Provate voi se vi riesce a far combaciare le metà di una mela mentre vorticano in aria. Ecco, il tuffo sincronizzato è quella cosa lì, al limite dell’impossibile. Implica che due persone riescano a fare una cosa già complicatissima individualmente come se fossero una persona sola. Serve abitudine, sintonia, allenamento, una certa omogeneità, ma più di tutto serve: “Plasmarsi reciprocamente”. A spiegarlo è Francesca Dallapè, la metà sportiva di Tania Cagnotto.
Nella vita ovviamente hanno metà diverse. Francesca: Manuel e Tania: Stefano. A Francesca lavorare in coppia è venuto presto naturale: è lei la specialista del sincro. Si tuffava già con Noemi Batki, un po’ diversa da lei fisicamente e destinata a specializzarsi nelle altezze vertiginose della piattaforma, a Francesca precluse da sempre, perché alla Buonconsiglio di Trento dove si allena la piattaforma non c’è. Il trampolino è stato sempre il suo regno, trovato per caso a sei anni quando disdegnava il corso di nuoto per giocare a buttarsi dal bordo, al punto che la maestra Giuliana Aor ha scritto un biglietto a mamma e papà con questo succo, parola più parola meno: “Vi spiace se facciamo provare alla vostra bimba il trampolino? Va matta per gli spruzzi”.
Detto e fatto, Francesca Dallapè, 29 anni, tesserata per il gruppo sportivo dell’Esercito, è diventata tuffatrice così, per caso ma anche per l’occhio di una maestra lungimirante che ancora oggi la allena ai vertici mondiali. Tania è arrivata nella sua vita sportiva una decina d’anni fa: “In allenamento funzionava così bene tra noi che passare al sincro insieme è stato naturale, ovvio”. Ma Tania Cagnotto era già Tania Cagnotto da tempo, anzi da sempre, prima per via di quel cognome ingombrante e poi per il talento che gliel’ha fatto presto con naturalezza onorare. Per Francesca avrebbe potuto essere difficile: si trattava di abitare, senza che diventasse una malattia, la metà della mela destinata a restare in ombra. Per certi versi è successo, e succede ancora: a Rostock, in questi giorni, Tania è tornata con tre ori, due individuali, l’altro in coppia con Francesca. Tre foto a una, tre titoli a uno. Eppure le cose più belle, in questi anni, le hanno spesso fatte insieme, merito molto di Francesca, che quell’ombra ha imparato a coltivarla con saggezza, senza soffrirla troppo, anche se c’è stato bisogno di lavorarci un po’ su, per farla diventare un punto di forza: “Non è mai stata un problema la popolarità diversa, perché il mio obiettivo era vincere gare non diventare famosa, la visibilità è un fatto secondario. Il difficile è stato dominare la paura di far sbagliare Tania, di rovinare la sua gara. Merito suo se si ci sono riuscita. All’inizio mi diceva: non preoccuparti mai, mi fido più dei tuoi tuffi che dei miei, vedrai che in gara andrà bene. Se oggi mi sento una campionessa anch’io è anche merito suo.”
La fiducia reciproca ha cementato la sincronia, nella buona e nella cattiva sorte: “come nel matrimonio”, scherzava qualche tempo fa Francesca che sa di che cosa parla perché un marito ce l’ha già, Manuel, odontoiatra sposato nel 2013. Come in una coppia, nel sincro si tratta di armonizzare individualità fino a unirle e non c'è campione che possa tirare la carretta da solo. Nel sincro bisogna essere in due, se uno fa tutto benissimo e l'altro un po' meno si perde comunque. Ma la percezione del gesto resta individuale: “Tu senti solo il tuo tuffo, che cosa sia accaduto all’altra lo scopri soltanto quando vedi la faccia con cui emerge dall’acqua. Ma c’è un momento in cui l’altra è davvero importante: Affrontare con Tania la delusione del quarto posto di un soffio a Londra 2014 è stato importante, poter condividere le tue emozioni con chi le prova identiche: la stessa rabbia, la stessa delusione, ti rafforza. La cosa importante, ma questo l’abbiamo capito dal primo giorno, è aver chiaro che l’errore non si rinfaccia mai: è una fatalità che fa parte del rischio della vita e della gara, se non rischi non cresci, sai che puoi sbagliare anche quando hai fatto il tuo meglio per non farlo, che può accadere all’altra come a te. Si vince e si perde in due. Punto”.
Ma è vero che a dominare la paura si impara, Francesca ci ha lavorato: “Ci sono due tipi di paura, quella fisica che devi superare da piccola quando impari un tuffo nuovo e prendi una panciata o una schienata. Mica un piacere. E quella psicologica ad alto livello, che è paura soprattutto di fallire: contro la seconda nel 2007 ho chiesto aiuto a uno psicologo dello sport. Tendevo ad arrivare troppo carica in gara, senza riuscire a tenere in equilibrio adrenalina e concentrazione, volevo sempre spaccare il mondo e finivo per sbagliare. Ora mi sento più sicura. Ho imparato a esercitare controllo e soprattutto ad accettare l’errore”. Fino a farlo diventare trascurabile, perché solo così si può fare quello che stanno facendo Francesca e Tania: dominare l’Europa per sette anni e giocarsela nel mondo senza mostrare una traccia di vertigine. Magari in segreto se la confidano anche, ma in gara la nascondono benissimo.