, nel rendimento scolastico, nella vita di relazione con altri coetanei e poi, in età adulta, nell’esecuzione di alcuni lavori o magari nell’ottenimento delle normali patenti stradali o nautiche».
In genere, l’ambliopia è monolaterale, ma può anche interessare entrambi gli occhi, soprattutto quando è associata a una causa organica bilaterale. «In questo caso, il bambino presenta molto spesso un nistagmo, ovvero un movimento oscillatorio degli occhi, ritmico e involontario, che deve sempre attirare l’attenzione del pediatra e dei genitori».
CINQUE SEGNALI DA NON TRASCURARE
Alcuni segnali possono aiutare i genitori ad accorgersi se il bambino soffre di ambliopia:
* si avvicina eccessivamente al foglio quando disegna o legge;
* distoglie lo sguardo dagli oggetti che guarda con molta frequenza;
* apre e chiude le palpebre per guardare;
* si sfrega o si stropiccia continuamente gli occhi;
* piega frequentemente la testa da entrambi i lati.
Ovviamente, solo la visita medica oculistica può dare la sicurezza della diagnosi.