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mercoledì 07 giugno 2023
 
Omelie noiose
 

Perché le persone non vanno più a messa?

01/12/2022  "La verità del motivo per cui nessuno va più a Messa? Le Omelie sono noiose! Per non parlare di alcuni scandali che hanno coinvolto la Chiesa, della crescita di una società sempre più edonista e laica, dell'abuso dei social network e della violenza. Ho 74 anni ed è sempre stato così. Inizia la riflessione domenicale, poi i preti iniziano a ingarbugliarsi e quindi io prendo il foglietto e mi assopisco.."

Caro don Stefano, perché la gente non va a più Messa? Per cento motivi: viviamo in una società laica, indifferente, molto relativista, gli scandali sulla pedofilia all’interno della Chiesa, il cambiamento profondo della società, l’edonismo, la violenza, il lavaggio del cervello con i “social”, il sesso da consumo veloce e tanto altro. Questo è lo stato dell’arte, ma sulla materia non ho detto nulla di nuovo. Rispondo ora alla domanda incalzante del perché in casa mia nessuno va a Messa. Perché ci si annoia!

Le omelie sono soporifere e di una noia incredibile! Che comunicare non sia facile è vero, che la società sia cambiata e laicizzata è altrettanto vero, come però è altrettanto vero che a Messa ci si addormenta... Ho chiesto a mio nipote perché non ci venisse con me. Ecco la risposta: «Nonno dicono sempre le stesse cose!».

Gli Arcivescovi di Milano Carlo Maria Martini, Dionigi Tettamanzi e l’attuale, Mario Delpini, in più occasioni hanno detto la stessa cosa: le omelie sono noiose. La riflessione domenicale parte... commentando le letture poi si ingarbuglia, si incarta a quel punto mi estraneo prendo il foglietto, me le rileggo e poi mi assopisco! Ho 74 anni ed è sempre stato così. Poi vi sono sacerdoti – una volta erano molti di più! – per cui tutte le omelie devono essere declinate in chiave sociale... Sembrava di andare a sentire un comizio... Che dire carissimo don Stefano? Coraggio! Sarebbe auspicabile che le Messe fossero meno noiose, per tutto il resto fate anche voi tutti sacerdoti una riflessione sul perché nel comunicare la Parola di Dio fate addormentare! La saluto con intatta stima. PIERO

Ecco cosa risponde don Stefano

Caro Piero, colgo la tua provoca- zione. Non è raro ricevere lettere come questa, motivate da una a volte legittima delusione per quanto talvolta i fedeli ascoltano (o non ascoltano...) durante le omelie domenicali. Non sono poche, infatti, le lamentele in relazione a questo importante ministero sacerdotale. Non ricordo quando gli Arcivescovi di Milano abbiano accennato a omelie noiose, sicuramente ne ha parlato papa Francesco in Evangelii gaudium, l’Esortazione apostolica scritta all’inizio del suo Pontificato, ritenendo evidentemente l’omelia un tema molto rilevante per la vita della Chiesa. L’omelia, intesa come contenuti ed esposizione, è certamente uno degli elementi che danno la “temperatura” dell’amore del pastore per le sue anime, al di là delle sue capacità personali. Essa è anche uno dei momenti più importanti che scandisce la vita cristiana e parrocchiale, l’unica in cui il pastore può parlare al suo popolo riunito settimanalmente intorno all’altare.

L’omelia ha il compito di “spezzare” la Parola, cioè di rendere comprensibili le letture domenicali, con i loro collegamenti interni, e interpretarle alla luce dell’oggi del mondo, rendendola così viva nei fedeli e aiutandoli a manifestarla concretamente nella loro esistenza. Crediamo, infatti, che la “performatività” della parola umana, per cui essa realizza quanto dice nel momento in cui viene pronunciata, operando così una trasformazione in chi l’ascolta, vale tanto più per la Parola divina, che, ascoltata e lasciata penetrare in profondità, cambia profondamente il cuore dell’uomo.

L’omelia come “Parola spezzata” è, dunque, un’occasione unica per fornire qualche orientamento ai fedeli sulle tante situazioni che caratterizzano la vita ecclesiale, familiare e sociale a vari livelli, locale, nazionale o internazionale. Il pastore è, quindi, in qualche misura mediatore di qualcosa che non gli appartiene, la Parola, che è chiamato per vocazione e missione a donare ai fratelli, aiutandoli a leggere i segni dei tempi e a provocarne a risposta. Che cosa Dio intende dirci con quello che succede? Come Egli ci richiama alla conversione personale e comunitaria di fronte alle tante necessità del mondo, attraverso la malattia, la morte, la sofferenza? Come ci incoraggia a perseverare?

Concludo con un ricordo della mia formazione sacerdotale, quando un confratello, parlandoci di come organizzare le omelie, partì dicendoci che la soglia di attenzione di un’assemblea non supera mediamente i tre minuti, lo stesso tempo su cui è misurata la scena di un film. Osservazione interessante, che forse a qualcuno potrà apparire irriverente ma di cui va forse colto il senso: è più probabile che vengano colti e ricordati pochi e chiari pensieri espressi bene piuttosto che un lungo discorso, magari interessante, che però supera la famosa soglia di attenzione. Non dimentichiamo che siamo sempre più immersi nella cultura dell’immagine, in cui le persone – tra tv e internet – assorbono ogni giorno molti programmi e video, anche di tipo religioso, e si abituano a un tipo di linguaggio immediato, intuitivo. a noi sacerdoti l’arduo compito di inculturare nell’oggi le nostre omelie.

 
 
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