«Più che al fenomeno del black out di New York, che ha portato ad un boom di nascite nove mesi dopo, penso che in Italia l’impatto del covid-19 sulla natalità sarà più che altro simile a quello che si è verificato dopo la nube di Chernobyl a maggio del 1986; allorché nel febbraio 1987, ossia nove mesi dopo, si è avuto modo di osservare una significativa flessione nel numero dei nati. Una contrazione che si è protratta ancora per qualche mese, fino al giugno del 1987». Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, teme che già a dicembre di quest’anno si registreranno, proprio in corrispondenza con lo scorso mese di marzo, almeno quattromila nascite in meno. «Nessuno ha la sfera di cristallo», precisa subito, «per poter dire con certezza quello che succederà. Temo, tuttavia, che sul progetto di avere un figlio, o un altro figlio, possano incidere due fondamentali fattori. Da un lato, l’incertezza e la paura, dall’altro la povertà o comunque il disagio economico, spesso derivante dal basso reddito e/o dalle precarie condizioni occupazionali».
Riprendendo in esame gli effetti dell’esperienza del 1986, con il disastro di Cernobyl, e le attuali prospettive di crescita dei livelli di disoccupazione, Blangiardo «stima che nel bilancio demografico del 2021 la soglia dei nuovi nati (che attualmente è di 435 mila) potrebbe scendere sotto le 400 mila unità. Ossia sotto quell’asticella che le più recenti proiezioni demografiche prodotte dall’Istat, precedentemente allo scoppio della pandemia, indicavano non prima del 2032, e per altro nell’ipotesi più pessimistica».
In attesa di vedere quali siano stati, in questi mesi di assoluto lockdown, i comportamenti degli italiani, Blangiardo ricorda che «lo shock che stiamo vivendo si inserisce in una tendenza che già era caratterizzata da un continuo e quasi inarrestabile ribasso della natalità. Dopo l’apparente modesta ripresa delle nascite con l’inizio del nuovo secolo, aiutata in parte anche dalla crescita delle famiglie straniere, la crisi avviata nel 2008 ha drasticamente accelerato la caduta della frequenza di nascite. Anno dopo anno, a partire dal 2013, si è stabilito in Italia il record della più bassa natalità di sempre: mai così in basso in oltre 150 anni di unità nazionale».
Secondo il presidente dell’Istat l’effetto della pandemia «non potrà che contribuire ad accentuare una tendenza già di per sé problematica. Forse non arriveremo alle stesse conseguenze provocate nella Repubblica Democratica Tedesca con la caduta del muro di Berlino nel 1989, quando i nati si dimezzarono nell’arco di tre anni, ma forse l’esperienza della Grecia nella tempesta finanziaria del 2008-2013 può darci qualche utile riferimento. In quell’intervallo di tempo le nascite si sono ridotte del 20 per cento mentre la disoccupazione nella popolazione greca è salita dal 8 per cento al 27».
Blangiardo si augura che, «con la ripresa, si riesca a recuperare produttività e occupazione per fare in modo che un simile scenario non si ripeta». E invita, al tempo stesso, a prepararsi, «senza fare catastrofismi, ma con atteggiamento realistico e costruttivo, per fronteggiare e risolvere una situazione di shock che potrebbe decisamente accrescere la nostra già fragile situazione sui diversi fronti della demografia».
A meno che gli italiani non ci riservino qualche sorpresa e, in questi mesi di “confinamento a casa”, non abbiano, invece, deciso di replicare il modello black out americano, perché il Paese possa vedere, in tutti i sensi, la luce.