L'altro giorno ho assistito a una bruttissima scena: durante la vacanza in famiglia, mio cognato si è infuriato con suo figlio di 17 anni per una risposta offensiva e lo ha preso a pugni e a calci. Io ero senza parole e non sapevo che cosa fare.
Purtroppo mio marito, che è suo fratello, non era presente. Ho provato a dire di smettere, ma lui era in preda a una rabbia incontenibile. Il ragazzo piangeva e cercava di difendersi, ma mio cognato è più grande e forte. E sua moglie, anziché fermarlo, rincarava la dose.
Elena
Risposta di Fabrizio Fantoni
Cara Elena,
quando si parla di violenze domestiche non bisogna pensare solo a eventi con drammatiche conseguenze fisiche. La vicenda che ci racconti, cara Elena, rappresenta bene questa aggressività cieca e distruttiva, più diffusa di quanto si pensi, e che lascia cicatrici dolorose, difficilmente guaribili.
Probabilmente, il papà del ragazzo potrebbe raccontare a sua discolpa una precedente vicenda di provocazioni da parte del figlio, fatta di parole e di comportamenti oppositivi. Ma nulla può giustificare una simile perdita di controllo da parte di un adulto. Le pesanti conseguenze di questi gesti non sono tanto i segni delle percosse sul corpo, ma quelli che ledono il legame affettivo tra figlio e genitore e danneggiano la fiducia del ragazzo verso il padre.
Inoltre, un simile comportamento non è imitabile: un adolescente non deve sentirsi legittimato a compiere analoghi gesti di sopraffazione fisica. Occorre tentare di ricucire il rapporto al più presto e in modo onesto. C’è da sperare che il padre e, in questo caso, anche la madre, mettano da parte il loro orgoglio per scusarsi con il figlio, riconoscendo i propri errori, senza farsi scudo delle mancanze del ragazzo. E accettino che il dolore dell’adolescente possa richiedere tempi lunghi per rimarginarsi.