«È morto un santo». Così diceva chi ha conosciuto don Mario Ciceri. Così sarà. Il 30 aprile, già venerabile, il parroco dell’obbedienza e dell’umiltà verrà beatificato nel Duomo di Milano dopo che il 23 novembre 2020 papa Francesco ha promulgato il decreto relativo a un miracolo ottenuto per sua intercessione. Don Mario, che nacque nel 1900 a Veduggio con Colzano, in provincia di Monza e Brianza, diocesi di Milano, manifestò la sua vocazione sin da bambino. Nel ’24 venne ordinato nel Duomo di Milano ed ebbe come prima destinazione la parrocchia di Sant’Antonino Martire, nella frazione di Brentana di Sulbiate. Prete dei giovani, promosse l’Azione cattolica e l’oratorio, si spese per gli ammalati e gli ultimi.
Durante la guerra creò Voce amica, un bollettino con cui tenere i contatti con i ragazzi al fronte. Aiutò i rifugiati politici e chi era in fuga; per la gente di Sulbiate e dei paesi vicini donò tutto sé stesso. Quando nel 1945 fu travolto da un calesse mentre era in bicicletta, quando tutti pregavano per la sua salvezza, lui morì offrendo la vita per la fine della Seconda guerra mondiale. «Per la comunità di Sulbiate è stato sin da subito un esempio», racconta Luigi Corno, presidente dell’Associazione Don Mario Ciceri. «Per i nostri nonni era già santo, bastava vedere il pellegrinaggio continuo sulla sua tomba. Nel 1990 la salma è stata traslata nella chiesa parrocchiale perché fosse più vicino alla sua gente ed è stato sepolto sotto all’altare della Madonna dove spesso celebrava. Lì sarà collocata anche la sua reliquia. Tutti entrando devono sapere dov’è».
Vicino al suo oratorio, la stele. Un’associazione nata l’8 settembre (data di nascita di don Mario) del 1994 «quando l’allora parroco volle riunire tutte le associazioni di volontariato. Impegnata negli ambiti in cui don Ciceri ha esercitato il suo ministero: l’oratorio, i ragazzi, lo sport, l’educazione, il trasporto di chi non è autonomo, l’ecologia, l’accoglienza di chi è diverso. Don Mario accompagnò in Svizzera renitenti, disertori, chiunque rischiasse la vita. Erano “tutti figli di Dio”». Fu annoverato da don Giovanni Barbareschi tra i sacerdoti Ribelli per amore.
È grazie all’associazione se, nel 2001, è iniziato il percorso che porterà alla canonizzazione. Nel 2002 si è aperta l’inchiesta diocesana; nel 2005 il nulla osta da Roma; nel 2013 è diventato Servo di Dio. Nel 2016 è stato dichiarato venerabile; il 23 novembre 2020 è stato riconosciuto il miracolo: «Testimone della santità ordinaria. Faceva straordinariamente bene le cose ordinarie. Ed era credibile: faceva quello che diceva. Un modello ancora oggi per tutti».
Don Mario Ciceri in piedi in mezzo ai suoi seminaristi
A partire dalla comunità di Sulbiate dove l’attuale parroco, don Stefano Strada, ha raccolto la sua eredità: «Don Mario ci dice che la via della santità è percorribile da ogni persona. Quel che ha fatto, detto e consegnato con la sua vita più di 75 anni fa alla gente di Sulbiate diventa modello per tutta la Chiesa. Un prete destinato qui per caso, l’occasione per riconoscere l’azione di Dio nella vita delle persone. A noi cogliere i segni». Un modello anche per i sacerdoti: «Ci insegna la vita del prete spesa tutta per il bene della gente. Faceva i turni di notte a casa dei malati per permettere ai familiari di riposare. Tornava senza scarpe dicendo alla sorella che le aveva date a chi aveva più bisogno. Una vita votata a “farsi tutto a tutti”. Negli appunti degli esercizi spirituali, don Mario scriveva: “Signore fai di me quello che vuoi purché tu mi faccia diventare santo”. Dentro a lui il desiderio di una vita perfetta vissuta in silenzio. “Il bene non fa rumore, il rumore non fa bene”, diceva».
Lo stesso monsignor Ennio Apeciti, delegato dell’arcivescovo per l’istruzione della causa, ricorda «la perseveranza dell’Associazione negli anni ’90 quando iniziò il processo. Era passato quasi mezzo secolo dalla morte; mi chiedevo se convenisse dopo tanto tempo; che fama fosse la sua, se fosse solo locale (era compagno di studi di don Carlo Gnocchi, don Luigi Monza e Giovanni Colombo). Se l’Associazione avesse la forza di resistere nel tempo: mi risposero con impegno e serenità; mi colpiva questa rispettosa disponibilità. Ragazzi di una volta, ormai anziani, legati al “loro don” 50 anni dopo. Un carisma che continuava nel tempo. Se il beato e il santo devono sorgere dal basso, dal popolo di Dio, mi dicevo, qui alle spalle c’era una comunità intera, una Chiesa. Ecco allora la santità della porta accanto. La postulatrice Francesca Consolini è stata capace di rileggere questa normalità trovando i segni del Vangelo. Durante il processo, infine, il miracolo».
Raffaella Di Grioli aveva sette anni nel 1975 quando le fu diagnosticato un dolicosigma, un allungamento fuori norma del colon. «In casa nostra erano tutti devoti a don Mario, Ciceri come mia nonna. Dopo due interventi falliti, mi raccontano che mia zia disse: “Preghiamo, chiediamo aiuto a lui!”. La sorella di don Mario, che era di Veduggio come noi, regalò a mia madre un foulard a lui appartenuto e lei lo posò più volte sul mio corpo. La preghiera di tutti e l’amore di don Mario hanno fatto il miracolo». Nel 2005 è nato suo figlio, Martino Mario, «nel solco di una fedeltà che nasce con i miei nonni. Conservavano sulla mensola della sala una sua foto che oggi ho io. Ricordo che mi dicevano sempre: “Non dire l’Eterno Riposo, ma il Gloria perché è già santo”».