di Susanna Paparatti
Da un lato ci sono i numeri che mostrano un Paese diviso in due tra nord e sud, fondi da trovare e altri impegnati per i quali occorrerà fare tagli, ma quel che emerge prepotente dal convegno Senza Distinzioni. Perché tutti i minorenni abbiano le stesse opportunità, organizzato dall'Aga (Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza) svoltosi questa mattina a Roma, in occasione della giornata mondiale dell'infanzia che si celebra domani, è lo scollamento tra competenze che rallenta una strada già in salita: «L'Italia vive storicamente una situazione complicata sotto il piano delle finanze pubbliche, ci si trova a dover fare scelte difficili in termini di politiche di bilancio. Tuttavia proprio in questa fase è necessario che il perseguimento del superiore interesse del minore costituisca il criterio prevalente» ha detto Carla Garlatti (Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza) «a differenti situazioni occorre dare differenti risposte. Questo vale a maggior ragione per i livelli assistenziali delle prestazioni. Non è sufficiente definirli, vanno adeguatamente finanziati e, soprattutto, ne va assicurata la declinazione concreta in ogni singolo territorio».
Garantire a bambini e ragazzi uguali diritti e stesse possibilità di esercitarli, consentire uno sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale significa gettare le basi per il futuro: nel rispetto di quanto sancito dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Eppure la migrazione dei bambini affetti da cancro, che dal sud e dalle isole si spostano verso altre regioni per curarsi – sempre che la situazione economica familiare lo consenta, anche a fronte di enormi sacrifici – è del 59,6 %, senza contare le differenze regionali rispetto al numero dei posti letto in terapia intensiva pediatrica, basti pensare che in Sardegna si è costretti al ricovero in quelle destinate agli adulti. Persino la presenza di assistenti sociali è diversa, il Lep fissato dalla legge ne considera uno ogni 5 mila, in meridione il rapporto scende drasticamente ad uno ogni 10 mila. Sappiamo bene però che, oltre al diritto alle cure, sono fondamentali nella formazione dei ragazzi la famiglia, la scuola, la possibilità di socializzare in contesti sereni, non degradati o tanto meno pericolosi: «Credo sia importante dire che oggi in Italia le opportunità non siano eguali. È un mondo difficile e complesso, ma per essere spacciatori di opportunità, come mi piace dire, si devono cogliere i dati che ci rammentano che la povertà multidimensionale colpisce più di tutte famiglie con minori» spiega Marco Pagniello, direttore della Caritas Italiana «famiglie che nel sud sono prevalentemente italiane e nel nord di immigrati».
Un momento dell'incontro il 19 novembre a Roma
Una medaglia a due facce dove la povertà è anche legata all'impossibilità per le donne di lavorare, non sapendo a chi lasciare i figli: ancora una volta i nonni si confermano indispensabili. Nei circa 6000 centri di ascolto della Caritas dislocati in tutto il territorio, chi si rivolge è quasi sempre figlio o nipote di persone già passate attraverso il supporto di queste strutture: un dettaglio che dovrebbe far riflettere: «I minori che smettono di progettare il futuro si accontentano. È necessario ricompattare attorno a loro le comunità, le famiglie, la scuola, le strutture dove fare sport, le parrocchie» prosegue Pagniello. «Tutti devono dialogare creando un'alleanza educativa. La povertà in Italia è oggi legata anche alla povertà di studio». Nel nostro Paese la povertà assoluta riguarda in media il 13,8% dei minorenni (in termini assoluti 1 milione 295 mila) non colpendo in modo eguale le famiglie; è infatti più elevata fra quelle con tre o più minori e in quelle composte unicamente da stranieri. Per queste ultime il tasso arriva al 41,4%. Persino la percentuale di mortalità infantile legata al primo anno di vita è diversa tra nord e sud. La Garlatti ha ricordato che l'Autorità garante, pur non essendo un'amministrazione attiva e disponendo di risorse economiche limitate, ha messo in campo alcune iniziative concrete come finanziare progetti che promuovano l'inclusione e la pratica sportiva tra minorenni nei comuni sotto i 15 mila abitanti e attivando in sei grandi città iniziative per contrastare la dispersione scolastica. Ma occorre fare di più, se alcuni tragici fatti di cronaca ci spingono a pensare che vi siano zone e sacche sociali dove nulla è più possibile, ci si deve soffermare e chiederci quale siano gli esempi ed i valori offerti dalle famiglie e dalla società tutta. Si deve chiedere ai ragazzi di fare proposte sapendo di trovare attenzione. Ora deve essere il tempo dell'ascolto, della comunità, del travaso di competenze che porti le istituzioni a non disperdere sforzi e fondi.
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