Gelato, dolce piacere... Difficile trovare qualcuno che non lo apprezza, che almeno ogni tanto non si lascia tentare. Di fatto i consumi sono in aumento in tutte le stagioni: nel primo trimestre del 2011 c'è stato un incremento dell'1,1%, che si aggiunge al 7,5% del 2010 – complice anche un calo dei prezzi dell'1,6% rispetto al 2009 (dati Coldiretti). Insomma, agli italiani il gelato piace: lo rivelano i 36 mila punti vendita che punteggiano lo Stivale, con un giro di affari di 2,5 miliardi di euro per il settore artigianale, che raccoglie il 60% delle preferenze. Secondo dati del 2010 dalla Coldiretti, il consumo medio annuo si aggira sui 15 kg a testa.
Altre cifre che fanno riflettere dal Gelato Festival di Firenze (25-29 maggio): 400.000 visitatori, oltre 50 maestri gelatieri di tutta Italia, 10.000 kg di gelato venduti. Anche i gusti si moltiplicano, e a oggi se ne contano ben 600. Negli ultimi anni c'è stato un graduale abbandono dei gusti artificiali (tipo il puffo) a favore di altri più naturali, soprattutto a base di frutta.
Un certo apprezzamento mostrano poi i sapori nuovi, nati dall'interesse per i prodotti locali e il km 0: ecco per esempio l'amarone veneto, il pistacchio di Bronte o il bergamotto calabrese. In Lombardia, negli scomparti ghiacciati sono entrati il gelato alla polenta, quello al mascarpone, al riso e latte, e al melone lombardo. Negli agriturismi italiani è poi possibile gustare gelati realizzati con latte freschissimo, perfino di asina e di bufala. A novembre è nato a Firenze il gelato “mela d'oriente”, realizzato con i cachi. Insomma l'assortimento non manca di certo, anche se i gusti più apprezzati sono quelli tradizionali, nell'ordine cioccolato, nocciola, limone, fragola, crema e stracciatella. Ma de gustibus non est disputandum, come si suol dire. Chiudiamo quindi questa panoramica di sapori per dedicarci invece alle diverse tipologie di gelato presenti in commercio.
Ovunque l'uomo potesse disporre di neve o ghiaccio durante l'estate, la mescolava con frutta e acqua per dissetarsi. E se la neve non c'era?
Nell'VIII secolo a.C. i cinesi idearono depositi per conservare il ghiaccio invernale. Nel '500 gli imperatori moghul mandavano dei cavalieri nell'Hindukush perché portassero a Delhi neve e ghiaccio. Ma chi possedeva il segreto della produzione del sorbetto erano gli arabi: furono loro a introdurlo in Sicilia nel XIII secolo. Proprio in Italia, a fine Seicento, nacque il gelato a base di latte. Il suo ideatore fu presumibilmente il cuoco siciliano Procopio dei Coltelli, che nel 1686 esportò le sue creature a Parigi, dove aprì un locale divenuto famosissimo: il Café Procope, che proponeva tra l'altro "acque gelate" (granite), gelati di frutta, "fiori d'anice", "fiori di cannella".
Ci furono poi ulteriori progressi nella preparazione del gelato. Verso la fine del Settecento i francesi si resero conto che rimestando il composto durante il congelamento si otteneva un dessert più cremoso e fine. Idearono anche gusti nuovi: la glace au beurre, con 20 tuorli ogni mezzo litro di panna, ma anche gelati meglio digeribili al cioccolato, al caffè, al tè, al caramello, alle spezie, ai semi oleosi e perfino al pane di segale (nonostante le apparenze è squisito).
Ma come immaginabile tutto ciò era riservato ai signori. Perché il gelato diventasse un prodotto di massa si dovette aspettare la
fine dell'Ottocento, in America, quando furono perfezionate ulteriormente le
tecniche. Oggi il gelato è un protagonista quotidiano, anche grazie alle
macchine che permettono di prepararlo molto facilmente in casa, con il
vantaggio di scegliere con cura prodotti base freschi e di qualità.
Prima di tutto occorre distinguere gelati e sorbetti. I primi sono a base di crema di latte e zucchero, spesso mescolati con uova e panna e poi aromatizzati variamente con cioccolato, caffè, frutta secca, vaniglia ecc.; se realizzato con solo latte viene a volte chiamato, all'americana, ice cream. Quanto ai sorbetti, sono preparati con acqua (ma talvolta si aggiungono latte o proteine del latte), zucchero e frutta. Rientrano nella categoria del gelato la torta gelato (che ha una base di pasta cotta in forno) e altre specialità come lo spumone e la cassata. Naturalmente c'è una bella differenza tra un cono al fior di latte e una cassata o una torta gelato, ma di questo riparleremo più avanti. Per il momento, ci interessa esaminare un'altra importante distinzione: quella tra gelati industriali e artigianali.
