È stato un grande amico di Madre
Teresa. Il cardinale Angelo
Comastri ricorda la sua figura. Nell’anello episcopale
c’è incastonata la Medaglia
Miracolosa regalatagli da Madre
Teresa prima di diventare vescovo.
«Un giorno glielo mostrai e lei commentò:
“Hai fatto bene a mettere l’immagine
della Madonna, così chiunque
baci l’anello penserà a lei e non a te”».
Cosa la colpì la prima volta che
vide Madre Teresa?
«Il suo sguardo: mi guardò con
due occhi limpidi e penetranti. Poi
mi chiese: “Quante ore preghi ogni
giorno?”. Rimasi sorpreso da una simile
domanda e provai a difendermi
dicendo: “Madre, da lei mi aspettavo
un richiamo alla carità, un invito ad
amare di più i poveri. Perché mi chiede
quante ore prego?”. Madre Teresa mi
prese le mani: “Figlio mio, senza Dio
siamo troppo poveri per poter aiutare
i poveri! Ricordati: io sono soltanto
una povera donna che prega”. Ci siamo
rivisti tante altre volte, ma ogni azione
e decisione di Madre Teresa dipendeva
dalla preghiera: «Pregando, Dio mi
mette il suo amore nel cuore, e così
posso amare i poveri».
Che ricordo ha di lei?
«Nel 1988 Madre Teresa venne
nella parrocchia di Santo Stefano al
Monte Argentario, dov’ero parroco.
Fissò come una bambina lo scenario
unico e disse: “In un luogo così bello,
anche voi dovete preoccuparvi di
avere anime belle”. Bastarono queste
parole per far scattare l’attenzione e
la vibrazione del cuore di oltre ventimila
persone. Poi aggiunse: “La vita è
il più grande dono di Dio. È per questo
che è penoso vedere quanto accade
oggi: la vita viene volontariamente
distrutta dalle guerre, dalla violenza,
dall’aborto. Il più grande distruttore di
pace nel mondo oggi è l’aborto. Se una
madre può uccidere il proprio figlio
nel suo grembo, chi potrà fermare me
e te nell’ucciderci reciprocamente? Se
una mamma può uccidere il proprio figlio, chi potrà impedire a un figlio di
uccidere la madre?”. Al termine della
veglia di preghiera accadde un fatto
che ancora oggi mi emoziona. Un ricco industriale mi aveva manifestato
l’intenzione di regalare a Madre Teresa
la sua villa per accogliere i malati
di Aids. Aveva in mano le chiavi. Riferii
la proposta a Madre Teresa, che
prontamente rispose: “Debbo pregare,
debbo pensarci: non so se è cosa buona
portare i malati di Aids in un luogo di
grande turismo. E se fossero rifiutati?
Soffrirebbero due volte!”. Un distinto
signore, che aveva assistito al dialogo,
si sentì in dovere di consigliare: “Madre,
intanto prenda le chiavi e poi si
vedrà...”. Madre Teresa, senza alcuna
esitazione, chiuse il discorso dicendo
risolutamente: “No, signore! Perché
ciò che non mi serve, mi pesa!”».
Qual è la sua eredità spirituale?
«Ho visto Madre Teresa per l’ultima
volta il 22 maggio 1997, tre mesi
prima della morte. Era affaticata, respirava
con difficoltà. Mi disse: “Vengo
da New York e mi fermo qualche giorno
a Roma per visitare le mie suore e i
miei poveri, poi devo andare a Dublino,
dove seguiamo tanti alcolisti, poi
devo andare a Londra dove portiamo
un po’ di amore ai poveri che dormono
sotto i ponti del Tamigi, poi..., poi
.., poi...!”. Fu spontaneo, da parte mia,
reagire dicendo: “O Madre, ma questa
è una follia! Non può affrontare questa
enorme fatica”. La Madre mi ascoltò e
fece qualche istante di silenzio. E poi
mi disse: “O mio caro vescovo Angelo,
la vita è una sola: non è come i sandali,
che cambio. E io debbo spenderla tutta
per seminare amore fino all’ultimo
respiro. Ricordati che, quando moriremo,
porteremo con noi soltanto la
valigia della carità”. Non avevo il coraggio
di ribattere: infatti il ragionamento
non faceva una grinza. Poi concluse:
“Riempila, finché sei ancora in
tempo!”. Queste parole mi risuonano
ogni mattina e ogni sera: “Ho messo
qualcosa nella valigia della carità? Se
non ho messo niente, ho perso una
giornata”. Questo potente richiamo è
l’eredità spirituale di Madre Teresa ed
è rivolto a tutti».
Cosa ha insegnato alla Chiesa circa
la vicinanza ai poveri?
«Madre Teresa produceva opere:
per questo dava fastidio a chi produce
soltanto chiacchiere sulla carità, come
spesso sottolinea papa Francesco.
Una volta le dissero che circolavano
critiche ingiuste nei suoi confronti e
la invitarono a rispondere. Mentre la
informavano, stava imboccando un
uomo denutrito che non aveva la forza
neppure di tenere in mano il cucchiaio.
E rispose: “Non ho tempo per
rispondere”. E riprese a dare un cucchiaio
di brodo all’affamato che stava
con la bocca aperta. Poi aggiunse: “Ma
penso che questa sia già una risposta”.
Questo ha insegnato».