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domenica 26 marzo 2023
 
ANNIVERSARI
 

Carlo Maria Martini, la sorella Maris: «E io gli portavo il bollito a Natale»

24/08/2022  Maria Stefania, ma per tutti semplicemente Maris, racconta episodi inediti o poco noti della vita del cardinale, a partire dagli anni dell'infanzia. L'intervista integrale sul numero di Famiglia Cristiana in edicola e in parrocchia a partire da giovedì 25 agosto.

Maris Martini, 87 anni, foto Ugo Zamborlini. In alto, con il fratello, il cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012) e papa Giovanni Paolo II (1920-2005).
Maris Martini, 87 anni, foto Ugo Zamborlini. In alto, con il fratello, il cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012) e papa Giovanni Paolo II (1920-2005).

Professoressa di lettere in pensione, Maris Martini, («All’anagrafe sono Maria Stefania, ma da sempre tutti mi chiamano così»), 87 anni, ha dribblato il caldo afoso di quest’estate concedendosi qualche giorno a Courmayeur, in Valle d’Aosta. Ma anche ai piedi del Monte Bianco s’è portata appresso lettere e appunti. «Sto preparando un altro libro su mio fratello, Carlo Maria, intessuto di testimonianze dirette che getteranno luce nuova sui quattro periodi della sua esistenza: l’infanzia, il suo essere prete e vescovo, l’addio a Milano, la morte e il ricordo che ha lasciato».

Secondo di tre figli (Francesco venne al mondo il 31 maggio 1924; Maris, dieci anni dopo; «sono del 26 dicembre 1934», precisa, «festeggio compleanno e onomastico nello stesso giorno»), Carlo Maria nacque a Torino il 15 febbraio 1927. «Nostra madre, Olga Maggia, molto religiosa (ricordo, tra l’altro, la sua devozione ai primi venerdì del mese), arrivava da una famiglia di lanieri biellesi ed era casalinga. Papà, Leonardo ingegnere civile, faceva l’impresario nel settore delle cave e delle fornaci. “Costruisco mattoni”, diceva e noi sapevamo che aveva conosciuto la dura fatica dei cantieri».

Maris evoca atmosfere d’intimità domestica. «Carlo brillava negli studi (alle elementari, tra gli altri gli fu compagno Guido Ceronetti). Ed era molto buono. Sappiamo, ad esempio, che s’attardava ad aspettare un compagno delle superiori che era introverso e timido, dunque il più delle volte solo. Non esitò a far fare bei giri in bicicletta alle mie amiche. E curò anche un giornale, il Farfarello (dal nome di un diavolo inventato da Dante Alighieri, inserito tra i Malebranche, la diabolica truppa di demoni protagonista di un episodio dell’Inferno), su cui scrivevano docenti e compagni del Sociale».

Maris sfoglia l’album di famiglia con foto ingiallite dal tempo. Immortalano ricordi di belle vacanze al mare, ad Alassio (Savona) o in montagna, ad Etroubles (Aosta). Oppure, ancora, a Camaiore, «non lontano da Viareggio, sulla cui spiaggia, nei primi anni Quaranta, alcune suore, così ci riferirono in seguito, vedevano Carlo passeggiare in spiaggia assorto, intento a pregare. Il Signore cominciò a chiamarlo quando aveva nove anni. Ne parlò con i nostri genitori: mamma era contenta, papà un po’ meno. A 17 anni entrò dai Gesuiti. Da quando,. nel 1979, papa Wojtyla lo volle a Milano, ci si vedeva meno. Il 25 dicembre, io cucinavo a Torino, poi prendevo il treno e andavo da lui a Milano. Carlo si faceva vivo attorno alle 13.30-14. “Grazie Maris, così anche le suore e i segretari respirano un giorno”, soleva ripetere. Arrivava stravolto. Aveva celebrato la Messa di mezzanotte e quella del giorno, era già stato dai senza fissa dimora di fratel Ettore e tra i detenuti di San Vittore. Finito pranzo e scambiate due parole con me e con mio figlio lo mandavo a riposarsi un po’. Diciamo che il nostro era un rapporto tutt’altro che soffocante. Ma intenso».

La sorella culla un ricordo, tra tanti. E coltiva un desiderio, tra i più delicati e profumati possibili. Il ricordo, innanzitutto: «Il suo sguardo. Intenso. Capace di trasmettere la cura che mio fratello Carlo aveva nelle relazioni. Fosse un saluto frutto di un incontro fugace o un colloquio più lungo, per lui chi gli stava di fronte era unico. L'interlocutore, chiunque fosse, meritava tempo, attenzione, rispetto». Il desiderio, infine. «Da tempo sogno una rosa Martini. Cinque anni fa, ci fu un tentativo fallito. Ora ci siamo. Da circa un anno c'è una rosa rossa. Ibrida. La rosa Martini. Le prime piantine sono già state prenotate. Alcune finiranno all'Ambrosianeum, altre alla Casa della Carità, altre in carcere: la rosa Martini allieterà e profumerà luoghi di studio, di sofferenza, di dolore. Proprio quelli dove mio fratello Carlo ha annunciato il Gesù dei Vangeli....»

 
 
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