Alcuni dei superstiti della tragedia di Tunisi all'arrivo a Torino (Paolo Siccardi / Sync)
Da una parte il tribunale, dall’altra l’ex carcere Le Nuove. In mezzo, sull’autobus che li porta da Genova, arrivano loro: i dipendenti comunali di Torino sopravvissuti all’attentato terroristico a Tunisi. Un parente si avvicina al bus e tocca il finestrino. Dall’interno due volti provati si girano e abbozzano un sorriso. Poi la piccola comitiva, una ventina di persone in tutto, scende. Ad accoglierli c’è il sindaco della città, Piero Fassino. Hanno tutti più di cinquant’anni e, com’è comprensibile, un unico desiderio: “Vogliamo tornare a casa il più presto possibile. Non faccio altro che pensare che al posto delle mie colleghe avrei potuto esserci io. Povera Antonella, le volevamo tutti bene”. La voce della dipendente (“il mio nome non ha importanza”) si rompe nel pianto. Antonella Sesino, 53 anni, è stata uccisa dai terroristi che hanno fatto irruzione al Museo Bardo di Tunisi. Con lei c’erano Carolina Bottari e Anna Abagnale, che sono rimaste ferite e sono ricoverate ancora in ospedale, e Antonella Santoro che invece è riuscita a salvarsi con il marito grazie a una guida.
Lei però, come gli altri turisti che si trovavano all’interno del museo, è tornata a casa con altri mezzi. “La maggior parte di noi si trovava all’interno della nave quando tutto è successo”, racconta Savino. “Io invece sono salva grazie all’ora di preghiera dell’autista del mio autobus”, aggiunge un’altra dipendente. “Con il mio gruppo, avremmo dovuto andare al museo, ma lui ci ha chiesto di aspettare e così ora sono viva”. Sulle polemiche sul fatto che Costa crociere avrebbe dovuto avvisarli della pericolosità dell’escursione a Tunisi, un’altra collega taglia corto: “Non viviamo fuori dal mondo. Sapevamo che c’erano rischi, ma quale posto oggi può dirsi sicuro? E comunque mai avremmo immaginato di finire in una tragedia simile”.