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sabato 19 aprile 2025
 
ragazzo in lacrime
 

«Ha confidato alla professoressa la sua ansia e i pensieri autolesivi»

05/02/2024  «Siamo stati convocati dal docente di riferimento della scuola di nostro figlio, che ha 14 anni. La docente ci ha raccontato qualcosa che ci ha riempito di grande angoscia: ha detto che, una mattina, il ragazzo in lacrime le ha rivelato di sentirsi molto confuso e pieno di ansia» Leggi la riposta Alberto Pellai

Siamo stati convocati dal docente di riferimento della scuola di nostro figlio, che ha 14 anni. Quest’anno è entrato alle superiori. È stato un salto notevole, ma ci sembrava che tutto andasse abbastanza bene. Anche a casa con i fratelli non ha mai mostrato difficoltà particolari.

La docente ci ha raccontato qualcosa che ci ha riempito di grande angoscia: ha detto che, una mattina, il ragazzo in lacrime le ha rivelato di sentirsi molto confuso e pieno di ansia, che si sente stanco della scuola, degli amici e che per fare finire tutto questo malessere spesso ha pensieri autolesivi. In questi mesi, parlando con lui, non ci siamo mai resi conto che avesse difficoltà così evidenti.

La prof ci ha detto che il ragazzo non voleva che noi venissimo informati di tutto questo e ha acconsentito a farsi accompagnare dalla psicologa dello sportello di supporto che c’è a scuola. Sono piena di ansia e mi domando dove ho sbagliato.

GIANNA

 

Risposta di Alberto Pellai

– Cara Gianna, partiamo dal fondo. Il fatto che un figlio si senta confuso o angosciato non dipende dagli sbagli dei genitori. La cosa che meno serve, in questo momento, è un adulto afflitto da sensi di colpa. Invece occorre un adulto che guarda la situazione per quello che è. C’è un quattordicenne, tuo figlio, che soffre. Non sa bene da che cosa derivi quel senso di ansia e angoscia che lo coglie.

Si sente confuso e a volte ha pensieri suicidari. È una situazione relativamente frequente all’ingresso in adolescenza. In questo tempo della vita cambiano così tante cose, dentro e fuori di noi, da non sapere esattamente come fare a gestirle, attraversarle e significarle. A volte ci si sente impotenti. A volte soli e isolati. A volte disperati. Si fanno brutti pensieri. Su di sé, a volte, e sugli altri.

Ma pensare non vuol dire agire. Vuole semplicemente dire che la nostra mente va in tantissime direzioni e ancora non trova il percorso adatto ai propri reali bisogni. Io penso che quello che davvero serve a tuo figlio stia già avvenendo. È riuscito a parlare con qualcuno del suo problema, a non rimanere solo. È ciò di cui i giovani adolescenti hanno più bisogno quando sentono un dolore che non sanno come maneggiare.

Ora tuo figlio sta ricevendo un aiuto che gli permetterà di fare chiarezza su quello che lo fa stare male. Anche voi genitori confrontatevi con uno psicologo del vostro territorio che vi aiuti a stare a fianco di vostro figlio senza “spaventarvi troppo”.

Prevenire gesti autolesivi comporta imparare a parlare di ciò che più temiamo: ovvero della propria morte e dei pensieri che produciamo intorno ad essa. Ti sono/vi siamo tutti vicini.

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