Ogni volta che l’omosessualità fa capolino nelle dichiarazioni della Chiesa, l’esposizione mediatica è assicurata. Succede così che da un documentario sulla figura di papa Francesco siano estrapolate alcune affermazioni che ingolosiscono i giornalisti e vengono presentate come una svolta nella Chiesa. Con tutti i commenti a favore e contro che è facile immaginare. Personalmente non ho nulla contro il fatto che alcune dichiarazioni del Papa vengano accolte con slanci emotivi: significa che siamo vivi e che reagiamo non solo con l’intelletto ma affidandoci alla varipointa tavolozza delle emozioni. Il problema sorge quando questa componente si afferma a tal punto da non permettere un’analisi razionale delle affermazioni.
Non conosco direttamente papa Francesco e non ha avuto il privilegio di assistere all’anteprima della pellicola di Afineevsky, posso solo cercare di fare delle ragionevoli supposizioni sul contesto che ha generato quelle parole. Il riferimento al sostegno delle unioni civili per le persone omosessuali non riguarda il pontificato di Francesco, ma il periodo in cui il cardinal Bergoglio ha vissuto le forti tensioni che attraversavano la società argentina quando si paventava l’approvazione di una legge che riconoscesse il diritto al matrimonio per le coppie omosessuali.
La distinzione di Bergoglio tra i diritti civili e la specificità del matrimonio come unione feconda di due persone di sesso diverso sembra essere la stessa linea che ha conservato anche dopo aver assunto il Pontificato, almeno da quanto emerge dalle dichiarazioni sul tema. Alla base di questa distinzione c’è il desiderio autentico di conservare il valore del Magistero e al tempo stesso la dignità di tutte le persone, a prescindere dal loro orientamento e identità sessuale (precisazione importante perché non deve escludere i transessuali di cui purtroppo non si parla mai).
Aldilà di affermazioni generiche di “rispetto” e “non discriminazione” (cfr. Amoris laetitia §250) la Chiesa cattolica rimane sempre piuttosto vaga sulla qualità della vita delle persone omosessuali e transessuali, quasi che riconoscere il fatto che esistano possa mettere la coscienza in pace. È su questo punto che trovo illuminanti le parole di Francesco. Forte della sua carica umana, ci ricorda che essere persone significa vedere soddisfatti i propri bisogni primari, tra i quali quello di fare parte di una famiglia svetta particolarmente. Il Papa non sta riscrivendo il Magistero, ci sta ricordando la grammatica della vita.
E questo in un momento in cui in molti Stati la semplice condizione di omosessuale o transessuale può comportare la detenzione o la limitazione dei diritti civili. Gli episcopati cattolici hanno evidenziato, ancora recentemente, pericolose sbandate per assecondare governi populisti cha sbandierano la lotta all’ideologia Lgbt, così che in nome di valori “tradizionali” si formano alleanze che assecondano i giochi di potere ma sono lontane dalle logiche del Vangelo. Le parole di papa Francesco non sono rivolte esplicitamente a queste situazioni, ma presuppongono un rispetto assoluto per la persona che comporta la possibilità per tutti di essere se stessi. Di fronte a governi che accusano le persone Lgbt di essere una minaccia per la società, il Papa afferma che invece sono una ricchezza e che Dio le ama per quello che sono. Non è poco.
don Gian Luca Carrega