Tra gli oltre cento arrivati a Roma per i 45 anni dell’Associazione di Promozione della Famiglia “Incontro Matrimoniale” ci sono anche Giorgio e Pinuccia che hanno celebrato i 50 anni di matrimonio e che oggi sono genitori e nonni. Hanno cominciato il cammino nel 1988 e da allora sono cresciuti nella consapevolezza che bisogna «coltivare la relazione, ascoltare il coniuge, parlare delle difficoltà e confrontare la propria vocazione con quella del sacerdote. Abbiamo scoperto il prete uomo», dicono insieme, «cioè la sua umanità che per noi è stata una ricchezza, così come anche noi aiutiamo il sacerdote con la nostra vocazione matrimoniale». Lo ripetono anche Maria Roberto, da Salerno, «questo team composto da prete e coppie dà un arricchimento reciproco e stimola le rispettive vocazioni». Con loro ci sono anche don Giuseppe Greco, che ha avuto la responsabilità nazionale dal 2014 al 2016 e don Roberto Atzori, che guida le 13 regioni presenti in Italia.
A loro si è rivolto papa Francesco che li ha ricevuti in udienza la mattina del 9 settembre nell’ambito dei giorni di riflessione che le coppie si sono concesse a Sacrofano. «Vi ringrazio per la visita, che si svolge mentre state vivendo alcuni giorni di riflessione in occasione del vostro quarantacinquesimo anniversario: auguri!», ha detto il Pontefice. «Vi siete impegnati», ha sottolineato, «per la riscoperta del sacramento del Matrimonio e di quello dell’Ordine, cercando non soltanto di approfondirne la ricchezza in modo distinto, ma anche facendo emergere la relazione che intercorre tra queste due importanti vocazioni. Matrimonio e Ordine sacro, infatti, benché in modo diverso e secondo il carisma proprio di ciascuno, sono intimamente legati perché entrambi manifestano l’amore di Dio, edificando il Corpo mistico della Chiesa». Francesco ha parlato di «sponsalità» che significa, «da una parte la donazione totale, unica e indissolubile degli sposi, dall’altra l’offerta di vita del sacerdote per la Chiesa», entrambi «sono segni dell’amore sponsale di Dio per noi».
Riprendendo poi il tema che è stato scelto per l’incontro di Sacrofano, “Siamo il sogno di Dio”, il Papa ha ricordato che «il vostro “carisma sponsale” è una profezia per la realizzazione del sogno di Dio. E qual è il sogno di Dio? Invitando i discepoli a rimanere legati a Lui come i tralci alla vite e pregando il Padre perché li conservi nell’amore, Gesù stesso ce lo svela, implorando che tutti noi possiamo essere “una sola cosa”. Il sogno di Dio per noi è questo: unirci nel suo amore, nella sua comunione, per farci scoprire la bellezza della figliolanza divina e della fraternità tra di noi».
Il Pontefice ha ringraziato per «il servizio che offrite alla Chiesa, ma anche alla società, cioè l’accompagnamento dei coniugi e dei sacerdoti», un «prezioso tassello che contribuisce a realizzare il sogno di Dio. Voi non lo fate con tante parole o con teorie astratte, ma soprattutto entrando con amore nella realtà della vita concreta delle persone. Così il vostro carisma ricorda che la fede è anzitutto un’esperienza di relazione e di incontro».
E, dopo aver sottolineato che «siete un segno per la vita della Chiesa, che è chiamata a percorrere la strada di una sempre maggiore reciprocità tra i doni, i carismi e i ministeri. Lo scambio tra i coniugi e i pastori favorisce l’azione evangelizzatrice di cui oggi abbiamo urgente bisogno», ha anche ricordato che «è attraverso le relazioni, anzitutto testimoniando la bellezza delle relazioni, che riusciamo ad annunciare la ricchezza del Vangelo e a mostrare l’amore che Dio nutre per ogni creatura».
Infine li ha incoraggiati a «continuare con generosità e con passione il vostro impegno: a mettere in circolo le esperienze dei coniugi, dei sacerdoti e dei religiosi; ad aprire le porte del vostro cammino ai giovani e ai fidanzati; a non avere paura di battere nuove strade che aiutino le comunità cristiane a realizzare sempre meglio la convergenza tra gli sposi e i loro pastori. E, soprattutto, a lasciarvi guidare dallo Spirito Santo – lasciarvi guidare dallo Spirito Santo –, che è l’amore di Dio, senza il quale le nostre attività sono sterili e vane».