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giovedì 03 ottobre 2024
 
Scheda – l’epidemia “sconosciuta”
 

Ebola: le 10 cose da sapere

25/09/2014  Medici senza frontiere ha redatto una serie di informazioni e chiarimenti in forma di domande e risposte per far conoscere meglio tanti aspetti di questa oscura e terrorizzante malattia.

– Che cos’è ebola?

«È una febbre emorragica molto grave e spesso mortale. È un virus estremamente contagioso che può uccidere fino al 90% delle persone che lo contraggono, causando il panico tra le comunità colpite».

– Qual è la probabilità di morire per Ebola?

«Il tasso di mortalità tra i casi accertati varia dal 25% al 90%, a seconda del ceppo. Ci sono cinque ceppi diversi del virus ebola: Bundibugyo, Ivory Coast, Sudan, Zaire e Reston, così chiamati a seconda del rispettivo luogo di origine. I primi quattro hanno causato la malattia negli esseri umani. Anche il virus Reston può infettare gli esseri umani, ma nessun caso di malattia o decesso è mai stato registrato».

– Quando è stata scoperta ebola?

«È apparsa per la prima volta nel 1976 in epidemie simultanee a Nzara (Sudan) e Yambuku (Repubblica Democratica del Congo). Quest’ultima fu registrata in un villaggio situato vicino al fiume Ebola, da cui la malattia ha preso il nome».

– Come viene trasmessa?

«In alcune zone dell’Africa, è stato documentato il contagio attraverso il contatto con animali infetti come scimpanzé, gorilla, pipistrelli, scimmie, antilopi della foresta e porcospini trovati morti o malati nella foresta pluviale. Può essere contratta sia dagli esseri umani che dagli animali. Non si trasmette per via aerea. La trasmissione tra esseri umani avviene attraverso il contatto diretto con sangue, secrezioni o altri liquidi corporei di una persona affetta. Il contatto diretto con i cadaveri, per esempio durante i funerali, è una delle maggiori cause di trasmissione della malattia. I funerali sono un rito importante nelle comunità colpite dall'epidemia: le persone lavano e toccano il cadavere per esprimere il loro amore verso il deceduto. Ma nelle ore che precedono la morte, il virus diventa estremamente virulento e quindi il rischio di contagio dal cadavere è più elevato. Per questo motivo, garantire che i funerali e le sepolture siano condotti in maniera sicura è una parte fondamentale della gestione dell’epidemia. Diversi operatori sanitari sono stati infettati dal virus mentre curavano i pazienti affetti da ebola, in casi in cui hanno avuto un contatto diretto con i pazienti, senza l’uso di guanti, maschere o occhiali protettivi».

– Quali sono i sintomi?

«Inizialmente i sintomi non sono specifici e questo rende molto difficile la diagnosi. La malattia è spesso caratterizzata dalla manifestazione improvvisa di febbre, debolezza, dolori muscolari, mal di testa e mal di gola. A questi sintomi possono seguire vomito, diarrea, sfoghi cutanei, mal funzionamento epatico e renale e, in alcuni casi, sintomi emorragici. Questi ultimi includono sanguinamenti dal naso, dal vomito, la presenza di diarree ematiche, oltre a emorragie interne e congiuntiviti. Tuttavia questi sintomi emorragici si riscontrano in meno del 50% dei casi».

–Dopo quanto tempo dall’esposizione al virus si manifestano i primi sintomi?

«I sintomi possono manifestarsi in un periodo compreso tra i 2 e i 21 giorni dopo il contatto».

– Come viene diagnosticata?

«Diagnosticare ebola in un individuo che è stato infettato da pochi giorni è molto difficile, perché i primi sintomi, come gli occhi arrossati, i dolori muscolari e l’insorgenza della febbre, non sono specifici e sono spesso riscontrabili in pazienti con malattie molto più comuni. Tuttavia, se una persona presenta sintomi simili a quelli riscontrabili in ebola e c’è motivo di pensare che possa essere stata contagiata, dev’essere isolata e il caso deve essere segnalato alle autorità sanitarie. Successivamente dev’essere prelevato un  campione di sangue (o di altri liquidi corporei come saliva e urine per diminuire le probabilità di esposizione al contagio) per effettuare un test che possa confermare o smentire  l’infezione».

– Come viene curata?

«Non esiste alcun trattamento specifico o vaccino che abbia un’efficacia comprovata sugli esseri umani e sia registrato per l’utilizzo sui pazienti. Recentemente è stata presa in considerazione l'ipotesi di utilizzare farmaci sperimentali e vaccini sviluppati nell'ambito di test clinici accelerati. Il trattamento standard è limitato a una terapia di supporto, che consiste nell’idratare il paziente, mantenere un adeguato livello di ossigenazione e pressione sanguigna, fornire un’alimentazione altamente nutritiva e trattarlo con antibiotici in caso di infezioni e complicazioni. Il trattamento di supporto può aiutare il paziente a vivere più a lungo e concedere al sistema immunitario del paziente il tempo necessario per combattere il virus. Quando un paziente guarisce è immune dal ceppo di virus che ha contratto».

– Quando un’epidemia di ebola può considerarsi finita?

«È ufficialmente considerata terminata quando sono passati 42 giorni senza nuovi casi confermati».

– Come si proteggono gli operatori sanitari dal contagio?

«I pazienti affetti da ebola devono essere curati in isolamento da staff coperto con indumenti protettivi. Una delle priorità di Medici senza frontiere durante un’epidemia di questa febbre emorragica è formare il personale sanitario per ridurre il rischio di trasmissione mentre cura i pazienti. Msf applica delle procedure estremamente rigorose per far sì che nessun operatore sanitario sia esposto al virus senza protezioni. I centri di trattamento di Msf sono pensati per garantire un ambiente di lavoro sicuro per il nostro staff: spazio adeguato tra un paziente e l'altro, netta separazione tra aree ad alto rischio e a basso rischio, luce sufficiente, gestione dei rifiuti sicura, pulizia e disinfezione sistematica dei reparti. Abbiamo controlli amministrativi, che riducono il numero di persone che possono andare dentro le aree ad alto rischio, cosa che limita il numero di personale che potrebbe essere potenzialmente contagiato. Solo gli operatori che devono entrare possono farlo e solamente per un tempo limitato. I nostri operatori internazionali cambiano rapidamente, lavorano per un periodo di 4-6 settimane per far sì che non si stanchino troppo, cosa che aiuta a ridurre il rischio. Il nostro staff lavora sempre in coppia. Si controllano l'un l'altro per assicurarsi di non commettere errori o che uno dei due sia troppo stanco. Facciamo il possibile per somministrare una terapia orale piuttosto che fare iniezioni, in modo da ridurre il rischio di incidenti con aghi infetti. Per lo stesso motivo limitiamo il numero di prelievi del sangue».

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