Può la Musica salvare il mondo? Forse la risposta è “no”, ma certo può fare molto per migliorarlo. Da quando Antonio Abreu ha inventato il Sistema della Orchestre Giovanili del Venezuela ovunque fioriscono progetti che utilizzano la musica ed il far musica per aiutare i giovani, gli emarginati, i carcerati, la gente. La calano nel “sociale” insomma. Quanto la musica possa fare bene è ormai dimostrato dai fatti più che dalla teoria. E ben vengano dunque esperienze che non si fermano al pur nobile ed artistico fine di suonare e fare spettacolo e cultura.
Un primo grande esempio proviene dall’Ipec (Programma internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile). La sostanza è molto semplice: i bambini hanno diritto alla creatività, alla formazione culturale, all’eliminazione di ogni forma di sfruttamento. L’appello è stato raccolto da moltissime organizzazioni culturali e musicali che si sono impegnate a diffonderlo ed a sostenerne gli scopi. In prima fila l’Orchestra Mozart e Claudio Abbado, che da sempre hanno esteso al sociale la loro attività a Bologna e nel mondo. Concerti, video, raccolta fondi e soprattutto sensibilizzazione nei confronti dell’immane problema andranno di pari passo con l’attività artistica.
EMMA for Peace (Euro-Mediterranean Music Academy for Peace), un’organizzazione internazionale no-profit per la promozione dell'educazione musicale e la diplomazia culturale nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, è un secondo progetto che guarda al futuro. Ha sede a Roma, l’ha voluta Paolo Petrocelli e la presentazione è avvenuta durante il Summit dei Premi Nobel per la Pace a Varsavia, lo scorso 21-23 ottobre. Presidente onorario di EMMA for Peace è Riccardo Muti. Attorno al progetto si è costituito già un board artistico di oltre 30 musicisti europei e medio orientali di fama internazionale, fra cui John Axelrod (il direttore stabile dell’Orchestra Verdi di Milano), Michele Campanella, Andrea Griminelli, l'Orchestra delle Nazioni Unite.
Lo scopo? «Portare nell’Area del Mediterraneo iniziative umanitarie, concerti, raccolte di fondi e masterclass che avvicinino i giovani e i Paesi e ne focalizzino l’attenzione sul tema della Pace», spiega Petrocelli. «Stiamo per esempio organizzando nei campi profughi dei laboratori musicali. Le necessità primarie sono altre: ma subito dopo è importante la crescita umana. E la musica può fare molto».
La terza grande realtà vive nel quartiere più difficile e storico di
Napoli, il Rione Sanità. Si chiama “Sanitansamble” ed è uno dei
progetti dell’Associazione “Altra Napoli Onlus” che ha come scopo il
recupero urbanistico e sociale del Rione Sanità. Don Antonio Loffredo,
parroco della Basilica Santa Maria della Sanità, ha accolto nella sua
chiesa gruppi di bambini ed adolescenti. Con la collaborazione di vari
insegnanti di musica, ha realizzato un sogno: un’orchestra che va in
giro per l’Italia, eseguendo prevalentemente un repertorio classico, e
dimostrando che arte, cultura, disciplina sono i veri cardini della
crescita civile.
Don Antonio ci ha parlato così della sua “creatura”,
nata nell’indifferenza dell’Amministrazione cittadina:
«Wagner diceva che dove finisce il potere della parole inizia la Musica.
Questo è vero per tutti noi. Alla Sanità tutto quello che passa per le
parole non è molto amato. Io faccio il prete. E venendo da un’altra
parrocchia ero abituato a fare catechesi, a parlare. Ma più che
convincere bisogna “commuovere”, come diceva Agostino. E tutto quello
che passa non per le parole e la testa, ma per la carne arriva alla mia
gente. Ho visto la trasformazione delle persone, di soggetti difficili,
di bambini, delle stesse mamme, perché la musica non va al cervello, ma
nel corpo. E’ uno strumento carnale, diremmo noi a Napoli».
A chi è
dedicato questo “sogno”? «Quando l’esperienza è cominciata nel 2007/8
erano bambini dai 6 ai 12 anni, e furono scelti un po’ per caso,
soprattutto spingendo i bambini che già frequentavano i nostri
doposcuola a partecipare a questi provini molto semplici. Non sapevano
cosa fosse la musica, cose fosse una nota, o il pentagramma. E
cominciammo col sistema, tipo Abreu, a suonare già da subito insieme. E’
stato qualche cosa di straordinario. Basta pensare che dei primi 36
selezionati solo uno si è allontanato, perché i servizi sociali lo hanno
spostato in un’altra città per problemi della madre. Alla selezione
successiva si presentarono 100 mamme che pretendevano che i bambini
suonassero nell’orchestra. Ormai si era sparsa la voce che erano più
buoni, che andavano meglio a scuola». Cosa che peraltro è
scientificamente provata. Perché è tanto importante suonare insieme?:
«Suonare insieme significa ascoltarsi e rispettarsi. Cioè saper fare
società. Saper fare comunità, vivere con gli altri. Qualcuno magari ha
il dono e farà il musicista, ma per tutti c’è una sola prospettiva:
quella di essere un buon cittadino».