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venerdì 04 ottobre 2024
 
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La “fabbrica dei desideri” per i bambini malati

20/11/2015  L’associazione si chiama “Make-A-Wish”. È nata per realizzare il sogno di bambini che vivono la difficile situazione di una malattia grave. La filiale italiana, nata a Genova 10 anni fa, ne hanno già esauditi 1.250, la rete internazionale 350 mila. Qualunque sogno è realizzabile? Quasi, spesso anche quelli che sembravano impossibili.

Qui e in copertina: due sogni "impossibili" realizzati, conoscere Papa Francesco e Barak Obama.
Qui e in copertina: due sogni "impossibili" realizzati, conoscere Papa Francesco e Barak Obama.

La curiosità di una visita al quartier generale della Apple, gli occhi incantati davanti alla partenza di uno Shuttle, l’incontro con Valentino Rossi, un concerto cantando a squarciagola nei panni di Elvis Presley, la felicità davanti all’intera collezione di Geronimo Stilton, la delizia di partecipare al ballo delle debuttanti, ma anche un semplice smartphone, per chattare con gli amici, perché mamma e papà non se lo possono permettere. Piccoli o grandi sogni. Un leit motiv comune: la malattia. Quella più odiosa, che non ci sappiamo spiegare, perché colpisce i più vulnerabili, quella quasi contro natura, perché inchioda su un letto d’ospedale chi ha bisogno di volare.

Vorrei conoscere… un attore, un cantante, un calciatore… Vorrei andare… a Parigi, a New York, in crociera… Vorrei avere… un computer, una festa di compleanno… Vorrei essere… una principessa, un cantante, una modella, un personaggio delle favole… Desiderio dopo desiderio, si arriva a 1.250 esauditi, con una media di circa 200 all’anno. La bacchetta magica si chiama “Make-A-Wish Italia Onlus”, organizzazione non profit, riconosciuta giuridicamente dallo Stato Italiano, che ilprossimo 7 dicembre (festa di Sant’Ambrogio) riceverà, dal sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, l’Attestato di Civica Benemerenza, nell’ambito del prestigioso premio “Ambrogino d’Oro”.

Vorrei conoscere... vorrei andare... vorrei essere...

L’Associazione realizza i desideri di bambini e ragazzi, fra i 3 e i 17 anni, colpiti da malattie gravi, che possono metterne a rischio la sopravvivenza. Ma attenzione, «Noi non siamo quelli che esaudiscono l’ultimo desiderio», ci tiene a sottolineare Sune Frontani, amministratore delegato della Onlus fondata con il marito Fabio (che ne è il presidente), a Genova, nel 2004. «Solo una piccola percentuale dei nostri bambini sono terminali, perché fortunatamente oggi la ricerca è molto avanzata. Tante leucemie per le quali fino a dieci anni fa non c’erano speranze, oggi si curano. Tanti bambini superano la malattia, certo dovendo sopportare cure molto invasive, dolorose, però ce la fanno. Un desiderio che si realizza per un bambino ammalato gravemente, è molto più dell’esperienza di un singolo momento: è qualcosa che dura tutta la vita; è un pensiero positivo, che lo aiuta a trovare la forza di lottare, ad affrontare al meglio le terapie, a ritrovare la speranza che nulla è impossibile, neppure la guarigione. A volte è l’inizio di un nuovo capitolo, di una nuova vita».

E, se il desiderio è fonte di nuova vita per il bambino, l’associazione è stata fonte di nuova vita per Sune, suo marito e i due figli, Franco e Greta. Perché è stata fondata in ricordo di Carlotta, l’altra figlia, scomparsa a dieci anni a causa di una malattia rara.

L'associazione italiana è nata in ricordo di Carlotta

  

«È lo spirito della resilienza. Mia figlia è mancata nel 2002, dopo tre anni trascorsi in vari ospedali. Osservandola mentre combatteva la malattia, mi chiedevo: che cosa posso fare? Questi bambini perdono il diritto di vivere la loro infanzia serena, spensierata. La diagnosi di una grave malattia significa ricoveri, cure, paura, contatto solo con gli adulti. Carlotta vedeva me, gli infermieri, i medici, niente più amici. I bambini malati maturano velocemente, cominciano subito a riflettere da grandi. Si fanno domande, vedono i genitori tristi, provano tanta sofferenza psicologica, oltre al dolore fisico. Serviva qualcosa per distoglierli da iniezioni e fiale, anche solo per un giorno. È questa l’idea che sottende a “Make-A-Wish”. Ma all’epoca c’era solo a livello internazionale così, quando Carlotta è mancata, abbiamo chiesto l’affiliazione per l’Italia. E anche se la sede è Genova, perché avevamo molti contatti con l’ospedale “Gaslini”, dove anche mia figlia è stata ricoverata, lavoriamo in tutto il Paese».

L’Associazione in questi dieci anni si è ingrandita, molti ragazzi guariti, una volta cresciuti, sono diventati volontari (in tutto, più di 250), sono nate collaborazioni con i principali ospedali pediatrici, e sono spesso gli stessi medici a segnalare il bambino che manifesta un sogno. «Siamo molto contenti», continua Sune, «perché ci siamo resi conto di quanto sia importante quello che facciamo; i bambini ricominciano a credere che tutto nella vita può essere possibile, che bisogna continuare a sognare, allora tornano le energie, anche contro le cure pesanti, e un giorno tornerà la spensieratezza. C’è un altro aspetto. Nella malattia, spesso le famiglie sono separate. Io ero all’estero con Carlotta, mentre mio marito e gli altri due figli erano qui. Sono dinamiche familiari difficili. Noi rimettiamo insieme la famiglia, restituiamo normalità. Magari solo per un giorno, ma l’ospedale rimane fuori. Questo dà molta gioia, molta forza e dà speranza». 


