Premette che non «è facile prendere la parola e difendere la mia onorabilità in questa sede». Poi, come un fiume in piena, denuncia di essere stato vittima di «un massacro mediatico senza precedenti. Presentato come il peggiore dei cardinali. Una campagna violenta e volgare. Accuse di ogni genere con un'eco mondiale. Sono stato descritto come un uomo corrotto. Avido di soldi. Sleale verso il Papa. Preoccupato soltanto del benessere dei miei familiari. Hanno insinuato infamie sull'integrità della mia vita sacerdotale, aver finanziato testimoni in un processo contro un confratello, essere addirittura proprietario di pozzi di petrolio o di paradisi fiscali», tutte «accuse assurde. Incredibili. Grottesche. Mostruose».
Sono un passaggio delle dichiarazioni spontanee rese dal cardinale Angelo Becciu, ex sostituto per gli Affari generali ed ex prefetto per le Cause dei Santi, nella decima udienza del processo in Vaticano per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Il porporato dichiara la sua «disponibilità totale» a «cercare e a dire con voi la verità. Non ho paura di essa. Desidero anzi che al più presto la verità sia proclamata. Lo devo», incalza, «alla mia coscienza. Lo devo ai miei antichi collaboratori, a tutti gli uomini della Curia, alle comunità ecclesiali che mi hanno conosciuto come delegato del Papa per la beatificazione di numerosi servi di Dio e nei numerosi Paesi che ho servito nel corso del mio servizio diplomatico. Lo devo ai miei familiari. Lo devo alla Chiesa intera. Lo devo», aggiunge, «soprattutto al Santo Padre, che recentemente ha dichiarato di credere alla mia innocenza», rivela a proposito di quello stesso Pontefice che all'inizio delle indagini lo privò sia delle cariche che dei diritti connessi al cardinalato.
Seduto in uno dei banconi dell’Aula polifunzionale dei Musei Vaticani, Becciu ha offerto la sua versione dei fatti sul caso dei tre bonifici inviati, tra il 2013 e il 2018, alla diocesi sarda di Ozieri a favore di un conto (1000/60478) solo formalmente intestato alla Diocesi, secondo i Promotori di Giustizia, e invece nella piena disponibilità della cooperativa Spes e del fratello Tonino, unico amministratore. Un conto «utilizzato per finalità del tutto privatistiche», dicono i Promotori che accusano Becciu di peculato. «Non ho mai voluto che un euro, anzi, un centesimo di cui ho avuto gestione e conoscenza venisse distratto, mal utilizzato o destinato a fini che non fossero esclusivamente istituzionali. Ho sempre agito per il bene della Sede Apostolica e della Chiesa tutta», è la replica di Becciu.
Il Promotore di Giustizia aggiunto, Alessandro Diddi, a motivo di alcuni problemi del suo Ufficio (tra cui il contagio da Covid di buona parte dei membri anche della segreteria) ha comunicato di non essere in grado di procedere all’interrogatorio. Ha invece posto “tre domande” il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, la prima sulla vicenda della manager sarda Cecilia Marogna e sul segreto pontificio da lei opposto alla Segreteria di Stato, ma anche alla Nato e allo Stato italiano. È ancora valido o no? «Tendo a confermare il segreto, ma sono disposto ad accettare quello che sarà deciso dalle autorità», ha detto Becciu.
Nel corso dell’udienza, Pignatone ha elencato i “contributi” versati dal porporato alla Chiesa di Ozieri: nel 2013 un bonifico di 100mila euro provenienti da un conto personale; nel 2015, altri 25mila euro; nel 2018, ancora 100mila euro. Per l’accusa, le ultime due somme erano parte dei fondi della Segreteria di Stato. Il primo bonifico era stato trasmesso su un conto che riportava una “strana” dicitura nell’intestazione: “Caritas Ozieri, presso Cooperativa Spes”. «Era un prestito o un versamento a fondo perduto?», ha domandato il presidente del Tribunale. Becciu ha spiegato che si trattava di un prestito per un progetto che «doveva dare occupazione a giovani e persone socialmente svantaggiate». Metà del prestito è stata restituita, l’altra metà invece donata dal porporato.
Sui 25mila euro alla Caritas di Ozieri Becciu dichiara: «Mi furono chiesti dal vescovo, allora l’amministratore apostolico Sebastiano Sanguinetti, per mettere su un panificio che doveva dare lavoro a varie persone«. Un incendio distrusse tutto, ma furono recuperate altre risorse. Mancava solo un macchinario per cui Sanguinetti chiese aiuto al cardinale: «Arrivato a Roma vidi la disponibilità dei soldi». Il vescovo disse a Becciu di inviare la somma sullo stesso conto sul quale erano stati versati precedentemente i 100mila euro. «Da sostituto non entro nell’amministrazione della diocesi. C’è un Dicastero, la Congregazione per i vescovi, che se ne occupa e se vede fumus di disordine interviene. Mi chiesero questa offerta, vidi la bellezza dell’opera e inviai 25mila euro che furono poi usati per comprare un panificatore».
Per il cardinale si è trattato di un gesto di “carità”, la stessa carità che – ha detto citando un discorso del Papa – non consiste solo nel fare un’elemosina occasionale, ma nel ridare dignità all’uomo attraverso il lavoro. Il cardinale ha poi confermato di sapere che il destinatario finale dei soldi fosse la cooperativa Spes in quanto “braccio destro” della Caritas. Quanto all’ultimo bonifico del 2018 (altri 100mila euro), Becciu ha spiegato di averlo effettuato dopo che il nuovo vescovo di Ozieri, Corrado Melis, gli parlò del progetto di una Cittadella della Carità per l’accoglienza e il sostegno di poveri e anziani. Il preventivo ammontava a quasi un milione e mezzo e il vescovo cercava fondi. Chiese l’aiuto della Segreteria di Stato. Becciu lo concesse, visto che «ogni anno venivano distribuiti a vari enti un quantitativo di sussidi in Italia e all’estero». Quei 100mila euro al momento sono ancora fermi sul conto. E sul perché Becciu risponde: «Non so come organizzano, il vescovo mi ha sempre detto che sono in attesa di avere la somma completa». Il 28 febbraio scorso sono iniziati i lavori per la Cittadella.
«Oggi si è così dimostrato, con la forza dell'assoluta evidenza, il corretto impiego delle somme gestite dalla Segreteria di Stato, con finalità uniche ed esclusive di carità», il commento dei difensori di Becciu, Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo. Il presidente Pignatone ha poi annunciato che sarà richiesta un’informazione specifica alla Segreteria di Stato circa il segreto pontificio opposto da Marogna mentre l’interrogatorio del cardinale Becciu continuerà il 6 aprile.
Fissato infine il calendario delle prossime udienze: il 30 marzo, con l’interrogatorio a monsignor Mauro Carlino, ex segretario personale di Becciu; 5 aprile, giorno in cui saranno interrogati René Brüllhart e Tommaso Di Ruzza, ex presidente e direttore dell’Aif; 6 aprile, prosecuzione dell’interrogatorio a Becciu ed eventualmente al finanziere E. C., che comunque sarà sentito in aula il 28 aprile. Ancora, 27 aprile, audizione di Tirabassi e 6 maggio, con l'interrogatorio del manager Raffaele Mincione.