Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro (foto Reuters).
(Foto sopra: padre Dario Bossi mentre celebra la messa con papa Francesco. In copertina, foto Reuters: fosse comuni a Manaus, Stato di Amazonas, per seppellire le vittime del virus)
In Brasile, il Paese latinomericano con il numero più elevato di casi di Covid-19, è ancora trambusto istituzionale: oggi il ministro della Giustizia, l'ex giudice Sergio Moro - simbolo dell'inchiesta "Lava jato" (la Mani pulite brasiliana) che aveva portato all'arresto dell'ex presidente Lula - ha rassegnato le sue dimissioni, in opposizione alla decisione del presidente Jair Bolsonaro di esonare il direttore generale della polizia federale Mauricio Leite Valeixo, che era stato scelto per quel ruolo da Moro. Mentre i contagi aumentano, nel Governo continua uno stato di caos, collegato in gran parte alla gestione della pandemia, che Bolsonaro ha sempre continuato a minimizzare, opponendosi irresponsabilmente alle raccomandazioni sanitarie e contestando con forza il lockdown.
Il presidente della Conferenza eipiscopale brasiliana (Cnbb), l’arcivescovo di Belo Horizonte dom Walmor Oliveira de Azevedo, ha commentato le dimissioni di Moro con una dichiarazione: "Il cambiamento nel ministero della Giustizia e della Sicurezza pubblica evidenzia l'intervento politico nel comando delle istituzioni che, nei parametri delle Costituzione federale, non possono smettere di avere autonomia e indipendenza. Si tratta di una cosa molto grave, che fa male ancora di più alla credibilità del Governo (...)".Ancora una volta la Chiesa cattolica torna ad esprimersi ufficialmente e in modo chiaro contro la gestione politica di Bolsonaro. Un mese fa il presidente della Conferenza episcopale in un comunicato ha criticato con forza le esternazioni del presidente che ridicolizzava la paura per il virus definendolo una "influenzuccia". L'arcivescovo ha ribadito la necessità dell’isolamento sociale: “Restate in casa (…). Speriamo che i poteri agiscano in modo tale da garantire un ordine sociale e politico adeguato”. «La Chiesa ha tenuto una posizione molto coerente, in linea con le raccomandazioni di prevenzione sanitaria contro il virus, lasciando la facoltà alle diocesi dei vari Stati di decidere se tenere aperte le chiese e celebrare le funzioni oppure no, in base alla situazione», osserva da San Paolo padre Dario Bossi, 48 anni, superiore provinciale dei missionari comboniani in Brasile, membro della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) e della Commissione delle Conferenza episcopale sull’estrazione mineraria e l’ecologia integrale.
Il presidente della Cnbb ha fatto di più: «Nella diocesi di Belo Horizonte ha dato la facoltà di tenere aperte le chiese come ospedali da campo per assistere i malati del Covid-19, se ce ne fosse bisogno, per diminuire la pressione sugli ospedali. Inoltre con la Caritas brasiliana nel periodo di Pasqua ha promosso una campagna capillare di distribuzione di alimenti e beni essenziali alle persone più in difficoltà».
Del resto, non è un caso se l'ex capitano dell'esercito diventato capo di Stato, che si dichiara formalmente cattolico, «si sia avvicinato molto al mondo delle chiese evangeliche, quelle che hanno largamente favorito la sua elezione e che appoggiano il suo estremismo. Bolsonaro è un opportunista religioso», chiarisce padre Bossi. «Usa molto la devozione e i simboli religiosi in chiave mediatica».
I comboniani in Brasile da alcuni anni sono presenti soprattutto nella regione amazzonica, negli Stati di Amazonas, Roraima, Rondônia e Maranhão, l’area dove vive il 90% delle comunità indigene brasiliane. L'Amazzonia è la regione con i peggiori indicatori sociali del Brasile. Nello Stato di Amazonas il 48% della popolazione vive con la metà del salario minimo (90 dollari al mese), il 15% con due dollari al giorno. La preoccupazione di padre Dario per queste zone è molto forte. Le immagini degli scavi delle fosse comuni a Manaus, per seppellire i morti del Coronavirus, sono davanti agli occhi del mondo. Lo Stato di Amazonas è uno di quelli che sta soffrendo di più la pandemia.
