«Ringrazio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha accolto il mio invito. Ha mostrato sensibilità. E da credente, ringrazio il Signore che ci dà la forza di andare avanti e di non arrenderci». Don Patriciello, o padre Maurizio, come lo chiamano qui, prete tra la gente di Caivano, il Comune dell’area metropolitana di Napoli assediato in queste ore dai giornalisti, si mette in marcia per le vie della città, ostaggio di una violenza che non conosce limiti, poco prima del tramonto, in un corteo di denuncia e preghiera.
Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha definito Caivano “l’inferno in terra”, ricordando la tragedia di Fortuna Loffredo, piccola e indifesa bambina stuprata e uccisa nel 2014. L’ennesima ferita è quella delle ragazzine di 10 e 12 anni vittime dello stupro del branco, ennesima piaga di dolore in una terra abbandonata.
«Lo scempio è degli adulti», dice padre Maurizio. «Come abbiamo educato questi ragazzi? Dobbiamo essere attenti ai nostri figli. Anche alcuni stupratori sono minorenni, non possiamo addebitare a loro la mancanza di educazione, ma chiederci: abbiamo saputo educare?», si interroga il sacerdote sapendo che sono in troppi ad avere le responsabilità della tragedia.
Per le due cuginette è stato deciso l'allontanamento dal rione Parco Verde e ora sono ospiti in una casa famiglia. Le violenze sono state compiute tra giugno e luglio, ma solo un mese dopo sono state denunciate.
È uno "stile di vita frutto di grave incuria dei genitori” per il sostituto procuratore che indaga sullo stupro, a sugello di una cultura del degrado e della violenza che nasce tra le mura di una casa.
Il sacerdote della Terra dei fuochi chiede un’altra bonifica, non solo quella dai rifiuti tossici che hanno avvelenato grandi e bambini in questo Comune del napoletano. La bonifica che serve è quella delle coscienze e per una civiltà che latita, tra palazzoni sbrecciati e campi di calcio dove non ci sono famiglie a vedere i figli giocare.
«La famiglia non c’è, è la strada a educare – ribadisce il prete, vocazione adulta dopo una vita da paramedico- . La strada non educa. Dobbiamo essere attenti ai nostri figli quando tornano a casa», ammonisce. Ora teme che in un ghetto dove ognuno bada a sé stesso, si arrivi a incolpare l’altro, generando uno scontro tra famiglie. «Certo, perché mancano le istituzioni: i vigili, i servizi sociali, dove sono?», dice guardando l’ex centro sportivo zeppo di spazzatura dov’è avvenuto la violenza di gruppo, oggi rifugio per traffici illeciti. «Non voglio che Parco Verde finisca per essere la piazza di spaccio più grande d’Europa, e non solo io a non volerlo», aggiunge.
Domenica a messa i fedeli erano in pochi, uomini e donne stanchi delle telecamere che troppo spesso raccontano le miserie e il degrado di questa fetta di Campania. Don Maurizio non tace, nonostante la bomba carta ricevuta un anno fa, un avvertimento ad abbassare i toni e le denunce che da anni riempiono prediche, incontri e arrivano sui media.
«Qui ci sono tante persone per bene, non persona normali, ma eroi».
Il sacerdote, assediato dai giornalisti, aspetta la prima premier donna italiana. A Giorgia Meloni, mostrando il centro sportivo diventato immondezzaio, esprimerà il bisogno di normalità cui aspira la maggior parte degli abitanti di Caivano.