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giovedì 23 gennaio 2025
 
profughi
 

Così Erdogan ricatta l'Europa sulla pelle dei rifugiati

29/02/2020  La Turchia ha aperto le frontiere verso l'Unione cacciando uomini, donne e bambini siriani per ricattarci. E' la conseguenza di quanto Europa, Russia e Usa hanno seminato. E a pagare saranno milioni di profughi disgraziati usati come merce di scambio (di Fulvio Scaglione)

Recep Tayyp Erdogan
Recep Tayyp Erdogan

Il Grande Pirata della politica internazionale, Recep Teyyep Erdogan, alza la posta, ma così facendo mostra anche tutta la difficoltà in cui si dibatte. L’ultima mossa è il solito ricatto all’Europa: o state con me o vi lancio contro un’ondata di migranti. Ne ha tanti, più di tre milioni e mezzo, mantenuti da noi grazie all’accordo da 6 miliardi di euro fortemente voluto da Angela Merkel e siglato nel 2016. Sempre a spese dell’Europa, inoltre, sperava di ricollocare almeno un milione di loro nelle zone del Nord della Siria che i suoi eserciti (uno è quello regolare, il secondo più potente della Nato; l’altro è quello dei jihadisti che da un decennio Erdogan foraggia in ogni modo) hanno occupato, anche a costo di pestare i nostri alleati curdi. Un progetto grandioso, com’è nel suo stile: dieci distretti, 6 mila edifici per distretto su quasi 100 milioni di metri quadrati di terreno, decine di moschee, scuole, edifici pubblici e attrezzature sportive. Un investimento da 25 miliardi di dollari che la Turchia, da sola, non è in grado di sostenere.

Vladimir Putin
Vladimir Putin

L’occupazione di parte della Siria e l’offensiva contro i curdi sono obiettivi strategici che Erdogan persegue da lungo tempo ma che sono diventati urgenti perché in Turchia monta l’insoddisfazione per la gestione della crisi siriana e per la presenza di quel numero enorme di profughi. Il consenso per l’Akp, il partito di Erdogan, è in lento ma costante calo. Ed è chiaro che l’offensiva di Bashar al-Assad e dei russi contro la sacca di Idlib, dove sono concentrati circa 30 mila jihadisti irriducibili, i superstiti di dieci anni di guerra, rischia di mandare a monte un equilibrio delicatissimo.

Erdogan, il leader che nei primi dieci anni del suo governo aveva saputo trasformare la Turchia e lanciarla come una nuova potenza economica, col tempo si è trasformato in un cinico e astuto Arlecchino. Con l’Europa, debole e indecisa a tutto, si permette l’arroganza, e le reazioni già preoccupate alle sue minacce sui profughi mostrano quanto abbia ragione. Ma per il resto fa il servitore di due padroni. Così, dopo aver a lungo flirtato con la Russia (con cui commercia e costruisce gasdotti, e da cui ottiene turisti e sistemi anti-aerei che fanno innervosire l’Occidente), ora chiede aiuto a mamma Nato. Articolo 4 del Patto atlantico (consultazioni obbligatorie quando uno dei membri si senta minacciato) come premessa all’articolo 5, obbligo di intervento in difesa di un membro dell’Alleanza che sia attaccato.

Donald Trump
Donald Trump

Questa volta, però, dopo tante piroette, sembra girargli male. Negli Usa, con la campagna per le presidenziali che prende velocità, non c’è gran voglia di rituffarsi nel pasticcio siriano. Né da parte dei democratici, impegnati a chiarirsi le idee all’interno, né da parte di Donald Trump, che si gode le difficoltà della Cina e il buon andamento dell’economia e spera che lo stato di grazia duri il più possibile. La Russia, poi, non intende andare in guerra contro la Turchia ma nemmeno mollare l’osso. L’ha spiegato bene il ministro degli Esteri Lavrov, quando con perfida ironia ha detto che “è impossibile impedire alla Siria di rispettare le risoluzioni dell’Onu in materia di lotta al terrorismo”, aggiungendo che i soldati turchi uccisi dalle bombe siriane “non dovevano essere lì, in mezzo ai terroristi”. A buon intenditor… Anche perché il Cremlino è furioso con Erdogan che, poco più di un anno fa, aveva siglato con la Russia un accordo in cui si impegnava a disarmare i jihadisti di Idlib. Non solo non l’ha fatto ma ha addirittura mandato l’esercito ad aiutarli. Forse a Ankara la pensano diversamente, ma non si ha la sensazione che a Vladimir Putin piaccia essere preso per il naso.

Il punto vero della questione è questo: l’avventurismo di Erdogan e i suoi continui salti della quaglia sono stati troppo tollerati. Da tutti. L’Europa ha firmato con lui l’accordo sui migranti nel 2016, proprio quando i coraggiosi giornalisti turchi raccontavano come e quanto i servizi segreti turchi armassero e finanziassero i jihadisti. E adesso i ministri degli Esteri della Ue pubblicano una lettera in cui denunciano la crisi umanitaria di Idlib (giusto) e si vantano di aver combattuto il terrorismo (vergognoso). Gli Usa l’hanno coperto in ogni modo, non solo quando riempiva la Siria di foreign fighters ma persino quando l’ha invasa e si è scatenato contro i curdi. La Russia, pur conoscendolo bene e avendo già sfiorato una guerra con lui nel 2015, ha cercato di usarlo per trarne profitto economico e politico, sperando di dividere la Nato.

Jens Stoltemberg
Jens Stoltemberg

E la Nato, poi. Questa farsesca alleanza difensiva che non fa altro che partecipare a guerre è ben rappresentata dal suo segretario generale, Jens Stoltenberg, che ha espresso “massima solidarietà” alla Turchia e ha criticato “l’odiosa offensiva siriana”, senza peraltro spiegare che cosa ci faccia l’esercito turco nel territorio di un Paese sovrano come la Siria. Da quando è un delitto occupare la Crimea e un diritto occupare il Nord della Siria?

Oggi Usa, Europa e Russia raccolgono quanto hanno seminato. Il tutto, ovviamente, sulla pelle dei civili di Idlib. I quali subiscono oggi il destino subito in passato dai loro fratelli di Gaza, Falluja, Mosul, Raqqa, Aleppo. Mentre noi, nemmen troppo commossi per loro, ci assolviamo da qualunque responsabilità

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Un fiume di umanità in fuga, vittima della vendetta di Erdogan
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