Il prodotto industriale
Ecco come si svolgono le diverse fasi di lavorazione. I diversi ingredienti vengono mescolati, pastorizzati (migliora la conservazione) e omogeneizzati (impedisce che i grassi salgano in superficie). Poi sono raffreddati e mantecati, ossia fatti passare dallo stato liquido a quello pastoso attraverso l'agitazione, il raffreddamento e l'aerazione. In questo modo il prodotto finale risulta leggero, spumoso e cremoso. Infine avviene il confezionamento, il veloce abbassamento della temperatura a -35° e il trasferimento in celle di refrigerazione a -25°.
Nel prodotto industriale le materie prime possono variare notevolmente, e
non è insolito trovare latte in polvere, oli vegetali, coloranti,
emulsionanti, stabilizzanti e aromi. Ma quello che maggiormente lo
distingue è la presenza di aria, che viene insufflata durante la fase di
congelamento. In questo modo si ottengono prodotti soffici e
voluminosi. A seconda delle marche l'aria può costituire fino all'80%
del totale, e la paghiamo allo stesso prezzo del gelato! Nel prodotto
artigianale di qualità, invece, l'aria è incorporata gradualmente
durante la lavorazione e rappresenta il 30-50% del volume.
Il gelato artigianale
Rispetto al prodotto industriale ha vari punti di forza, tra cui la freschezza. Sempre che il gelataio usi materie prime fresche invece dei semilavorati, miscele in polvere preconfezionate contenenti per il 30% circa aromi, emulsionanti, correttori di acidità ecc. Questo tipo di lavorazione, notevolmente semplificata a scapito ovviamente della qualità, non si distingue troppo dalla produzione industriale. Ma può essere anche che i semilavorati siano di qualità, che vengano usati in quantità ridotte e addizionati con materie prime valide. E può essere che il gelataio utilizzi unicamente ingredienti freschi. Insomma, quello che manca è una legge che faccia un po' di ordine nel settore artigianale, valorizzando adeguatamente il lavoro dei maestri gelatai. Purtroppo questa tarda ad arrivare.
Dal febbraio 2010 è depositata al Senato una normativa che si occupa
degli ingredienti di base (latte, panna e uova freschi, frutta fresca o
surgelata) e limita al 10% l'uso di semilavorati. Stabilisce pure un
contenuto minimo per i diversi gelati (in quello alla frutta, per
esempio, deve esserci almeno il 15% di agrumi e il 30% di altra frutta),
vieta coloranti e aromatizzanti di sintesi, edulcoranti artificiali,
proibisce l'insufflazione di aria compressa (l'aria deve essere
incorporata gradualmente e in modo naturale, tramite il rimescolamento
durante la fase di congelamento). Sono proibiti anche i prodotti
geneticamente modificati e le aggiunte di grassi vegetali (a meno che
questi non siano presenti negli ingredienti usati, come per esempio
l'avocado o le mandorle).
I vantaggi per il consumatore
Ottima legge, ma finché resta sulla carta il consumatore non trae grandi vantaggi. Per fortuna nel 2010 CNA (Conf. naz. artigianato e piccola e media impresa) e Confartigianato hanno firmato la certificazione "Artigelato", a tutela del Gelato Artigianale Tradizionale Garantito. Il disciplinare prevede l'impiego di materie prime genuine e naturali, preferibilmente fresche; la selezione spetta direttamente al produttore. I gelatai che aderiscono a questa normativa espongono il marchio “Artigelato – Gelato artigianale tradizionale garantito”. Se questo manca non significa che il prodotto non sia valido.
Per fortuna, comunque, anche noi consumatori abbiamo qualche strumento
per la valutazione. Per cominciare, c'è la lista degli ingredienti, che
per legge deve essere esposta in modo ben visibile. Che cosa verificare
nell'elenco? Per esempio che il latte sia fresco e non in polvere (lo
stesso vale per le uova); che non ci siano troppi additivi. E poi, ci
sono alcuni utili trucchetti, validi anche per la produzione industriale
(vedi box Il decalogo dell'appassionato di gelati).
- Cremosità e assenza di cristalli di ghiaccio: gelato ottimale.
- Morbidezza: se eccessiva, come nei gelati che si possono mangiare appena tolti dal freezer, può indicare la presenza di aria insufflata o di grassi di scarsa qualità.
- Spugnosità: può essere dovuta a una cattiva conservazione e indica una degenerazione dei grassi.
- Aghi sottili di ghiaccio: anche questi indicano una cattiva conservazione.
- Compattezza: è una caratteristica importante in un gelato artigianale perché indica che non è stata insufflata aria in fase di congelamento.
- Scioglimento rapido: per sua natura, il gelato a temperatura ambiente si scioglie in fretta. Se così non fosse, potrebbe contenere grassi idrogenati.
- Gusto stucchevole: per mascherare ingredienti base poco validi può essere stato aggiunto troppo zucchero.
- Difficoltà digestive: se non sono dovute a un consumo esagerato, soprattutto a fine pasto, possono essere causate da un eccesso di grassi di scarsa qualità, impiegati per coprire il gusto di materie prime non proprio scelte.
