Nelle settimane dopo le vacanze di Natale, io maestra di scuola primaria sono rimasta colpita dal fatto che molti genitori i cui figli non potevano venire a scuola anche solo per una giornata chiedessero di attivare immediatamente la didattica digitale integrata. Per settimane noi maestre eravamo in classe con i bambini presenti e intanto parlavamo tramite schermo con quelli a casa, nonostante le evidenti difficoltà connesse con questo modo di fare scuola. La mia impressione è che oggi i genitori sentano il bisogno di non far perdere ai loro figli nulla o, peggio ancora, che pensino che senza scuola i loro bimbi non sanno cosa fare. Forse i genitori si sentono in colpa o giudicati se non chiedono la didattica a distanza con un figlio a casa. Eppure solo poco tempo fa quando i bimbi si ammalavano e stavano a casa due o tre giorni, nessuno ne faceva un dramma. Poi con calma si recuperava tutto. Non sarebbe più sano vivere queste assenze in maniera più leggera? Io ora ho figli adolescenti, ma ricordo con quanta serenità vivevano le assenze. Nonostante i malesseri, erano contenti di stare a casa o dai nonni. Lei che ne pensa?
Cara Alice,dopo ciò che abbiamo vissuto nel tempo del Covid, noi genitori abbiamo un po’ perso la bussola. Cosa fa davvero bene ai nostri figli? Di certo la scuola in presenza. Ma se non è possibile garantirla? Ci sembra che dopo tutto quello che già hanno perso, anche un solo giorno di scuola potrebbe farli arretrare nel loro percorso evolutivo. E allora cerchiamo di non farli rimanere “fuori” da nulla, facendo i salti mortali e magari sottoponendoli anche a ore di didattica digitale, che come tu ben sai alla scuola primaria non sono mai consigliabili.
Perché lo facciamo? Certo un po’ per insicurezza e timore di non dare ai nostri figli tutto quello che serve per farli crescere bene. Siamo anche tanto confusi. Non capiamo bene che cosa davvero serve e di che cosa eventualmente si può fare a meno. E allora ci muoviamo, compulsivi e ansiosi, timorosi che la scuola – se non ci colleghiamo – posso ritenerci superficiali o distratti, poco coinvolti e poco attenti.
Siamo abitati dalla voglia di fare bene che spesso diventa ansia protettiva finalizzata a non far perdere nulla ai nostri figli di ciò che sappiamo essergli utile. Di sicuro basterebbe dare tempo al tempo per cose così piccole e comprendere che anche il tempo vuoto è un tempo che può essere riempito di altro e non solo di scuola, quando non si può essere lì. Tutte queste nostre ambivalenze e contraddizioni sono ben raccontate nel nuovo libro di E. Mignanelli Genitori a scadenza(Feltrinelli Urra), che consiglio vivamente perché ci aiuta a capire che cosa davvero significa “lasciar andare” un figlio, mentre cresce, senza rimanere travolti dall’ansia del perfezionismo e dall’eccesso di protezione