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lunedì 07 ottobre 2024
 
I giovani e la fede
 
Credere

Artem Tkachuk: "Così Dio ha conquistato il mio cuore"

16/02/2023  L’attore della fiction Mare fuori è nato in Ucraina ed è cresciuto a Napoli, sperimentando la difficoltà di sentirsi straniero. In questo dialogo riflette sul male e la speranza e sul sostegno che gli viene dalla fede: «Quando sei nel buio devi credere che il Signore è la luce»

«Sai perché siamo stati creati solo con un cuore? Perché l’altro dobbiamo andarcelo a cercare». A parlare è Artem Tkachuk, idolo delle teenagers e attore di Mare fuori 3, la fiction in onda su Rai Due. Un ragazzo al quale, per quello che dice (e per come lo dice), non daresti solo 22 anni. Nonostante la giovane età, Artem discetta infatti di male, dolore e fede con familiarità e disinvoltura. Dà risposte nette e concise, mai banali, lasciando intendere che lui, quell’«altro cuore», se lo è andato a prendere da un bel pezzo. Ucraino d’origine e napoletano d’adozione, è arrivato in Italia da bambino, insieme ai genitori: suo padre decise di lasciare il proprio Paese per trovare un’occupazione migliore in Italia. Così, un ancora piccolissimo Artem si è trovato catapultato in una caotica Napoli, tra persone che parlavano una lingua a lui sconosciuta e, talvolta, lo guardavano con qualche pregiudizio. Gli inizi furonoi difficili, anche per le ristrettezze economiche in cui versava la famiglia. Poi è arrivata la proposta di recitare nel film La paranza dei bambini e, subito dopo, un progetto ambizioso come Mare fuori che parla di temi a lui molto cari: ambientata nel carcere minorile di Nisida, la serie affronta di petto il tema del male e della speranza. Due mondi che sembrano inconciliabili dietro le sbarre e che, invece, possono coesistere, come dimostra la stessa evoluzione del personaggio di Artem, Pino O’ Pazz. La fiction ha peraltro avuto un successo incredibile, imponendosi come caso televisivo prima sulla piattaforma Rai Play e poi su Netflix. La terza stagione è in onda dal 15 febbraio su Rai Due e l’anteprima su RaiPlay dei primi sei episodi ha registrato 8 milioni di visualizzazioni in sole 24 ore. Sempre più spesso la cronaca racconta di crimini e omicidi commessi da ragazzi.

Intervista ad Artem Tkachuk, attore di Mare Fuori

Presentando Mare fuori 3, gli sceneggiatori hanno detto che la violenza ci interroga tutti quanti, perché «il fallimento di un ragazzo è il fallimento di un adulto». Che ne pensi?

«Sono perfettamente d’accordo. Nessuno di noi nasce santo o malvagio. Semmai, da piccoli siamo come dei fogli bianchi: anime pure, che si aprono con stupore alla vita. Se infatti prendi un bambino, appena nato, e capire il contesto in cui si trova e sarà comunque felice. È energia pura, come dicevo prima. Crescendo, però, l’ambiente e le persone che lo circondano inizieranno a scrivere su quel foglio bianco che è la sua anima, ispirandola o dirottandola, a seconda della situazione. La verità è che non esistono cattivi allievi, ma solo cattivi maestri».

Nella serie, Pino O’ Pazz è uno dei ragazzi più violenti eppure, attraverso l’amore, cambia. Il male non è mai una condanna definitiva?

«Quando si ama si assapora la purezza: si torna a essere dei fogli bianchi. Quindi, sì: c’è sempre una speranza per tutti. Nessuno è condannato a essere cattivo per sempre. Nel mio piccolo ho sperimentato la salvezza nell’arte che, per me, comprende anche Dio».

Quindi, quanto è importante che si cerchi di recuperare le persone, soprattutto giovani, che finiscono in carcere?

«È fondamentale. Servono dei maestri ma temo ce ne siano sempre meno. Vedo persone che lavorano nelle scuole, negli ospedali o in altre realtà statali solo per prendere i soldi a fine mese. Non si appassionano a quello che fanno e questo non va bene! Bisognerebbe avere il coraggio di amare ciò che si fa, di scommettere su qualcosa in cui crediamo, senza accontentarsi. Altrimenti avremo un Paese di persone mediocri che svolgono lavori mediocri. Nel mio ambiente mi è capitato di incrociare adulti arroganti, che si sentivano padroni del mondo solo perché avevano una posizione o molti soldi. Ma non è il tuo portafoglio a renderti il padrone del mondo…».

Cosa ti rende, invece, tale?

«Il fatto è che prima devi diventare padrone di te stesso: non è il mondo che bisogna conquistare, ma il proprio cuore! E quello succede quando incontri Dio».

Tu quando ti sei avvicinato alla fede?

«Sono cristiano ortodosso da sempre. I miei genitori sono credenti, mi hanno educato alla fede ma è stato soprattutto negli ultimi tempi che ho iniziato a vivere con più intensità il mio rapporto con Dio. Sono molto grato al Signore perché quando sei nell’oscurità più buia, è difficile avere coraggio e credere nella luce. Io però ho chiesto coraggio a Dio e Lui me lo ha dato. Tutto quello che sto realizzando lo avevo chiesto nella preghiera: Dio mi ha ascoltato».

I primi tempi in Italia sono stati duri?

«Dio non poteva donarmi una città migliore: Napoli è stupenda, e ci stanno pure il Vesuvio e la pizza! È la città che mi ha cresciuto e reso uomo. Però non vivevamo certo nel lusso: spesso mio padre non era a casa, facevamo fatica ad arrivare a fine mese o a comprare un paio di scarpe. All’inizio poi mi mancava l’Ucraina: scappavo dalla finestra per non andare a scuola! (ride, ndr) Ero, diciamo così, un po’ ribelle… Inoltre è più difficile integrarsi in un contesto culturalmente povero: qualche pregiudizio verso gli stranieri c’è. Intendiamoci: i miei amici veri ci sono sempre stati, ma con gli altri ho avuto sempre la sensazione che dovessi dimostrare qualcosa in più. Se si giocava a calcio, cercavo di essere il più bravo di tutti; a pugilato, dovevo essere il più forte, e così via… e questo per mostrare la persona che ero, al di là delle mie origini. A volte penso che il vero vaccino che dovrebbero inventare è quello contro l’ignoranza».

In Ucraina divampa purtroppo la guerra. Hai delle persone care lì?

«Sì, i nonni e dei parenti. Sono molto preoccupato per loro e per tutti quelli che sono vittime dell’egoismo umano: la guerra non è altro che questo. Il conflitto in corso fa scalpore perché è in Europa ma, se ci pensi, ci sono tante altre guerre nel mondo di cui nessuno si cura. A scuola vedo gente orgogliosa di aver accolto in casa bambini ucraini ed è effettivamente un gesto bellissimo; peccato che quando sono arrivato io in Italia, alcuni a stento mi salutavano».

Da credente, come gestisci l’odio che umanamente starai provando verso la Russia?

«Non provo odio. Né rabbia. Ma solo molto dolore: fa male. Una cosa però la so: l’unico modo con cui posso combattere per il mio Paese è essere la versione migliore di me stesso, dando il buon esempio. La vera salvezza è la conoscenza».

Quindi che progetti hai?

«Seguire il proposito di Dio sulla mia vita».

Avrai qualche idea più precisa…

«No. Se costruisci bene il tuo presente, perché ti devi preoccupare del futuro?»

 
 
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