di Nicoletta L. Bagliano
Aretha Franklin è tornata: la voce e la vita della regina del soul stasera, mercoledì 8 gennaio 2025, rivivono su RaiTre alle 21,25 nel biopic Respect, girato nel 2021 con la regia di Liesl Tommy, dove la cantante è interpretata da Jennifer Hudson.
Ma chi era Aretha Franklin? Una grande voce sì, ma soprattutto una grande donna. Che si è battuta per tutta la vita per i diritti degli afroamericani, animata da una incrollabile fede. Da Respect (1967) all’interpretazione nel film The Blues Brothers (1980) sino agli Anni Duemila, è stata una prima donna in assoluto nel mondo musicale.
L’amatissimo padre predicatore
L’icona della musica gospel, soul e R&B era nata a Memphis nel 1942. Figlia di un predicatore battista, Clarence LaVaughn "C. L." Franklin, noto per il suo impegno in tutto il Paese nella lotta per i diritti civili, e di Barbara Vernice Siggers, anche lei cantante gospel, Aretha ha fatto del canto la sua ragione di vita sin da bambina. Il padre è stato la sua guida, non solo dal punto di vista educativo ma anche spirituale: un uomo giusto, severo, che trasmise ai figli una cultura religiosa profonda, ma che non riuscì a evitare il naufragio del proprio matrimonio (la moglie andò via di casa quando Aretha aveva solo 6 anni). Dopo la separazione si trasferì con i figli a Detroit, dove diventò ministro di una comunità religiosa di 4500 fedeli. Con le sorelle Carolyn e Erma, Aretha entrò a far parte del coro della parrocchia, dove suonava anche il piano durante le funzioni. Dai banchi di chiesa ai palchi di tutto il mondo il legame padre-figlia rimase fortissimo, al punto che il concerto gospel di Detroit del 2015 – anno in cui il padre, scomparso nel 1984, avrebbe compiuto 100 anni - è considerato uno dei più emozionanti della sua carriera.
Dal coro gospel alla musica dell’anima
La musica di chiesa e i canti gospel sono stati il liquido amniotico della sua crescita musicale, dando vita a una rivoluzione artistica. Quella di Aretha Franklin è infatti una musica totalmente nuova, che si distingue dalla black music dei gruppi vocali degli Anni 50. «La sua è una musica che “fa sintesi”», commenta Marco Mangiarotti, critico musicale. «Lei inventa un linguaggio assolutamente originale, che verrà chiamato soul music, cioè musica dell’anima. Parte dal Rhythm and blues e dalla musica di chiesa, importantissima nella cultura nera, e si evolve nei testi diventando una musica decisamente metropolitana». Aretha aveva una voce pazzesca: potentissima, un’estensione vocale unica in un fisico che definiremmo “normale”. «La sua carica vitale, la sua energia erano contagiose», prosegue Mangiarotti. «Rideva sempre, dispensando gioia e vitalità in ogni suo concerto». La sua vocalità è quella che gli addetti ai lavori definiscono in between, cioè in grado di esprimersi in molti modi, partendo dalle radici della cultura musicale nera, flirtando con il jazz. «La Franklin ha codificato un genere musicale che rimane nel tempo e non sarà mai dimenticato», dice Mangiarotti, «in cui si incrociano vari stili che danno vita a una produzione unica e molto raffinata, piacevole da ascoltare ma anche da ballare, pur non essendo dance music».
Donna in prima linea
Un’artista con una grande voce, ma anche una donna con un grande carattere: la sua personalità volitiva e determinata l’hanno portata a lottare per tutta la vita per i diritti civili degli afroamericani. «È stata una femminista, che ha portato avanti messaggi importanti attraverso le sue canzoni», spiega Mangiarotti. «Pensiamo al testo di Think in cui Aretha mette l’universo maschile – di colore ma non solo – di fronte a una donna che non è disposta ad accettare di essere sottomessa all’uomo, di essere maltrattata, di essere tradita». Anche per questo la voce di Aretha è stata ed è importante. Attuale e potente oggi come allora. La voce dell’anima. Che, nel settembre del 2015 a Philadelphia, ha colorato la festa per l’incontro mondiale delle famiglie davanti a papa Francesco con un’indimenticabile Amazing Grace.
18 Grammy e 75 milioni di dischi
Nella sua lunga carriera ha venduto oltre 75 milioni di dischi e ricevuto 18 Grammy Awards. «La svolta decisiva avviene a New York» racconta Marco Mangiarotti «con l’etichetta Atlantic Records, fondata da due fratelli armeni, che registrarono e portarono al successo i nuovi grandi protagonisti della musica nera, come Ray Charles. Siamo alla fine degli Anni 60, l’era dei dischi, degli album di vinile, della televisione ma sarà il film The Blues Brothers, nel 1980, a renderla una vera e propria icona, fuori dal suo tempo». I più grandi successi di Aretha Franklin? Difficile fare una classifica, ma nella memoria di tutti noi sicuramente ci sono questi cinque brani: Respect, Think - interpretato in modo eccezionale nel film The blues brothers - A natural woman, I never loved a man, I say a little prayer.
Una vita non solo da regina
La vita coniugale e affettiva di Aretha è stata tempestosa: due matrimoni e quattro figli da tre padri diversi. Clarence, quando aveva appena 12 anni (si ipotizzò in seguito a uno stupro, ma la cantante poi smentì), e Edward a 15 anni, probabilmente dallo stesso uomo. Poi sono nati Ted White junior, meglio conosciuto come Teddy Richards (dal matrimonio con il manager Ted White, segnato da abusi e violenze domestiche), e Kecalf Cunningham (nato da una relazione con il tour manager Ken Cunningham). Il secondo marito è stato l’attore Glynn Turman, dal quale ha divorziato nel 1980.
Dal testamento conteso alla paura di volare
Alla morte di Aretha si aprì una vera e propria battaglia legale tra i quattro figli: colpa di due testamenti trovati nelle sue abitazioni, che dividevano in maniera differente il patrimonio, valutato in quasi 6 milioni di dollari. Al suo funerale (morì il 16 agosto 2018 a Detroit) centinaia di persone tra le quali in prima fila Bill e Hillary Clinton, con Whoopy Goldberg, Quincy Jones e Arianna Grande. Durante la celebrazione è stato letto un messaggio inviato dagli Obama. Oltre 100 cadillac rosa hanno formato il corteo funebre, accompagnando il feretro al Wood Lawn Cemetery di Detroit, dove è sepolta.
Un’ultima curiosità: la cantante aveva una grande paura di volare. Per questo la maggior parte dei suoi concerti si è tenuta solo in Nord America e raramente si è esibita fuori dagli Stati Uniti.