Cosa dire di fronte a questa tragedia? Una nuova assurda storia vera che va ben oltre la facoltà della fantasia di immaginare il male. Ancora una volta ci ritroviamo qui, di fronte a una notizia di cronaca che accende una tristezza profonda per Giada, una giovane mamma uccisa brutalmente e per il suo bambino di tre anni che si ritroverà con tante domande in testa per le quali nessuno potrà consolarlo davvero.
Ma per quanto sentiremo questa fitta nel cuore? Non sto parlando delle persone prossime a Giada, quelle che le hanno voluto bene e che ora piangono disperate per la sua dipartita ingiusta e improvvisa. Penso alle persone come me, che non hanno mai conosciuto questa famiglia, che ne hanno sentito parlare per la prima volta ora e che tra poco non ne sapranno più niente. I nostri sensi sono abituati a processare infinite informazioni, attorno a noi scorre un mare di vite che ci sfiorano appena. Tra queste ci sono però urli improvvisi. Notizie come queste che sono un pugno in pieno volto, specie per chi è madre e sa bene cosa vuol dire per un bambino di tre anni ritrovarsi senza genitori dalla sera alla mattina. Come si può tenere insieme questa atroce storia con la nostra vita? Come evitare che l’urlo di questo dolore non si dissolva in un oblio che non lascia traccia? Potremmo lasciarci guidare dalla rabbia, urlare, scrivere su qualche social tutto l’odio per il mostro che ha ucciso, che ha perpetuato una serie di violenze, prima silenti e segrete e poi estreme e mortali. E poi? La giustizia farà il suo corso ma il cambiamento deve essere capillare, deve diventare uno sforzo collettivo, deve arrivare in ogni angolo nascosto, nelle case dove non entra nessuno. Come ciascuno può diventare parte di questo cambiamento? Come onorare la storia di Giada per noi che concretamente non potremo fare molto per lei e per il suo bambino?
Voglio fissare tre chiodi nel mio cuore per non dimenticare Giada e tutte le altre persone uccise dalla follia del possesso e della violenza? Il primo è per ricordarmi di aprire gli occhi ogni volta che attorno a me qualcuno lancia una richiesta d’aiuto. Il secondo è per collaborare ogni giorno a costruire reti tra le persone, tra chi è genitore come me, tra uomini e donne, tra ragazzi, contribuire alla crescita di comunità che tengono insieme e si prendono cura dei loro membri. Il terzo chiodo è per promuovere l’educazione all’amore. Tra i giovani dilaga la paura e la diffidenza. Noi adulti dobbiamo essere testimoni credibili della bellezza dell’amore nonostante il male che invade il cuore di molti.
“Ma se d’improvviso ci guardassimo negli occhi avremmo fatto un buon uso, un uso semplice di noi e del mondo” concludo con una poesia di Franco Arminio, splendido esempio di come uno sguardo puro può aiutarci a costruire bellezza in ogni respiro. Che il ricordo di Giada illumini il nostro sguardo.