di Paola Lazzarini
Cinque anni fa, mia figlia aveva quasi tre anni, un’amica mi ha consigliato di farle vedere il cartone animato “Daniel Tiger”. Abbiamo iniziato a guardarlo e il suo incanto è stato pari al mio, scoprendo un racconto così profondo, attento, così perfettamente tarato sulla prima infanzia. Come sempre mi accade ho sentito il bisogno di capire cosa ci fosse dietro un “prodotto televisivo” così ben fatto e ho scoperto che Daniel Tiger originariamente non era un cartone, ma un pupazzo, animato per venticinque anni da un conduttore e autore di programmi televisivi americani chiamato Fred Rogers, per tutti Mr Rogers.
Iniziare a guardare il suo programma “Mr Rogers neighborhood” (visibile tramite gli archivi del Fred Rogers Center) e innamorarmi di questa figura è stato un tutt’uno.
Fred McFeely Rogers era un pastore presbiteriano che ha scelto di vivere la sua missione rivolgendosi ai bambini attraverso il mezzo televisivo. La televisione stava muovendo i primi passi e Fred si accorse che ai più piccoli erano destinati programmi senza alcun contenuto educativo: accelerati, ridicoli, intesi più a imbambolare che a trasmettere qualcosa. Sostenuto dai suoi studi pedagogici, dalla collaborazione con illustri psicologi dell’età evolutiva come Margareth McFarland, concepì un programma che portò avanti, sostanzialmente identico, per 25 anni. Mr Rogers compiva una routine estremamente amata e rassicurante per i bambini: entrava in casa cantando “it’s a beautiful day in the neighborhood”, toglieva la giacca mettendo un maglione, poi si toglieva i mocassini per mettere delle scarpe di tela blu e a quel punto mostrava ai bambini qualcosa su cui voleva concentrarsi per quella puntata: che fossero pastelli a cera, palloncini o qualsiasi altro oggetto fisico o simbolico (fare la nanna, andare all’asilo etc). Poi usciva di casa per mostrare un luogo significativo rispetto all’argomento e incontrare delle persone. A un certo punto della puntata ci si spostava da “mondo reale” di Mr Rogers al mondo di “Make believe” (facciamo finta) nel quale animava i pupazzi ed era aiutato da alcuni attori in carne e ossa, per offrire un nuovo sguardo, completamente empatico coi bambini sulla questione. Ricordo in particolare la puntata registrata dopo l’omicidio di Robert Kennedy, nel quale il pupazzo Daniel Tiger dava voce all’angoscia dei tanti piccoli che proprio in quei giorni avevano senz’altro sentito parlare di “assassinio” dagli adulti.
Con la sua pacatezza e gentilezza, Fred Rogers seppe anche dare messaggi forti in tempi difficili, come quando invitò il “poliziotto Clemmons” (uno dei primi uomini di colore ad avere un posto fisso in un programma televisivo) a bagnare i piedi con lui in una tinozza per rinfrescarsi, proprio pochi giorni dopo che un uomo aveva versato della candeggina in una piscina di St.Augustine in Florida, nella quale delle persone afro americane stavano facendo il bagno.
Fred Rogers, sposato e con due figli, si svegliava ogni mattina alle 5 per poter pregare per tutte le persone che gli chiedevano di farlo (si faceva una vera lista) e poi andava a nuotare e infine a lavorare. Considerava la televisione una terra sacra che lo collegava a ogni bambino e per lui ogni bambino era importante. Non si stancava di ascoltarli e incontrarli, per strada o rispondendo alle loro lettere.
Teneva così tanto al ruolo pubblico della televisione che andò a testimoniare davanti al senato americano, quando si rischiò che il budget della tv pubblica venisse drasticamente ridimensionato, e convinse l’allora senatore Pastore dicendo che il suo scopo era insegnare ai bambini che ogni emozione può essere espressa e quindi anche gestita e che è questo che ci rende uomini e donne.
La sua vera magia era la capacità di sentire profondamente quello che sentono i bambini.
Una volta un gruppo di oftalmologi gli chiese aiuto per aiutare i bambini a superare la paura: i bambini pensano che il mondo sparisca quando chiudono gli occhi e quindi - quando a causa di gocce o trattamenti non vedono - questo li spaventa molto. Mr Rogers chiese a una sua collaboratrice di preparare qualcosa per lui, ma quando lo rilesse si convinse che c’era una sola cosa da suggerire a qualsiasi medico e a qualsiasi adulto: ricorda che sei stato un bambino anche tu. Questa era la sua grande capacità: ricordare di essere stato bambino e accompagnare i bambini nella crescita.
Nel 1998 il giornalista Tom Junod venne incaricato dalla sua rivista di scrivere un pezzo su Fred Rogers. Era famoso per i suoi ritratti al vetriolo e per il suo cinismo, così si avvicinò a Rogers cercando di trovarne i lati oscuri. Quello che avvenne fu invece che Junod rimase progressivamente affascinato da questa figura luminosa, che aveva scelto la gentilezza come cifra della sua vita e che non parlava mai della sua fede, ma la viveva nel suo lavoro e nella preghiera costante. Tom Junod scrisse un articolo meraviglioso, ma soprattutto divenne un grande amico di Fred e da questa amicizia è venuto anche il film con Tom Hanks in uscita nella sale dal titolo italiano “Un amico straordinario”.
Tom Junod non fu l’unico grande amico di Fred Rogers, ne vorrei ricordare almeno altri due: il primo molto noto, Henry J. Nouwen, sacerdote cattolico e autore di libri di spiritualità, che si unì all’Arche di Jean Vanier, con cui si scambiò lettere per molti anni; l’altro molto meno famoso è Jeff Earlinger. Jeff Earlinger era un piccolo fan di mr Rogers, tetraplegico, e quando aveva dieci anni lo incontrò personalmente. Dopo un incontro privato, fu invitato a partecipare alla trasmissione e in quell’occasione raccontò come si usava la sua sedia a rotelle elettrica; mr Rogers dialogò con lui con attenzione, senza pietismo, in un modo che andrebbe studiato approfonditamente per capire in che modo affrontare la disabilità con i bambini. Pare che proprio la visione di quel dialogo tra Jeff e Mr Rogers abbia convinto Tom Hanks ad accettare la parte nel film.
Jeff crescendo divenne un attivista per i diritti delle persone disabili e fu lui a consegnare a Fred Rogers l’onoreficenza quando venne introdotto nella “Television hall of fame” nel 1999.
Conduttore, animatore di pupazzi, pedagogista, pastore, ma anche musicista, Fred Rogers è una figura dalla profondità infinita e che – almeno in Italia – deve ancora essere davvero scoperto. C’è la speranza che questo film possa incuriosire e portare molti a voler approfondire la sua persona. Alcune tra le più belle cose che scrisse sono contenute nelle canzoni che cantava nel programma, tra queste la mia preferita, quella che canto più spesso a mia figlia dice: “Sei tu che mi piaci, ogni parte di te: la tua pelle, I tuoi occhi, i tuoi sentimenti, quelli vecchi e quelli nuovi. Spero che ricorderai, anche quando ti sentirai triste, che sei tu che mi piaci, proprio tu”.