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venerdì 11 ottobre 2024
 
il viaggio in belgio
 

Il Papa: «Nella Chiesa non c'è spazio per gli abusi»

29/09/2024  Dopo le contestazioni degli studenti dell'Università cattolica di Lovanio, si conclude con la messa allo stadio di Bruxelles un difficilissimo viaggio nel cuore di un'Europa che stenta a riconoscere l'autorità morale della Chiesa e che pone questioni, dal ruolo della donna al dramma degli abusi, difficili da eludere. La dura condanna del Pontefice per gli abusatori e per chi, nel clero, li ha coperti: «Gli abusatori che siano laici, preti o vescovi devono essere giudicati. Quello delle vittime è un lamento che sale al cielo e che ci fa vergognare»

da Bruxelles

Parla di «santità al femminile», il Pontefice. E condanna fermamente chi copre gli abusi chiedendo che gli abusatori siano giudicati.

Dopo che gli studenti di Louvain-la-Neuve gli hanno contestato di non aver citato, nella Laudato si’, neppure una teologa donna e dopo il duro comunicato dell’ateneo che «deplora le sue posizioni conservatrici sul ruolo delle donne nella società» Francesco prova a ricucire lo strappo con una omelia in cui ricorda che fu Anna di Gesù, al secolo Anna de Lobera y Torres, carmelitana beatificata proprio oggi, tra le «protagoniste, nella Chiesa del suo tempo, di un grande movimento di riforma». In un periodo, anche allora, di grandi scandali «dentro e fuori la comunità cristiana», con la sua «vita semplice e povera, fatta di preghiera, di lavoro e di carità» ha saputo «riportare alla fede tante persone». Una sorta di «calamita spirituale» per Bruxelles, un modello «delicato e forte», fatto di «apertura, di comunione e di testimonianza». E aggiunge, a braccio, una dura condanna per gli abusatori e per chi li ha coperti chiedendo, tra gli applausi, che si faccia chiarezza e che si giudichino coloro che hanno abusato sessualmente dei bambini a loro affidati.

Lo stadio di Bruxelles, così come i circa 5.000 giovani che gli hanno dedicato l’evento musicale Hope festival, lo saluta con gioia. Gli spalti sono pieni, nonostante alla vigilia si fosse paventato un mezzo flop per la freddezza con cui la città ha accolto la visita.

Nessun manifesto, nessuna bandiera, pochissimi curiosi lungo i percorsi. La protesta di parte della società civile per gli onori che erano stati preparati per il Papa ha indotto il re e la regina dei belgi a rimuovere dalla città qualunque oggetto che rimandasse al viaggio. Eppure qui i fedeli sono arrivati in massa, oltre 35mila nello stadio intitolato al re Baldovino. Il vecchio Heysel che per gli italiani è soprattutto lo stadio dove hanno trovato la morte 39 tifosi arrivati, nel 1985, per assistere alla partita Juventus - Liverpool (nella foto la targa che lo ricorda), per i belgi è soltanto la cornice per far festa al Pontefice.

Persino gli steward più anziani sanno indicare a malapena dove è posizionata la targa in memoria dei caduti, mentre tutti rivolgono lo sguardo e i cori alla papamobile che fa il giro della pista.

La messa conclude un viaggio faticosissimo per Francesco. Dopo le parole franche del re Filippo e del primo ministro che gli hanno chiesto chiarezza sugli abusi e di far seguire alle parole di condanna fatti concreti per tentare «di riparare l’irreparabile», dopo i temi che le due università di Lovanio, quella fiamminga e quella francofona, gli hanno posto sul sacerdozio femminile e sull’omosessualità, dopo l’imbarazzo che trapela dalla famiglia reale sulle parole pronunciate davanti alla tomba di Baldovino di condanna della legge sull’aborto mentre in Belgio è in corso un durissimo scontro per aumentare il numero di settimane di gestazione entro cui è possibile l’interruzione di gravidanza, Francesco finalmente incassa un caloroso sostegno.

