La madre di Vincent Lambert, Viviane (Ansa)
La battaglia per la vita di Vincent Lambert, il tetraplegico francese in stato di minima coscienza da undici anni a causa di un incidente stradale, vede l’intervento della Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che, sollecitata dai genitori di Lambert, chiede con procedura d'urgenza al governo francese di non violare la regola per la quale non si può privare della vita una persona handicappata per la sua condizione. Lunedì scorso Viviane Lambert è intervenuta a Ginevra: «Non sono né medico, né giurista, sono la mamma di Vincent». Estremamente commossa, la donna ha denunciato il tentativo di «assassinare» legalmente il figlio: «Perché non ascoltarci? Vincent è un essere umano, non è un oggetto. Gli viene messa la testa sott’acqua. È drammatico». E ha aggiunto: «Vincent non è un vegetale. Non ho mai visto un vegetale che gira la testa quando viene chiamato. Ho tantissimi scatti fotografici e video che mostrano esattamente il contrario di quanto si può raccontare sulla stampa», ha dichiarato la donna, sostenuta in Francia da chi denuncia il reiterato tentativo di «un’eutanasia mascherata» su Vincent.
Dopo la sentenza della Corte di Cassazione francese pubblicata venerdì, il personale medico del Policlinico di Reims non ha più ostacoli legali in patria per attivare nuovamente un “protocollo” terminale, invocando la nuova legislazione transalpina sul fine vita. Protocollo che prevede l'interruzione dei trattamenti, vale a dire lo stop all'idratazione e alla nutrizione che mantengono in vita Vincent, è stato avviato «a partire da oggi (ieri, ndr)», ha annunciato Vincent Sanchez, il capo del reparto per le cure palliative dell'ospedale di Reims, dove l'ex infermiere di 42 anni è ricoverato dal 2009, in un messaggio di posta elettronica inviato all'insieme dei familiari. Nella mail, il medico si appella alla «responsabilità di ciascuno» affinché «l'accompagnamento di Vincent Lambert avvenga nel modo più sereno, intimo e personale possibile».
È dal 2013 che la famiglia si dilania sulla sorte di Vincent. La moglie Rachel, suo nipote e sei fratelli e sorelle si sono stretti contro quello che ritengono accanimento terapeutico, accettando la decisione dei medici di lasciarlo morire. Pierre e Viviane Lambert, i genitori, sono invece fortemente contrari, così come un fratello e una sorella di Vincent.
Don Roberto Colombo: non senza condizioni all'eutanasia
A undici anni dal devastante incidente stradale che lo ha inchiodato ad un letto d'ospedale arriva la svolta sul caso di Vincent Lambert, il tetraplegico in stato vegetativo divenuto simbolo del dibattito sul fine vita in Francia. Ieri, da Ginevra, la madre si è appellata nuovamente alle Nazioni Unite, scagliandosi contro coloro che a suo avviso vogliono «assassinare» il figlio.
Contattata oggi dall'agenzia Afp, Viviane Lambert ha fatto sapere che si recherà insieme ai suoi cari al capezzale del figlio, ma che non rilascerà dichiarazioni. Venerdì i legali evocarono una eventuale denuncia per «assassinio premeditato» nel caso in cui il trattamento fosse stato interrotto. Per don Roberto Colombo, docente della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, nonché membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita, quello annunciato dall’ospedale di Reims è invece «un atto inaccettabile e gravissimo sul piano professionale medico, su quello del diritto internazionale e, ancor più, su quello umano». Colombo spiega che «a livello professionale, ad ogni medico, qualunque sia la sua personale opinione, cultura, fede od orientamento sociale e politico, è chiesto - sottolinea l'esperto di bioetica - di impegnarsi per guarire o riabilitare, quando ciò è possibile, il malato. Il signor Lambert non sta morendo, non è un “malato terminale”, né manifesta una sofferenza intrattabile. È un disabile motorio e neurologico, lungodegente, che non viene sottoposto ad alcun trattamento terapeutico che possa configurarsi come “accanimento terapeutico” come hanno stabilito i colleghi medici del dottor Sanchez ascoltati in sede di perizia clinica giudiziaria». A livello giuridico poi «resta tuttora aperto il ricorso presentato dai genitori di Vincent al Comitato delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità».
Quindi la decisione del medico, per il professore della Cattolica «costituisce un arrogante e ingiustificato rigetto delle prerogative dei genitori di Vincent di adire ad un giudizio superiore internazionale e della autorevolezza e del prestigio delle stesse Nazioni Unite». «Infine, ma ancor più rilevante, ad essere ferita e umiliata è l'umanità del medico che, come ogni altro uomo e donna, è chiamato a riconoscere nel volto di ogni sofferente, anche se incapace di comunicare direttamente o indirettamente il proprio pensiero e i propri sentimenti, il volto umano di un fratello e di una sorella, di uno o una come lui, il medico», aggiunge don Colombo concludendo che «la Chiesa ribadisce, attraverso la voce del Papa e dei suoi pastori, il suo no senza condizioni all'eutanasia, anche quella per omissione delle cure appropriate dovute ad ogni malato».