Bruciare un ostaggio è ucciderlo due volte. Perché il fuoco è simbolicamente la distruzione al massimo grado, l’annientamento, la nullificazione di un corpo. C’è questo stigma ulteriore che pesa sul video di 21 minuti del tenente colonnello Muath al-Kasasbeh, il pilota giordano arso vivo dai terroristi dell’Isis. Se i simboli dicono qualcosa, in questo caso tradiscono una violenza massima e una massima vulnerabilità. Usare il fuoco invece del coltello - riservato fin qui agli infedeli assimilati a capretti da sgozzare - traccia la vera linea del conflitto combattuto dalle falangi del terrore. Svela il loro vero fronte, che è innanzitutto interno. Per gli uomini dell’Isis i nemici non sono soltanto reporter o cooperanti occidentali, ma quelli che guardano il mondo dalla propria sponda. Sono i “buoni musulmani” che pensano la fede in Allah non come una sciabola, ma un ponte. E’ ai confratelli di fede ma non di violenza che va riservata la barbarie più cruda. Il fuoco che arde vivi, appunto.
La bandiera nera fa proselitismo a sangue e simboli, e con questi ingredienti miete consensi nelle banlieu francesi e non solo: bambini di 10 anni che si dicono solidali con la strage di Charlie Hebdo, giovani che traggono spunto per arruolarsi in questo assurdo esercito. Ma ieri, con questo rogo tragico, l’Isis ha alzato il tiro, ha varcato una soglia simbolica forse fino a un punto di non ritorno. E’ una dichiarazione di guerra urlata nel cortile di casa, quel fuoco. Una fatwa fatta a colpi di metafore, una geometrica potenza – per dirla con il lessico delle Br di casa nostra – che scarica sul web simboli su simboli.
Le macerie versate sul corpo del pilota per richiamare quelle causate dai bombardamenti sono sfregio a un cadavere, ma anche propaganda. E gli indirizzi con mappa satellitare degli altri piloti non sono solo una sinistra caccia all’uomo, ma una colossale prova di forza tecnologica, un taglione elettronico destinato ad allargare il consenso. Tutto sottintende una regia comunicativa al contempo efferata, primordiale e fin qui efficace. Il dubbio, anzi la speranza, è che questo rialzare la posta non si trasformi in un boomerang, non ritorca la forza dei simboli contro chi li usa con tanta sanguinaria sagacia. Non disgusti anche chi, tra i fedeli di Allah, fin qui ha guardato e taciuto. E magari, da ieri, ha un motivo per parlare e dire basta.