Sono tutti attenti mentre il Pontefice spiega il Vangelo del giorno che sembra tagliato apposta per questo Paese: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare», si legge nel testo di Marco. «Con queste parole, rivolte ai discepoli, Gesù mette in guardia dal pericolo di scandalizzare, cioè di ostacolare il cammino dei “piccoli”. È un monito forte, severo, sul quale dobbiamo fermarci a riflettere», spiega Francesco.

E, per farlo, usa tre parole chiave: apertura, comunione e testimonianza.

Apertura, innanzitutto. «Ce ne parlano la prima Lettura e il Vangelo, mostrandoci l’azione libera dello Spirito Santo che, nel racconto dell’esodo, riempie del suo dono di profezia non solo gli anziani andati con Mosè alla tenda del convegno, ma anche due uomini che erano rimasti nell’accampamento. Questo ci fa pensare, perché, se in un primo momento era scandalosa la loro assenza nel gruppo degli eletti, dopo il dono dello Spirito è scandaloso vietare loro di esercitare la missione che, nonostante ciò, hanno ricevuto. Ben lo comprende Mosè, uomo umile e saggio, il quale con mente e cuore aperti dice: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!”».  Parole che preludono a «ciò che Gesù afferma nel Vangelo. Qui la scena si svolge a Cafarnao, e i discepoli vorrebbero a loro volta impedire ad un uomo di scacciare i demoni nel nome del Maestro, perché – affermano – “non ci seguiva”». E, dunque, pensano i discepoli, «non è ‘dei nostri’ non può fare miracoli, non ne ha diritto”. Ma Gesù li sorprende – come sempre – e li rimprovera, invitandoli ad andare oltre i loro schemi, a non “scandalizzarsi” della libertà di Dio. Dice loro: “Non glielo impedite […] chi non è contro di noi è per noi”».

Osservando le due scene, quella di Mosè e quella di Gesù, ci accorgiamo che «riguardano anche noi e la nostra vita cristiana. Tutti infatti, con il Battesimo, abbiamo ricevuto una missione nella Chiesa. Ma si tratta di un dono, non di un titolo di vanto. La Comunità dei credenti non è una cerchia di privilegiati, è una famiglia di salvati, e noi non siamo inviati a portare il Vangelo nel mondo per i nostri meriti, ma per grazia di Dio, per la sua misericordia e per la fiducia che, al di là di tutti i nostri limiti e peccati, Egli continua a riporre in noi con amore di Padre, vedendo in noi quello che noi stessi non riusciamo a scorgere. Per questo ci chiama, ci invia e ci accompagna pazientemente giorno per giorno. E allora, se vogliamo cooperare, con amore aperto e premuroso, all’azione libera dello Spirito senza essere di scandalo, di ostacolo a nessuno con la nostra presunzione e la nostra rigidità, abbiamo bisogno di svolgere la nostra missione con umiltà, gratitudine e gioia. Non dobbiamo risentirci, ma piuttosto rallegrarci del fatto che anche altri possano fare ciò che facciamo noi, perché cresca il Regno di Dio e per ritrovarci tutti uniti, un giorno, tra le braccia del Padre».

