Si può partire dal numero 123 («c’è un comune
accordo sulla ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via
penitenziale, sotto l’autorità del Vescovo, per i fedeli
divorziati risposati civilmente, che si trovano in situazione di
convivenza irreversibile») o dal numero 130
(«Non esiste
fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure
remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio
e la famiglia»). Ma va detto che limitarsi alle questioni relative alla possibile Comunione di chi ha nuovi legami stabili, dopo il naufragio delle prime nozze, e ai matrimoni gay, non rende giustizia a un documento di ampio respiro (147 punti, 35 pagine in tutto) che sintetizza il fecondo dibattito in corso nelle varie comunità locali.
In Vaticano è stato presentato l'Instrumentum laboris che contiene le linee guida del prossimo Sinodo dei vescovi convocato a Roma, dal 4 al 25 ottobre. Il documento di lavoro riporta interamente la Relatio Synodi, ovvero il testo
conclusivo del precedente Sinodo sulla famiglia, svoltosi nel 2014
(inclusi i numeri 52, 53 e 55, i più discussi, relativi all’accostamento
dei divorziati risposati all’Eucaristia, alla proposta della comunione
spirituale ed alle unioni omosessuali),
integrando il tutto con la sintesi delle risposte al questionario proposto, nel
corso dell’anno, dalla Segreteria sinodale alle Chiese del mondo.
L'orizzonte è ampio. Si affrontano «le sfide, la vocazione e la missione della famiglia». Si analizza il contesto antropologico-culturale ricco spesso di contraddizioni, si scandaglia il perimetro socio-economico in cui si trovano ad agire le famiglie, compresa la pochezza di certa politica che invece d'aiutare sembra boicottare la famiglia, si indica la meta dell'inclusione (per chi è anziano, per chi ha perso il coniuge, per chi emigra separandosi suo malgrado dai propri cari). Ma si ragiona anche di famiglia nel disegno salvifico del Signore, il che rimanda alla Parola di Dio, ai Sacramenti preparati e vissuti, all'inserimento nella Chiesa (con un protagonismo crescente delle donne).
Le parti più attese dall'opinione pubblica sono alla fine, quando ci si addentra nell'«arte dell'accompagnamento». «Si è riflettuto
sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai
sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia», si legge al numero 122 dell'Instrumentum laboris. «Diversi Padri
sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza
del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la
comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio
indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non
generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni
particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta
di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che
verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai
sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto
la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la
questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione
oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che "l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono
essere sminuite o annullate" da diversi "fattori psichici oppure
sociali"».
Quindi, ecco il passaggio che lascia presagire qualche innovazione, posto che così confermi anche la maggioranza del Sinodo, ad ottobre: «Per
affrontare la tematica suddetta», è scritto al numero 123, «c’è un comune accordo sulla
ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto
l’autorità del Vescovo, per i fedeli divorziati risposati
civilmente, che si trovano in situazione di convivenza irreversibile.
In riferimento a Familiaris
Consortio
84, si suggerisce un percorso di presa di coscienza del fallimento e
delle ferite da esso prodotte, con pentimento, verifica
dell’eventuale nullità del matrimonio, impegno alla comunione
spirituale e decisione di vivere in continenza.
Altri, per via
penitenziale intendono un processo di chiarificazione e di nuovo
orientamento, dopo il fallimento vissuto, accompagnato da un
presbitero a ciò deputato. Questo processo dovrebbe condurre
l’interessato a un giudizio onesto sulla propria condizione, in cui
anche lo stesso presbitero possa maturare una sua valutazione per
poter far uso della potestà di legare e di sciogliere in modo
adeguato alla situazione».
Circa i gay, «si
ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza
sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità
e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società. Sarebbe
auspicabile che i progetti pastorali diocesani riservassero una
specifica attenzione all’accompagnamento delle famiglie in cui
vivono persone con tendenza omosessuale e di queste stesse persone» (numero 131). Ma, «riferendosi a quanto» già «insegna la Chiesa» si afferma altresì a chiare lettere che «non esiste
fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure
remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio
e la famiglia» (numero 130) e che «è
del tutto
inaccettabile che i pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in
questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli
aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che
istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso» (numero 132).
L'Instrumentum laboris è stato illustrato oggi nei locali della sala stampa della Santa Sede dal cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario generale del Sinodo dei vescovi, dal cardinale ungherese Péter Erdő, arcivescovo di Budapest e relatore generale della XIV assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, nonché da monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario speciale della XIV assemblea generale ordinaria del Sinodo.