Alla fine il presidente delle Settimane sociali gli regala un metro, «per misurare l’efficacia dell’impegno perché le cose valgono nella misura in cui si realizzano» e gli chiede di «impegnarsi perché non ci siano i seimila esuberi dichiarati per l’Ilva di Taranto. Paolo Gentiloni stringe la mano a monsignor Filippo Santoro, che arcivescovo di Taranto conosce la sofferenza e l'attesa degli operai e edelle loro famiglie, e accoglie, da Sergio Gatti, anche il logo dei cercatori di lavOro. Accolto dal Presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti (nella foto in alto, del'agenzia Ansa), il premier parla per mezz’ora di fila un po’ leggendo il discorso preparato e un po’ improvvisando per provare a rispondere alle questioni sollevate dall’assemblea. Quattro questioni centrali, tra i 30 passi che le Settimane hanno disegnato per uscire dalla crisi e far ripartire il lavoro, che i cattolici italiani si aspettano di vedere subito inserite nella legge di stabilità: intervenire in modo strutturale per rafforzare la filiera formativa professionalizzante nel sistema educativo italiano con contratti di apprendistato e formazione duale; allargare gli investimenti dei Pir, i Piani individuali di risparmio, anche alle piccole aziende non quotate purché rispondano a precisi criteri di coerenza ambientale e sociale; superare, negli appalti, il criterio del massimo ribasso inserendo nella valutazione criteri “reputazionali”, cioè parametri di responsabilità sociale, ambientale e fiscale con certificazione di ente terzo; modifica dell’Iva agevolando, a saldo zero per la finanza pubblica, le imprese che producono rispettando criteri ambientali e sociali minimi, oggettivamente misurabili.
Il premier parte da una buona notizia, quella dell’innalzamento, dopo anni, del rating del nostro Paese da parte di Standard&Poors. E certo, «anche se non si mangia con il rating», ha commentato, «le stime si Standard&Poors sono importanti per il rilancio del “sistema Italia”».
«Sappiamo», ha continuato Gentiloni, «che siamo al centro di una grande trasformazione e, in questo cambiamento, l’esperienza del lavoro continua a essere definitoria della nostra identità. Come ci ha ricordato Pierre Carniti noi continuiamo a essere identificati anche in rapporto a cosa facciamo. Tanto che la prima domanda che le persone si scambiano per riconoscersi è: “Che fai?”. E i llavoro resta la base di una società coesa, solidale, della società che abbiamo in mente. Siamo in una fase di ripresa economica, non dobbiamo enfatizzarla immaginando che le cicatrici aperte dalla crisi negli ultimi dieci anni siano già rimarginate, ma certamente siamo in un contesto di ripresa della nostra economia e di quella dell’eurozona. Abbiamo segnali incoraggianti dal punto di vista della crescita e dell’occupazione».
Il premier ringrazia i circa mille delegati per aver messo a tema il lavoro perché «senza lavoro i valori fondamentali che sono alla base della nostra società fanno fatica a resistere, parlo della dignità, della famiglia, della comunità. Questo vostro lavoro sarà di utilità al Governo, ma soprattutto alla Chiesa e alla società».
E poi parte dal primo degli aggettivi citati nello slogan della Settimana: libero. «Il lavoro libero», ha detto Gentiloni, «è anzitutto un lavoro libero dalle forme più atroci di sfruttamento, che violano le leggi, il principio di umanità», quello in cui «non c’è spazio per la pratica odiosa del capolarato che oggi coinvolge 400mila lavoratori, in gran parte migranti. È una condizione che non possiamo abituarci a tollerare» ed è per questo che il Governo si è mosso per «rafforzare i controlli, favorire l’erosione e la repressione, coinvolgendo i lavoratori, le organizzazioni agricole e i sindacati».
Caporalato e precarietà sono i due principali mali da combattere. Anzi, ha detto il premier, «il precariato senza futuro e senza diritti è una delle principali ferite della nostra società».
E poi ha dato seguito alle sollecitazioni dell’assemblea assicurando la piena sintonia con la proposta di rivedere la modalità degli appalti. «Dal maggior ribasso alla maggiore dignità», sostituendo, come prevede il nuovo Codice sugli appalti pubblici «il principio del maggior ribasso, con il criterio dell’offerta più vantaggiosa».
Sintonia anche sul reddito di inclusione e sulla formazione. «Nel mondo della quarta rivoluzione industriale il futuro del lavoro è una terra incognita rispetto alla quale bisogna predisporre strumenti di orientamento e di protezione in parte inediti». Questo significa, ha concluso il premier, che «occorre un “no” netto alla divisione tra èlites digitali e cosmopolite, senza radici territoriali, e lavoratori legati al territorio, sottopagati e costretti a svolgere mansioni che feriscono la loro dignità. Il lavoro del futuro non può essere diviso tra nomadi digitali e lavoratori che sul territorio fanno lavori sottopagati». Su questo piano occorre formazione e creatività. «La chiave per la prosperità sta nella valorizzazione, ancora di più, della nostra identità: non esiste un’identità senza radici e senza terra, e l’identità delle nostre industrie manifatturiere è fondamentale anche nell’epoca del lavoro 4.0».