E noi, quando saremo anziani, che fine faremo? È stata la domanda inaspettata che mi ha rivolto un mio confratello, mentre a cena commentavamo la chiusura delle case per anziani alle visite dei parenti durante l’epidemia: persone già fragili, deboli, che si portano addosso un senso di abbandono, si rassegnano e si chiudono nel silenzio, convinte che nessuno ha voluto farsi carico del loro peso. Questi anziani, a differenza dei tanti che sono morti nei primi mesi della pandemia, non moriranno forse di Covid, ma moriranno molto probabilmente di solitudine e di sconforto. Se prima vedevano ogni tanto un familiare che si ricordava di loro e spendeva con loro un po’ di tempo, adesso non vedono più nessuno. Come dar loro torto se credono che ormai la vita sia finita qui? Nella nostra società diventare anziano è sempre più complicato, eppure, dal punto di vista antropologico, il livello di sviluppo di una cultura si misura proprio dal modo in cui ci si prende cura di coloro che rappresentano le radici, la memoria, le gambe su cui è cresciuta una comunità. Diventare anziano è difficile oggi perché le spese sanitarie e quelle per l’assistenza domiciliare sono di gran lunga superiori all’importo delle pensioni. E in prospettiva, questo divario continuerà ad allargarsi. Diventare anziani è complicato perché è venuto meno il senso del sacrificio: ognuno vuole farsi la propria vita, avere la propria autonomia, essere libero nel proprio stile di vita e un anziano in casa è ingombrante. Un anziano molte volte puzza e sporca. Eppure guardando quell’anziano posso vedere quello che sarò anch’io. E questo sguardo mi cambia, perché mi costringe a vivere il tempo in un modo diverso, mi induce a chiedermi cosa voglio farne della mia vita, a dare valore a quello che veramente conta. La presenza di una persona anziana in casa è una lezione di vita certamente faticosa, ma estremamente feconda e istruttiva. Ho rassicurato allora il mio confratello, ricordandogli che per noi un posto in infermeria (così chiamiamo le nostre case di riposo) sicuramente lo troviamo, ma nei suoi occhi leggevo una domanda più profonda: chi si preoccuperà di noi? Chi ci vorrà bene fino alla fine?
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