È ancora Natale, nonostante tutto. Credo che si dica nonostante da 2023 anni, che tempi pacifici e sereni nella storia non ci siano mai stati. Ma quest’anno, ancora di più, il dolore e la guerra hanno macchiato il tempo d’Avvento e di Natale perché lordano e feriscono la Terra Santa. Santa o dannata, o proprio maledetta, viene da chiedersi. Perché proprio nell’angolo del mondo che Dio ha scelto per l’Incarnazione, sembrano concentrarsi da millenni l’odio e la violenza. Tutta la sua storia è un rosario di sopraffazioni, esili, invasioni, dominazioni, guerre.
O forse, proprio per questo Dio, oggi come nell’anno zero, ha scelto ciò che è malato, disprezzato, per confondere i sapienti, per provocare noi. Terra Santa allora, ancora più santa quest’anno, bagnata da tanto sangue innocente, dove vivono pochi cristiani, soprattutto arabi, e solo una sparuta comunità a Gaza, circa 800 persone. Sono un segno di contraddizione per noi fratelli tiepidi di una fede comoda e dunque fiacca, sempre più sommersa. Non accendono luci e non accolgono pellegrini quest’anno. A Gaza non avranno le mense imbandite, ma saranno comunque comunità, in preghiera, perché Cristo non ha bisogno di addobbi. La piccola comunità di Gaza è parte dell’immensa schiera di cristiani perseguitati per la loro fede, con uccisioni, rapimenti, sequestri di beni, distruzione di chiese, minacce, ricatti. Trascuriamo la loro voce, perché anche noi non abbiamo più voce, piegati da un condizionamento insinuante, pernicioso, perché indebolisce l’anima. Non soffriamo persecuzioni, per carità, abbiamo libertà di pensiero e parola, e dovremmo ricordarcene, nell’inveire contro il nostro Paese, il nostro continente, cui attribuiamo ogni colpa scordando che mezzo mondo soggiace a governi autoritari, a nazionalismi fanatici, all’estremismo islamico. Eppure questo diritto di voce lo esercitiamo appena, tremebondi, quasi timorosi di disturbare. Chiedo sempre a me, ai miei figli, perché i martiri, le vittime con cui condividiamo la fede non ci rafforzano, non ci confermino nella fede e nella responsabilità, nel coraggio. Ci dicono che siamo fuori dal tempo, creduloni, passatisti, perché è evidente che Dio non ha spazio, è indifferente agli uomini.
E poco a poco ci abituiamo, ci adeguiamo, ritirandoci nelle sacrestie, mentre nelle chiese si fanno concerti, convegni, esposizioni d’arte. Come diceva Bernanos, «la fede non si perde, ma cessa poco a poco di informare la vita». I cristiani di Terra Santa, pochi, certi della presenza di Cristo, “nonostante”, non hanno nulla, se non l’appartenenza alla Chiesa e l’Eucarestia. Che il loro dolore, almeno un po’, sia in questo Natale per tutti semen christianorum.