- Presenza di pezzetti di frutta fresca: chiaro indice di buona qualità.
- Gusti alla frutta secca (soprattutto nocciola e pistacchio): se sono particolarmente buoni significa che il gelataio si affida a materie prime di qualità, perché questi semi oleosi sono piuttosto cari. Perciò è facile che la produzione complessiva dell'artigiano sia davvero di qualità.
I prodotti biologici
Difficile trovare gelatai artigianali biologici, è quindi più facile rivolgersi al prodotto confezionato. Questo viene realizzato con le stesse procedure del gelato industriale, ma non mancano forti differenze. Per cominciare gli ingredienti sono certificati bio per il 95%. Sono banditi i grassi idrogenati e gli aromi sintetici, come pure gli stabilizzanti tipo i polisorbati, gli esteri, gli acidi grassi, i mono e digliceridi degli acidi grassi (questi ultimi spesso ottenuti dal maiale), impiegati per prolungare la conservazione. Nel bio si ricorre a stabilizzanti naturali ottenuti da alghe, bucce di frutta acerba, semi. Per aumentare il volume e conferire morbidezza viene impiegata anche la lecitina. I coloranti sono pochi e di origine naturale.
Gelati “vegetali”
Negli ultimi anni si sono fatti spazio, accanto ai gelati preparati con latte animale, anche quelli a base di latte vegetale. Il primo ad arrivare è stato il prodotto a base di soia, seguito dal riso. Variamente aromatizzati, questi gelati rappresentano una valida alternativa per chi deve rinunciare al prodotti animali per motivi di salute (intolleranze o altro), oppure per chi dà la preferenza agli ingredienti di origine vegetale perché non vuole giustamente esagerare con i grassi saturi, il cui abuso può predisporre a malattie cardiovascolari e al diabete. Non è detto però che i gelati vegetali siano sempre una scelta vincente: è bene verificare in etichetta che, per arrotondare il gusto, non vengano aggiunti grassi di cattiva qualità, estratti con solventi chimici o magari derivati dalla palma, i cui lipidi sono prevalentemente saturi (senza contare che nei luoghi di origine vengono abbattute enormi porzioni di foresta vergine, con gravi conseguenze ambientali, allo scopo di fare spazio alle coltivazioni di palme da olio).
Yogurt sotto zero
Gradevole, normalmente profumato con frutti di bosco o con altra frutta, il gelato allo yogurt sembra essere un grande alleato della linea e del benessere. Se lo yogurt usato è intero, i grassi sono gli stessi di un gelato a base di latte; le calorie calano un po' se non viene aggiunta panna. Per quanto riguarda gli zuccheri, non c'è molta differenza. Il punto di forza è offerto invece dalla presenza di fermenti lattici, che si conservano anche a bassa temperatura e vanno a nutrire la nostra flora batterica “buona”. L'importante è che il prodotto utilizzato sia di buona qualità, quindi ricco di fermenti.
Un buon gelato può rappresentare una valida integrazione alla dieta, sempre che questa sia sana ed equilibrata. Naturalmente non bisogna esagerare con il consumo né con le quantità. E poi c'è gelato e gelato: cornetti, semifreddi e biscotti farciti non sono paragonabili per ingredienti e calorie a un cono con un paio di gusti, di cui magari uno alla frutta. Va da sé che anche i gelati ricoperti di cioccolato sono indubbiamente più calorici. Non è necessario eliminarli tout-court dalla dieta: basta prenderne atto e consumarli cum grano salis.
Ma torniamo a coni e vaschette. Una porzione media (200 g circa) può arrivare a 300-500 calorie, che possono essere eccessive. “È importante che il gelato venga consumato con cadenza e in porzioni ragionevoli” afferma il dott. Michele Sculati, specialista in scienza dell’alimentazione ed esperto dell'IGI (Istituto del Gelato Italiano). “In un individuo medio una porzione adatta come spuntino dovrebbe apportare circa 150 kcal (+/-20%), mentre, se lo si utilizza come dessert dopo un pasto, dovrebbe rimanere attorno alle 100 kcal (+/-20%), a meno che non si sia stati fisicamente attivi, nel qual caso è possibile aumentare le porzioni”.
Un altro esperto dell'IGI, il dott. Andrea Ghiselli, dirigente presso l’Istituto Nazionale per la Ricerca sull’Alimentazione e la Nutrizione (INRAN), accende invece i riflettori su
un'abitudine poco corretta: quella di sostituire il pasto con un gelato. “Un gelato può essere una soluzione occasionale per sostituire un pasto dovuta a mancanza di tempo o mancanza di altre possibilità” spiega lo specialista, “ma certamente non può essere una regola. Tuttavia può rappresentare una parte anche importante a complemento di un pasto costituito da altri alimenti quali un primo o un secondo, un piatto di vegetali, frutta” .
In conclusione: il gelato è un dolce piacere, soprattutto se scelto con accuratezza e consumato con oculatezza.
(La tabella sui contenuti nutrizionali del gelato è tratta da
www.istitutodelgelato.it)