«In questo momento drammatico della storia, in cui l’uso delle armi sta sfiorando il punto di non ritorno, risuona ancor più profetico l’appello di don Tonino Bello: “La pace non è tanto un valore da promuovere, ma una persona da seguire: la stessa persona di Gesù. Per questo, nonostante viviamo una esperienza frammentata di pace, scommettere su di essa significa scommettere sull’uomo. Anzi, sull’uomo nuovo. Su Cristo: egli è la nostra Pace. E lui non delude”. La pace per don Tonino è dentro di noi, è Gesù. Bisogna solo darli spazio. E lui indicò la strada per farlo».
È la riflessione del direttore di Famiglia Cristiana, don Stefano Stimamiglio, durante la tavola rotonda “Pace e disarmo: don Tonino Bello profeta inascoltato” organizzata ad Alessano, nel Salento, in occasione dei 90 anni della rivista. «Nell’ambito delle tante iniziative che abbiamo intrapreso per ricordare questo traguardo anni non potevamo non parlare di don Tonino Bello», ha sottolineato il direttore, «per noi di Famiglia Cristiana significa parlare di uno di casa. La nostra redazione, e ancor di più tutto il Gruppo Editoriale San Paolo – la nostra casa editrice che ne ha pubblicato molti libri: Benedette inquietudini, Servi inutili a tempo pieno, Vegliare nella notte, La Chiesa del grembiule, soprattutto Maria donna dei nostri giorni con oltre 15 edizioni – ha da sempre ritenuto don Tonino un punto di riferimento per guardare il mondo nell’orizzonte del Vangelo e nell’incarnarlo nella società di oggi, figlio di quell’“aggiornamento” e di quell’ascolto dei segni dei tempi che è a tutt’oggi la prospettiva con cui la Chiesa si pone, e si deve porre, rispetto al mondo. Tema del Concilio che ci è caro e che mai come oggi è attualissimo».
Durante il dibattito, organizzato insieme alla Fondazione don Tonino Bello e alle associazioni di Alessano e che ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso e attento, è stata approfondita la pericolosa escalation tra superpotenze innescato dalla guerra in Ucraina e i conflitti dimenticati nel mondo – 169 nel 2020 per un totale di 81.447 vittime secondo il “Conflict data program” dell’Università svedese di Uppsala – riletta alla luce del magistero di don Tonino: la lotta contro il business delle armi, la tutela dell’obiezione di coscienza, la non violenza.
Dopo i saluti istituzionali del sindaco di Alessano, Osvaldo Stendardo, e di Stefano Bello, nipote di don Tonino, due contributi da Kiev: la video testimonianza di Alberto Capannini, responsabile “Operazione Colomba”, corpo nonviolento di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, e quella di don Renato Sacco, che in questi giorni si trova nella capitale ucraina con la delegazione italiana di Pax Christi per portare aiuti umanitari e promuovere una campagna di sostegno agli obiettori di coscienza russi e ucraini e che nel 1992 partecipò con don Tonino alla marcia della pace a Sarajevo durante la guerra nei Balcani: «C’è un movimento dal basso che alla logica del conflitto contrappone quello della pace», ha detto Sacco, «noi siamo venuti in Ucraina per la quarta volta con la carovana “Stop war now” per portare aiuti ai sopravvissuti e ribadire che la guerra è una strada senza ritorno, come fece esattamente don Tonino durante la Guerra nei Balcani».
«La profezia di pace di don Tonino fosse, a dispetto dell’affetto che suscita tra credenti e no, è considerata qualcosa del passato o, peggio, di ripetitivo e noioso da archiviare in fretta», ha spiegato il presidente della Fondazione don Tonino Bello Giancarlo Piccini, «penso a quante volte, andando in giro per piazze, chiese, teatri abbiamo proposto la lezione di pace di Tonino Bello e mi tornano in mente i commenti dei soliti benpensanti: “Sempre le stesse cose, sempre a parlare di pace. Siete monotoni, ripetitivi. Annoiano questi argomenti: ormai la guerra non può più tornare”. E allora perché continuiamo ad armarci? Perché tanti investimenti sulle armi, sull’impero della morte? Perché non investire in salute, in istruzione? Perché non combattere la fame, le malattie, le disuguaglianze? In una parola perché armarci e non amarci?».
Tra i relatori anche Alberto Chiara, ora caporedattore e già inviato di lungo corso nei teatri di guerra per Famiglia Cristiana che ha ricordato la marcia dei 500 a Sarajevo, guidata da don Tonino Bello, già gravemente ammalato, trent’anni fa: «Fu un’esperienza drammatica e per noi cronisti don Tonino era il punto di riferimento», ha ricordato Chiara, «questa sua iniziativa s’inserisce perfettamente nello stile del Concilio, di cui fra pochi giorni celebreremo i sessant’anni dell’apertura, perché egli ha messo al centro della sua azione pastorale i poveri e gli ultimi, il senso della comunità ecclesiale e il dialogo con tutti».
A Sarajevo c’era anche don Salvatore Leopizzi, amico di don Tonino e già consigliere nazionale di Pax Christi: «Don Tonino ieri come papa Francesco oggi», ha detto, «sono profeti inascoltati ma non rassegnati, amareggiati ma mai scoraggiati. Doversi modelli culturali e nuovi strumenti istituzionali locali e internazionali avrebbero dovuto far cadere i muri ideologici di ogni sovranismo nazionalistico e le visioni miopi e anacronistiche dei contrapposti imperialismi e invece siamo di fronte alla minaccia di un olocausto nucleare. Quando nel 1992 andammo a Sarajevo per la carovana della pace molti bosniaci ci chiedevano le armi per combattere e per noi fu un colpo durissimo».
Elvira Zaccagnino, direttrice delle Edizioni La Meridiana, si è soffermata sui motivi per cui don Tonino Bello è un profeta inascoltato, delineando la scomodità, anche per il mondo cattolico, del suo magistero.
Monsignor Luigi Bettazzi, uno degli utimi padri conciliari ancora viventi, vescovo emerito di Ivrea e presidente di Pax Christi dal 1968 all'85, in un intervento video ha ricordato l'avventura accanto a don Tonino e le sue battaglie per la pace.
A concludere la serata, il vescovo della diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca, monsignor Vito Angiuli, che ha sottolineato l’importanza di Famiglia Cristiana per la Chiesa e la società italiane: «Novant’anni sono un traguardo importante e prestigioso, soprattutto alla luce delle difficoltà attuali per il mondo dell’editoria», ha detto Angiuli, «una testata che si chiama "Famiglia Cristiana" è un richiamo profondo alla coscienza di tutti i credenti e no e deve essere consapevole dell’importanza della sua missione». Su don Tonino Bello, monsignor Angiuli ha ribadito che il suo «insegnamento s’inserisce pienamente nel Concilio Vaticano II che ha saputo proporre con il suo stile e le sue intuizioni. Egli non era un battitore libero ma un vescovo che ha sempre incarnato il magistero della Chiesa e dei papi, da Giovanni XXIII a Francesco. Se oggi è inascoltato o poco compreso significa che anche il Concilio lo è e c’è ancora tanta strada da fare».