Giornalisti e, in alto, fedeli a San Pietro. Le foto di questo servizio sono dell'agenzia di stampa Reuters.
Fra Basilio Magno, Dante, Lutero e papa Francesco: la formula arriva persino in televisione in un programma che ha sconcertato non pochi fedeli, trasmesso su Rai 3, a Report, il 12 aprile; un affastellato di problematiche e testimonianze, che ha suscitato perplessità, dubbi e rancori. Per quanto ci riguarda il punto di Archimede è Gesù di Nazareth. Investire non è oggettivamente un male. La parabola dei talenti (Mt 25, 14-30) e quella dell’amministratore infedele (Lc 16, 1-9) ce ne offrono ampia conferma. Diventa un problema allorché si è chiamati, come l’amministratore infedele, a maneggiare risorse non proprie, ancor più, e qui sta la differenza, se provengono dalle offerte dei fedeli al vescovo di Roma, perché presieda la carità, in tutte le sue dimensioni: temporale (cibo, vestito, vaccino…), intellettuale (ricerca, teologia, formazione…) e spirituale (evangelizzazione e dono gratuito del sé agli altri).
La questione di fondo nella quale si inquadra questo tema degli scandali finanziari sta nel sovrapporsi della finanza all’economia, in tutti i settori. Se il denaro deriva dal lavoro e deve essere ad esso connesso, i suoi traffici si realizzano in un ambito governato non dall’impegno, ma dall’astuzia. In tale contesto spesso ci si ritrova in “zone grigie”, ovvero borderline, nei cui labirinti è difficile districarsi, in quanto i confini fra il bene e il male, il peccato e il reato non risultano immediatamente percettibili.
Proprio in questa “terra di mezzo” o “zona grigia” si muovono inchieste giornalistiche o trasmissioni televisive come quella sopra citata. Pertanto, risulta difficile per l’uomo della strada acquisire un’opinione sicura circa le ipotesi avanzate. Nel frattempo, domina in tutti noi il dubbio e l’incertezza e, come si dice in gergo, non sappiamo a che santo votarci (una proposta sarebbe quella di san Zaccheo [Lc 19, 1-10], ritenuto tale dalle chiese orientali, meno da quella latina).
Qualcosa, tuttavia, possiamo rilevare ed acquisire da queste vicende. Al di là delle responsabilità penali dei singoli, il contesto ha mostrato in maniera evidente e, forse solo per le persone più ingenue, sorprendente, l’esistenza non solo di strani personaggi, ma di vere e proprie “strutture di peccato”, anche dentro la Chiesa santa di Dio. L’azione profetica e autenticamente riformatrice di papa Francesco sta progressivamente mettendo in luce la logica iniqua di queste strutture e pian piano smantellandole e ricostruendo un contesto di trasparenza, al quale forse l’ambiente ecclesiastico non è abituato. Di questo progetto concretamente fa parte l’affidamento della vigilanza sui fondi delle singole congregazioni (dicasteri) e della stessa segreteria di stato all’APSA e alla Segreteria per l’Economia, in modo che si sottragga all’arbitrio di singoli la gestione delle risorse.
Sebbene, nella gestione precedente, i personaggi coinvolti di volta in volta in operazioni finanziarie rischiose in punto di diritto potrebbero essere considerate non colpevoli di reati, resta, come faro per leggere e interpretare le vicende, di cui si stanno occupando i media, quanto ha detto il papa in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in Vaticano: «Esorto tutti, affinché le iniziative di recente avviate e quelle da assumere per l’assoluta trasparenza delle attività istituzionali dello Stato vaticano, soprattutto nel campo economico e finanziario, siano sempre ispirate ai principi fondanti della vita ecclesiale e, al tempo stesso, tengano debito conto dei parametri e delle “buone pratiche” correnti a livello internazionale, e appaiano esemplari, come si impone a una realtà quale la Chiesa Cattolica. Tutti gli operatori in questo settore, e tutti i titolari di incarichi istituzionali, tengano dunque una condotta che, mentre denota un fattivo ravvedimento – ove occorra – riguardo al passato, sia anche irreprensibile ed esemplare per il presente e il futuro» (27 marzo 2021). Come si vede il papa esorta ad andare ben oltre la mera legalità.
Papa Francesco, con i suoi gesti e le sue parole, cerca di indicare alla chiesa cattolica la via del Vangelo, secondo cui «se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5, 20-26). Un appello che ritroviamo in uno degli scritti più famosi del protocristianesimo, Il discorso a Diogneto: «Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo. Osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati». Questa prospettiva, sebbene in maniera marginale, non manca di interpellare quanti con onestà intellettuale approcciano una tematica così complessa e ibrida, tanto che, dopo una valanga di accuse, più o meno condivisibili e documentate circa le devianze di uomini di chiesa o collegati ad istituzioni vaticane, il reportage di Rai 3 termina con l’immagine di una suora che abbraccia un bimbo di colore e dicendo che la Chiesa non è quella, ma questa e così restituendoci la fatica e il progetto di un papa, che sta faticosamente cercando di riformarla.