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Si chiamano concasseur i bambini del villaggio di Paouignan, in Benin, che iniziano fin da piccolissimi a spaccare pietre di granito. Don Ennio Stamile, sacerdote della diocesi di San Marco Argentano-Scalea e referente regionale dell’associazione Libera in Calabria, nel 2007 ha fondato l’associazione di volontariato San Benedetto Abate e ha visitato spesso il Paese africano, dove sono stati avviati alcuni progetti di sviluppo, «fra cui l’orfanotrofio gestito da suore agostiniane a Sakété, che ospita diverse decine di bambini». Ha voluto raccontare questa realtà invisibile nel volume Lazare. Sogni di un concasseur edito da Castelvecchi (pp. 128, € 16,50): «Il ricavato delle vendite verrà interamente devoluto al villaggio di Paouignan, dove siamo stati per la prima volta nel novembre 2022», precisa don Stamile, dove «ci si sveglia con l’amaro sapore della fatica, che ti accompagna dalle prime ore dell’alba fino al tramonto del sole. Troppo forte è il timore di non racimolare quel po’ di spiccioli che consentono di campare un altro giorno. Per tutti gli abitanti del villaggio il futuro non ha storia e il passato è senza memoria. La pioggia è scarsa e la terra prosciuga tutto, pure le lacrime», racconta nel libro. «Anche se considerata madre, sa donare solo polvere e a volte fango. È rossa come il colore del sole al tramonto, come il sangue che spesso sgorga dalle dita fragili dei concasseur, li chiamano così i bambini di quel villaggio, che iniziano a spaccare pietre a due anni».
In questo villaggio, a cui l’associazione San Benedetto Abate ha intenzione di fornire «una macchina spaccapietre per evitare che lo facciano i bambini, dopo aver ricevuto l’autorizzazione dei capi-villaggio», non c’è nulla, «a parte la scuola. Nessuna assistenza sanitaria, se qualcosa dovesse andare storto ci si affida al guaritore di turno. Per poter sopravvivere nel villaggio di Paouignan bisogna spaccare pietre, sin dai primi anni di vita. Un lavoro che accompagna l’esistenza di tutti, sin da quando si è capaci di tenere un martello in mano, circa due anni, fino a quando mani e braccia sono troppo fiacche per poterlo reggere. Una routine che scandisce le giornate e in ogni angolo di quell’ameno luogo, dall’alba al tramonto, si sente il rumore inconfondibile del metallo. Quasi come piccoli rintocchi, quelle martellate riempiono ogni attimo del giorno, fino a quando la luce del sole cede al buio della notte».
Lazare, che è solo uno dei bambini sfruttati nel lavoro minorile, aveva 13 anni quando don Stamile l’ha conosciuto personalmente nel 2023: lui e tanti altri riducono le pietre in frammenti poi venduti all’industria edilizia per la produzione di cemento armato. I ragazzi spaccano le pietre più piccole prima dell’alba, dalle 5 alle 7 del mattino, e dopo la scuola dalle 15 alle 18.30; il guadagno della vendita del pietrisco è molto esiguo (1,20 € per quattro bacinelle di materiale) e va alla famiglia. A documentare la situazione, anche la mostra fotografica “Sogni di pietra” con gli scatti di Emanuele Giacomini, allestita dal 25 luglio fino al 7 settembre nella chiesa del Calvario a Bonifati (Cosenza) nell’ambito della XVI edizione della Settimana della cultura benedettina, quest’anno sul tema “Costruttori di ponti. Per una pace disarmata e disarmante”. «Le fotografie potranno essere acquistate» informa don Stamile. «Anche in questo caso, il ricavato sarà devoluto al nostro progetto dedicato al villaggio di Paouignan per l’acquisto di una macchina spaccapietre, che consentirà di alleviare il lavoro dei bambini».
(Nella foto in alto, i bambini spaccapietre)