"Un impegno meraviglioso, una sorpresa continua"

-  Qual è l’iter dalla richiesta alla realizzazione del desiderio?
«Le segnalazioni ci arrivano dai medici, dai genitori, dai bambini stessi attraverso i social… Ci occupiamo di malattie molto gravi, perciò dobbiamo fare una selezione. Perché se realizziamo il sogno del genitore o del fratellino, la magia poi non funziona. Chiamiamo il bambino al telefono, stabiliamo l’appuntamento, e gli diciamo: “Noi arriviamo, intanto tu comincia a pensare”. Parte da lì una sorta di terapia. Il bambino guarda un po’ meno la tv, pensa a quale desiderio esprimere. Poi c’è l’attesa. Ci sono desideri facili, altri che necessitano di un po’ di tempo, l’incontro con un personaggio famoso, per esempio, oppure quando c’è da organizzare un viaggio, quest’ultimo un desiderio molto frequente,  perché rappresenta la fuga dall’ospedale, verso un posto bello, con il mare azzurro, la sabbia... I bambini ricoverati al “Gaslini”, hanno le stanze con le finestre che guardano il mare. Vedono passare queste navi, alte come grattacieli, mentre loro sono chiusi dentro, con tanta nostalgia, perciò arrivano tante richieste di crociera. Ma anche l’attesa è un periodo bellissimo, perché li tiene vivi, si nutrono dell’aspettativa. Poi finalmente c’è la realizzazione del desiderio, un momento che prepariamo con grande cura, perché i bambini devono sentirsi speciali. Infine, c’è il dopo: rimangono i ricordi, la consapevolezza dell’avercela fatta».

-  Un lavoro impegnativo, il vostro.

«Certo, ma meraviglioso, una sorpresa continua. Non sappiamo mai quali richieste arriveranno. È difficile fare previsioni anche di budget, ci sono desideri che costano zero, altri 50 euro, altri ancora 5-6.000 euro. Siamo un’agenzia di viaggi molto, molto specializzata, perché mandiamo in giro famiglie con bambini malati (sempre con l’autorizzazione dei medici), ma dobbiamo essere anche degli sceneggiatori, per quanti vogliono essere una principessa, un cantante, un cavaliere medievale... Sono desideri che richiedono una certa creatività».  


La rete internazionale di Make-A-Wish ha 38 affiliate e 32 mila volontari

  

-  “Make-A-Wish Italia” è affiliata a “Make-A-Wish Foundation International”, presente nei cinque continenti, con 38 affiliate, oltre 32 mila volontari, e 350 mila desideri realizzati. Quali sono i vantaggi di questa affiliazione?

«Oltre naturalmente all’uso di un brand riconosciuto, i vantaggi sono legati alla realizzazione dei desideri. Per esempio, l’International ha una partnership importante con Disneyland, così anche per noi mandare una famiglia di quattro persone, non è costosissimo. Personaggi come Julia Roberts, Orlando Bloom, Lady Gaga, gli One Direction, non considererebbero me, mentre per il network diventano raggiungibili. D’altra parte, noi siamo indispensabili all’International per quanto riguarda i bambini malati stranieri, attirati dall’Italia: la moda, il calcio, la Ferrari, papa Francesco. Così “Make -A-Wish” riesce a realizzare quasi tutto. Non abbiamo contributi pubblici e neppure fondi dall’International, dobbiamo trovare da soli ciò che ci serve, attraverso donatori privati, e c’è chi a Natale sceglie di adottare il desiderio di un bambino. Siamo una “fabbrica di sogni”, ma gestita come un’azienda. In dieci anni non siamo mai andati sotto l’80 per cento di percentuale delle spese per la mission, così da destinare il più possibile per la realizzazione dei sogni dei bambini. Per me la cosa più brutta sarebbe dover dire di no per mancanza dei fondi».

-  Che cosa sognava Carlotta?

«Mio marito lavora nel mondo del caffè, perciò le raccontava spesso delle piantagioni in Brasile. Carlotta voleva andare a vivere in una fazenda in mezzo alla natura, con gli animali, per andare a cavallo in grandi spazi... L’aveva disegnata. Voleva andare via con la sua famiglia, il più lontano possibile».

-  Rivede sua figlia negli occhi dei bambini di cui realizzate il desiderio?

«Rendere felici bambini tanto malati, mi dà una grande serenità. Questa attività ha aiutato molto me e mio marito a uscire dalla nostra tragedia personale, e poi naturalmente il fatto di avere altri due figli, nostri primi volontari. Non pioverà mai perché c’è Carlottina che fa sempre splendere il sole, è la nostra stellina che ci protegge, fa sì che riusciamo sempre ad esaudire i sogni, da lassù ci guarda e ci porta fortuna».

Chi avesse voglia di adottare un desiderio, può visitare il sito www.makeawish.it.


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