L’apertura ci porta anche alla comunione: «La via dell’egoismo genera solo chiusure, muri e ostacoli – “scandali”, appunto – incatenandoci alle cose e allontanandoci da Dio e dai fratelli. L’egoismo, come tutto ciò che impedisce la carità, è “scandaloso” perché schiaccia i piccoli, umiliando la dignità delle persone e soffocando il grido dei poveri. E questo valeva ai tempi di San Paolo come oggi per noi. Pensiamo, ad esempio, a ciò che avviene quando si pongono alla base della vita dei singoli e delle comunità i soli principi dell’interesse e le sole logiche del mercato. Si crea un mondo in cui non c’è più spazio per chi è in difficoltà, né c’è misericordia per chi sbaglia, né compassione per chi soffre e non ce la fa. Pensiamo a quello che accade quando i piccoli sono abusati da chi ne dovrebbe avere cura, pensiamo alle ferite delle vittime, dei loro familiari e delle comunità. Con la mente e con il cuore torno alle storie di alcuni di questi piccoli che ho incontrato l'altro ieri. Ho sentito le loro esperienze di abusati. Lo ripeto nella Chiesa c'è posto per tutti, per tutti, per tutti, ma non c'è posto per l'abuso non c'è posto per la copertura dell'abuso. Chiedo a tutti non coprire gli abusi, chiedo ai vescovi, non coprire gli abusi, condannare gli abusatori e aiutarli a guarire da questa malattia dell'abuso. Il male non si nasconde, il male va portato allo scoperto. Che si sappia, con coraggio, che si sappia e che sia igudicato l'abusatore. Che sia giudicato l'abusatore, sia laico, laica, prete o vescovo, che sia giudicato».

La Parola di Dio è chiara: dice che le “proteste dei mietitori” e il “grido dei poveri” non si possono ignorare, non si possono cancellare, come se fossero la nota stonata nel concerto perfetto del mondo del benessere, né si possono attutire con qualche forma di assistenzialismo di facciata.

Al contrario, sono voce viva dello Spirito, ci ricordano chi siamo – tutti siamo poveri peccatori – e ci chiamano a convertirci. Le persone abusate sono il lamento che sale a DIo non ostacoliamone la voce profetica ostacolandola con la nostra indifferenza. Francesco spiega che dobbiamo seguire quello che dice Gesù nel Vangelo: «Lontano da noi l’occhio scandaloso, che vede l’indigente e si volta dall’altra parte! Lontano da noi la mano scandalosa, che si chiude a pugno per nascondere i suoi tesori e si ritira avida nelle tasche! Lontano da noi il piede scandaloso, che corre veloce non per farsi vicino a chi soffre, ma per “passare oltre” e stare a distanza! Via tutto questo: lontano da noi! Niente di buono e solido si costruisce così! Se vogliamo seminare per il futuro, anche a livello sociale ed economico, ci farà bene tornare a mettere alla base delle nostre scelte il Vangelo della misericordia. Altrimenti, per quanto apparentemente imponenti, i monumenti della nostra opulenza saranno sempre colossi dai piedi di argilla». Parla di cosa succede senza l’amore e di come, senza di esso diventiamo «prigionieri di una vita sfuggente, vuota e senza senso, di un mondo inconsistente che, al di là delle facciate, ha perso ogni credibilità, perché ha scandalizzato i piccoli».

Infine la testimonianza, come ha fatto Anna di Gesù, appena beatificata e alla quale occorre ispirarsi perché, «con il suo modo di vivere ha contribuito a risollevare la Chiesa in un momento di grande difficoltà».

«Promuoverò la causa di beatificazione per Re Baldovino»

Al termine della celebrazione, all’Angelus, il Papa ha annunciato ai belgi che, al suo ritorno in Vaticano, promuoverà la causa di beatificazione di Re Baldovino: «Chiedo ai vescovi belgi di impegnarsi in questo», ha aggiunto dopo che ieri si era fermato sulla tomba del sovrano cattolico che abdicò per tre giorni per non firmare la legge sull’aborto.

Francesco ha anche ricordato il Medio Oriente e la situazione sempre più difficile: «Continuo a seguire con dolore e con tanta preoccupazione l'allargamento e l'intensificazione del conflitto in Libano», ha detto, «il Libano è un messaggio, ma in questo momento è un messaggio martoriato e questa guerra fa effetti devastanti sulla popolazione: tante, troppe persone continuano a morire giorno dopo giorno, in Medio Oriente. Preghiamo per le vittime, per le loro famiglie, preghiamo per la pace. Chiedo a tutte le parti che si cessi immediatamente il fuoco in Libano, a Gaza, nel resto della Palestina, in Israele. Si rilascino gli ostaggi e si permetta l'aiuto umanitario. Non dimentichiamo la martoriata Ucraina».

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