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mercoledì 30 aprile 2025
 
Convegno internazionale a Roma
 

Il futuro della Somalia

27/02/2014  Quali sono gli scenari attuali e le prospettive di sviluppo del Paese africano? E qual è il ruolo della cooperazione internazionale nella sua ricostruzione?

Il presidente somalo Hassan Sheik Mohamud
Il presidente somalo Hassan Sheik Mohamud

E' un momento cruciale per la Somalia. Dopo 20 anni di guerra civile che hanno devastato il Paese e provocato milioni di profughi, l'elezione democratica nel 2012 di un presidente, Hassan Sheik, e la ripresa delle relazioni internazionali con Usa e Ue, oltre che con Turchia e i Paesi del Golfo, lasciano intravedere segnali di speranza, in un quadro comunque ancora fortemente instabile e problematico.

Degli scenari attuali e delle prospettive di sviluppo si è discusso il 26 febbraio a Roma, in un convegno internazionale organizzato da CIR - Consiglio italiano per i rifugiati in collaborazione con SIOI - Società italiana per l’organizzazione internazionale, Associazione per l’aiuto alle donne e ai bambini somali e Camera di commercio italo somala. Particolare attenzione è stata riservata al ruolo che la cooperazione internazionale allo sviluppo e la diaspora somala nel mondo possono esercitare nella ripresa economica e sociale del Paese.

Inoltre, considerando i rapporti particolari tra l’Italia e la Somalia, il convegno ha voluto offrire una piattaforma per una presentazione pubblica dei programmi attuali e delle iniziative future del Governo italiano e della società civile, per appoggiare la democratizzazione e la ricostruzione. Sono state poi discusse alcune proposte per un ritorno temporaneo e graduale dei rifugiati somali, anche alla luce del recente Accordo tripartito tra UNHCR, Kenya e Somalia che ha stabilito il contesto legale per l’avvio di un progetto pilota, per favorire misure di ritorno volontario assistito in Somalia dei rifugiati presenti nei campi kenioti.

Militanti di Al-Shabaab: l'organizzazione terroristica controlla ancora vaste aree rurali nel Centro e nel Sud della Somalia
Militanti di Al-Shabaab: l'organizzazione terroristica controlla ancora vaste aree rurali nel Centro e nel Sud della Somalia

La situazione politica e il problema sicurezza

Nel settembre 2012 il professore a attivista per i diritti umani Hassan Sheik è diventato il primo presidente eletto in Somalia dallo scoppio del conflitto nel 1991; la sua elezione ha segnato inoltre una netta cesura con il Transitional Federal Government, insediatosi nel 2004, a più riprese accusato di corruzione e incapace di normalizzare il Paese. Il nuovo presidente ha indicato quali saranno i perni attorno i quali ruoterà il suo mandato: stabilità e rispetto della legge, ripresa economica, peace building, servizi alla popolazione, unità nazionale e relazioni internazionali.

La presenza di 17 mila caschi verdi dell'AMISOM, la missione dell'Unione africana sotto mandato dell'Onu, ha permesso di ripristinare condizioni minime di sicurezza nell'area di Mogadiscio. Eppure all'inizio dell'anno Al-Shabaab, l'organizzazione terroristica islamista legata ad Al-Qaida, è tornata a seminare morte nella capitale: il 1° gennaio due autobombe sono esplose vicino al quartier generale delle Nazioni Unite, provocando almeno 11 morti, mentre lo scorso 13 febbraio un'altra esplosione all'aeroporto ha causato almeno 6 morti.

D'altra parte, l'UNHCR continua a classificare la situazione somala come "conflitto armato non internazionale". A fronte di un relativo miglioramento delle condizioni di sicurezza, scontri armati continuano a verificarsi nella zona esterna di Mogadiscio e Al-Shabaab controlla ancora vaste aree rurali nel Centrosud del Paese, dove viene imposta una rigida interpretazione della Sharia, la legge islamica, e si verificano costanti violazioni dei diritti umani.

Una rifugiata somala con il suo bambino a Linoi, in Kenya
Una rifugiata somala con il suo bambino a Linoi, in Kenya

Sfollati, rifugiati e diaspora

  

Scontri armati, violazioni dei diritti umani, insicurezza generalizzata ma anche carestie, siccità e alluvioni hanno provocato e provocano tuttora consistenti flussi di allontanamenti forzati della popolazione: al 1° ottobre 2013 il numero totale degli sfollati interni è stato quantificato in 893 mila persone. Sempre nel corso del 2013, 21 mila somali hanno chiesto asilo nei Paesi limitrofi (Etiopia, Yemen, Kenya e Gibuti) e altrettanti lo hanno ottenuto in 44 Paesi industrializzati del mondo.

Il 10 novembre 2013, come accennato in precedenza, è stato siglato un accordo tra Somalia, Kenya e UNHCR per favorire misure di ritorno volontario assistito dei rifugiati somali nei campi kenioti, in particolare nel campo di Dadaab, il più popolato ed esteso al mondo, arrivato a ospitare fino a mezzo milione di persone. Grazie a questo accordo, da novembre a gennaio 2014 33 mila rifugiati sono rientrati in Somalia.

Dopo un ventennio di crisi politica e di carestie, oggi le Nazioni Unite stimano che almeno 1 milione di persone abbia lasciato la Somalia e viva al di fuori del Paese, pur mantendendo stretti legami con la madrepatria: è la diaspora somala. Nonostante un processo di integrazione inizialmente difficoltoso per i rifugiati all'estero, in particolar modo per quanto riguarda la dimensione lavorativa, la comunità somala riesce a inserirsi meglio di altre nel tessuto sociale della comunità ospitante, acquisendo così una considerevole capacità di sostenere economicamente e politicamente la madrepatria.

L'ammontare delle rimesse lo dimostra chiaramente: dal 1991 a oggi hanno raggiunto la cifra di 11 miliardi di dollari, superando quella degli aiuti umanitari internazionali. Ciò ha reso la Somalia il quarto Paese al mondo maggiormente dipendente dalla rimesse dei parenti all'estero. Di fatto, le rimesse sono la voce più consistente del Pil somalo: ogni anno arrivano in Somalia dagli espatriati tra 1 e 2 milioni di dollari e circa il 40 per cento delle famiglie in Somalia è dipendente dalle rimesse per il proprio sostentamento.

La situazione generale del Paese, quindi, è ancora fortemente contraddittoria e incerta. Segnali e possibilità di ripresa, però, esistono e resistono. Dopo 20 anni di sangue, la stessa possibilità di avere un futuro, per la Somalia è una conquista.

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