Paul: «Volevo farle le mie congratulazioni»
Colonnello Oliver: «Congratulazioni?!»
Paul: «Sì»
Colonnello Oliver: «Tu dovresti sputarmi in faccia»
Paul: «Scusi?»
Colonnello Oliver: «Siete immondizia... per noi siete immondizia»
Paul: «Per chi?»
Colonnello Oliver: «Per noi, per l'Occidente, le super potenze, per tutto ciò che credi Paul... siete immondizia, sterco... non avete valore»
Paul: «Temo di non capire quello che dice, colonnello»
Poco oltre il colonnello aggiunge: «Sei nero! Non sei neppure un negro... sei un africano».
Un dialogo scioccante. È tratto dal film Hotel Ruanda, che tratta del genocidio del 1994. Il colonnello Oliver sta per spiegare al direttore dell’hotel, il “nero” Paul Rusesabagina che l’Onu non interverrà a salvare i tutsi dal genocidio, ma che anzi lui, comandante dei caschi blu, ha avuto l’ordine di rimandare a casa il 90 per cento degli uomini, dopo aver evacuato solo i bianchi. Il colonnello lo dice con acida ironia e profonda amarezza.
Se un giorno si dovesse fare un film sull’epidemia di ebola che ha messo in ginocchio l’Africa occidentale, questo dialogo si potrebbe ripetere, con poche varianti.
Siamo a 3439 i morti su un totale di 7492 casi accertati, secondo gli ultimi dati dell’Oms dell’8 ottobre. C’è stato il primo episodio di contagio in Spagna, e ogni giorno c’è allarme in qualcuno dei Paesi ricchi per qualche caso sospetto. Ora l’Occidente ha paura, ora si mobilita, ora la nostra ministra della Sanità Lorenzin annuncia che stanzia milioni di euro per rafforzare i controlli.
Eppure l’epidemia è scoppiata oltre sei mesi fa. La conferma che si trattasse della micidiale febbre emorragica è del 22 marzo scorso. Si trattava allora di poche decine di casi, in Guinea, in una regione al confine con Sierra Leone e Liberia. La prima Ong intervenuta sul posto, Medici senza frontiere, aveva subito lanciato l’allarme sui rischi che l’area epidemica si allargasse rapidamente. Non è accaduto assolutamente nulla.
Ancora all’inizio di luglio, quasi quattro mesi fa, il direttore delle operazioni di Msf, il dottor Bart Janssens, diceva che «l’epidemia è fuori controllo. Con la comparsa di nuovi focolai in Guinea, Sierra Leone e Liberia c’è il reale rischio che l’epidemia si diffonda in altre aree. Siamo arrivati a più di 500 casi confermati e più di 300 vittime. La situazione epidemica non ha precedenti».
La reazione arriva ora, quando i tre Paesi africani – Guinea, Liberia e Sierra Leone – sono falcidiati di contagiati e vittime, quando si sono verificati casi in almeno altri tre Stati africani. E quando la paura è che arrivi da noi.
Un’efficace azione dei governi, compreso il nostro, sarebbe stata intervenire subito, e fermare ebola quand’era realmente arrestabile.
Ma allora, per dirla col colonnello Oliver, “non erano neppure negri, erano africani”. L’Occidente sperava che andasse come altre volte, ossia che ebola si spegnesse da sè, nel giro di un paio di mesi. Non è andata così. Adesso resta da capire se è troppo tardi, per lanciare allarmi e mobilitazioni.