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lunedì 20 marzo 2023
 
la storia
 

"Ho bisogno di me", un libro racconta i ragazzi della Comunità Lautari

04/06/2022  Il giornalista Giuseppe Spatola dà voce agli ospiti della Comunità di recupero fondata da Giovanni Bonomelli, la seconda per numero di persone accolte in Italia, che si trova a Pozzolengo e che quest’anno compie trent’anni: «Incontrandoli, ho capito che tra quei ragazzi perduti c’era voglia di riscatto, di riprendere in mano la vita persa in mille anfratti. Così mi sono chiesto come poterli aiutare»

Esperienze di buio e di vuoto, di uomini, donne e ragazzi che si sono trovati soli dinanzi a qualcosa più grande di loro. Che adesso non sono più soli ed hanno di nuovo in mano la propria vita, da riempire d’ora in avanti solo con il meglio. È l’esperienza dei ragazzi della Comunità di recupero Lautari di Pozzolengo, nel Bresciano, che quest'anno compie 30 anni: fondata nel 1990 da Giovanni Bonomelli, scomparso nel 2018, dal febbraio 2014 è portata avanti dal figlio Andrea che, giovanissimo, si è preso sulle spalle il futuro dei ragazzi accolti da tutta Italia.

Giuseppe Spatola, giornalista di Bresciaoggi, già al Corriere della Sera, ha voluto raccontare le loro vicende nel libro Ho bisogno di Me, storie di indipendenza (161 pp., Compagnia della stampa Massetti e Rodella Editori, 15 euro) attraverso 32 interviste ad altrettanti ospiti. «Il libro», spiega l’autore, «nasce dalla necessità di dare voce a chi normalmente viene lasciato ai margini della società e viene visto anche con diffidenza. Durante la pandemia ho conosciuto la comunità Lautari raccontandone le fatiche e le difficoltà di sostentamento durante il lockdown. La comunità, seconda per numero di ragazzi accolti in Italia, non ha finanziamenti statali per scelta del fondatore, Giovanni Bonomelli. Linea seguita poi dal figlio Andrea che è oggi presidente della cooperativa sociale. Mi è bastato frequentare la sede di Pozzolengo per capire che tra quei ragazzi perduti c’era voglia di riscatto, di riprendere in mano la vita persa in mille anfratti. Così mi sono chiesto come poterli aiutare. Il libro nasce così, per dare una mano concreta a Lautari e spiegare alla gente che la diffidenza può diventare speranza e convinzione. Ho spiegato il progetto all’editore Eugenio Massetti, della Compagnia della stampa. Non c’è stato bisogno di convincerlo: mi ha dato carta bianca senza paletti».

Il tratto comune di ognuno degli intervistati è il disagio famigliare e le amicizie sbagliate alla base della decisione di assumere droghe, la voglia di ritrovare se stesso, l’essere portati per mano giorno dopo giorno dalla Comunità, il cui ruolo è fondamentale per uscirne. «Per chi vive in comunità è basilare avere qualcuno che li segue, detta le regole e gli mette in mano la chiave per riaprirsi la porta del mondo», dice Spatola, «chi ha una dipendenza, che oggi non è più solo da droghe ma anche e soprattutto psicologica, tende a isolarsi e a non vivere più. La comunità invece riesce a far tornare in società anche chi vorrebbe isolarsi. Come? È un percorso lungo che non ha tempi certo. Ognuno vive la propria esperienza per come la sente. Ma tutti ammettono che la comunità aiuta a fidarsi degli altri e insegna a chiedere aiuto senza provare vergogna».

Da sinistra: Andrea Bonomelli, Giuseppe Spatola autore del libro ed Eugenio Massetti

La prefazione firmata da Jonella Ligresti

  

Le storie pubblicate nel libro sono solo una piccola parte delle persone incontrate dall’autore: «In un anno circa ho intervistato più di 300 ragazzi ospiti delle sedi Lautari di Pozzolengo, Como, Pordenone, Firenze e Roma», racconta, «alla fine ne ho scelto 32 che si completano. Certo alla base di tutto c’è sempre un sottofondo di solitudine, di mancanza di affetto e la sensazione di essersi persi. Ma poi la speranza ritorna grazie al lavoro fatto in comunità. Tra le interviste, però, penso che quella da leggere almeno due volte è il dialogo con il presidente Andrea Bonomelli. Lui è un ragazzo che a 24 anni, oggi ne ha 33, si è preso sulle spalle la responsabilità della Lautari e di conseguenza il futuro di oltre 300 giovani e delle loro famiglie. A lui ho chiesto perché e mi ha risposto che la comunità è come una famiglia allargata dove tutti aiutano nel bene e nel male. Questo alla fine è il senso del libro che vorrebbe essere un manuale per approcciarsi a un mondo che non sempre appare chiaro».

La prefazione del volume è firmata dall’imprenditrice Jonella Ligresti, coinvolta nell’inchiesta sul caso Fonsai, condannata e poi prosciolta da tutte le accuse il 12 maggio 2021. «Ringrazio Jonella per aver accettato la mia proposta senza remore», dice Spatola, «ho chiesto la prefazione a lei perché di fatto ha subito le stesse umiliazioni e le discriminazioni che hanno provato questo giovani. Da donna che aveva tutto a reclusa senza motivo come ha sancito la legge scagionandola da ogni accusa. Per la prima volta Jonella ha affrontato il tema della sua carcerazione senza mezze parole e ha ammesso i suoi momenti di fragilità. Da qui il parallelo con i ragazzi della comunità con una differenza: per Jonella le chiavi dei suoi custodi chiudevano il mondo alle sue spalle, alla Lautari le chiavi riaprono le porte di una vita normale. Insomma, la testimonianza di Jonella Ligresti fa comprendere molte sfumature sia della sua vicenda personale ma proietta speranza su chi invece oggi vive il dramma della tossicodipendenza. In fondo nel titolo c’è tutto: noi tutti abbiamo bisogno di ritrovare noi stessi prima di poter vivere serenamente ed essere realmente indipendenti».

 
 
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