Davanti a questa tragedia, dice padre Bossi, il presidente con le sue provocazioni ha oltrepassato il limite. «Il comportamento di Bolsonaro è intollerabile. In questo momento sul tema del Coronavirus siamo il Paese più ridicolizzato al mondo, a causa della sua incapacità politica di gestire in modo strutturato la pandemia». Bolsonaro vive una sorta di contraddizione: «Da un lato la disorganizzazione e il caos che non sono frutto di una ingenuità, ma vengono mantenuti di proposito, in modo strategico, al fine del controllo del potere. C’è anche l’inefficienza politica, certo. Ma in pratica l’operato di Bolsonaro risponde a un progetto di mantenimento del caos e del conseguente controllo come strumento per garantirsi il potere. In un momento di crisi di consensi, il presidente mira a conservare l’appoggio di un gruppo di fedeli, una fetta di popolazione non enorme ma sufficientemente ampia, coesa e arrabbiata, che si nutre del fanatismo, del populismo e di una avversione generica, di pancia, nei confronti della cosiddetta politica tradizionale. Molti analisti qui in Brasile - con i quali io sono d’accordo - dicono che Bolsonaro non sta governando per il bene del Paese ma per la sua autodifesa».
Bolsonaro, dunque, è tutt’altro che uno sprovveduto, le sue esternazioni, in netto contrasto con tutte le raccomandazione sanitarie, sono atti studiati. «Il presidente è molto abile: per giustificare la sua sottovalutazione della pandemia usa il pretesto dell’economia che non deve fermarsi, fa leva su elementi semplificati per conquistare l’appoggio di una parte della popolazione che lo ascolta. Lui che critica il populismo del Governo venezuelano, alla fine usa lo stesso, identico metodo populista. Le sue continue provocazioni alimentano la spaccatura sociale nel Paese».
E causano uno stato di confusione politico-istituzionale, con conseguenze gravi. Ad esempio, la recente revoca dell'incarico al ministro della Salute Luiz Enrique Mandetta, che è stato rimpiazzato da Nelson Teich, medico anche lui come il predecessore ma senza alcuna esperienza politica, scelto in quanto fedele all’ideologia di Bolsonaro. «Ed è già chiaro che al nuovo ministro spetterà gestire la parte tecnica. Mentre tutta la gestione dell’emergenza sarà affidata al nuovo numero due del ministero, l’ennesimo ufficiale dell’esercito, il generale Eduardo Pazuello. Stiamo assistendo a un processo di militarizzazione del Governo impressionante».
Domenica 19, il presidente ha preso parte a una manifestazione a Brasilia, davanti al quartier generale dell'esercito, nella quale i suoi sostenitori hanni protestato contro il lockdown e chiesto la sospensione del Parlamento e la concessione dei pieni poteri a Bolsonaro. «Ci sono state molte altre manifestazioni in tutto il Paese - non convocate direttamente dall presidente, ma caldeggiate e appoggiate dal suo entourage - che chiedevano la fine del blocco delle attività, associando questa richiesta a quella del rafforzamento dei poteri del presidente, contro i poteri legislativo e giudiziario. Proteste organizzate a bordo delle automobili: questo fa anche capire il profilo sociale dei manifestanti pro-Bolsonaro, non gente del popolo ma delle classi più abbienti, della borghesia medio-alta».
Per un certo periodo, osserva il provinciale dei comboniani, il problema dell’emergenza pandemica quasi ha inibito e scoraggiato reazioni forti da parte dell’opposizione, che si sentiva frenata nel criticare in modo netto le posizioni presidenziali per non compromettere ulteriormente la situazione di crisi a causa del virus. Ma ora qualcosa è cambiato. «Ad esempio domenica scorsa il presidente dell’Ordine degli avvocati ha dichiarato su Bolsonaro: “Ha oltrepassato il Rubicone”, con una metafora riferita al mondo degli antichi romani». Di fatto, la grande maggioranza dei governatori degli Stati federati non ha seguito Bolsonaro, ha adottato misure di contenimento del contagio e imposto il lockdown. «Sempre domenica scorsa venti governatori hanno firmato una lettera in difesa della democrazia, opponendosi alla linea del presidente sulla pandemia, e in generale sulla situazione politica. Mi sembra che nella coscienza sociale sia scattato qualcosa di nuovo: per vari ambienti e settori della società non è più possibile sopportare oltre. E' il momento di dire basta».