«Vorrei ribadire e confermare che l’unico padrone della vita dall'inizio alla fine naturale è Dio. È nostro dovere fare di tutto per custodire la vita». Dopo il tweet dal suo account @Pontifex e la preghiera durante il Regina Coeli di domenica scorsa, papa Francesco torna a lanciare un appello al termine dell'udienza generale per il piccolo Alfie Evans, il bambino inglese di 23 mesi ricoverato nell’Arder Hey Hospital di Liverpool per un morbo neurologico degenerativo al quale potrebbe essere presto staccata la spina secondo quanto disposto dai giudici inglesi contro la volontà dei genitori, Tom e Kate, rispettivamente 21 e 20 anni, che si oppongono disperatamente all'esecuzione della sentenza.
L'ospedale Bambino Gesù di Roma si è più volte detto disponibile ad accogliere il bambino per assisterlo e accompagnarlo alla sua morte naturale. Prima dell'udienza generale, attorno alle 9, papa Francesco a Santa Marta ha incontrato privatamente Thomas Evans, il giovane papà di Alfie. Thomas, giunto da Londra a Roma appositamente per questo incontro, sta cercando di evitare che venga eseguita la sentenza della Corte di Londra. Il giovane papà ha informato il Pontefice della situazione e sul suo profilo social ha pubblicato un paio di foto, che documentano l'incontro, accompagnate dal commento: «Alfie faremo qualsiasi cosa per te. Tu non stai morendo e perciò non permetteremo che ti tolgano la vita. Santità, salvi il nostro figlio». Il papà di Alfie scrive ancora di «non aver dormito, non aver mangiato e non essersi messo la cravatta né preparato» e di essere «saltato ieri sera su un aereo per venire a Roma e incontrare il Papa».
«Non potete controllare ogni aspetto della vita delle persone»
Per la vita di Alfie sono ore decisive. I suoi genitori hanno chiesto questo all’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool di portare Alfie all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, una delle eccellenze pediatriche a livello internazionale. I medici inglesi però hanno sempre rifiutato il trasferimento del bambino: secondo loro il massimo interesse di Alfie è morire, e per questo ritengono necessario che gli sia interrotta la ventilazione artificiale, che finora gli ha consentito di respirare. I tribunali inglesi e la Corte europea per i diritti umani hanno dichiarato legittima la loro decisione, fino all’ultima udienza di lunedì 16 aprile.
Alfie, nato sano il 9 maggio 2016, aveva due mesi quando Tom e Kate (19 e 18 anni, all’epoca) si accorgono che c’è qualcosa che non va. A sei mesi mostrava già un ritardo nello sviluppo, ma è stata una bronchite che, nel dicembre successivo, lo ha fatto entrare nell’ospedale da cui non è riuscito più a uscire. Le sue condizioni sono drasticamente peggiorate per via di una malattia neurodegenerativa a oggi sconosciuta, che secondo tutti i medici che lo hanno visitato lo porterà alla morte.
Quando erano ormai stabilite data, ora e modalità per la morte di Alfie, i suoi genitori hanno compiuto una protesta durissima: giovedì scorso sono andati a riprendersi il figlio, fisicamente, all’Alder Hey, con un ambulanza privata ed équipe medica, e con un parere legale con cui i propri avvocati dichiaravano il diritto a portare via il piccolo. I due giovani genitori sono stati bloccati dalla polizia nel reparto di terapia intensiva dove è ricoverato Alfie e hanno ripreso la scena. Sono diventati immediatamente virali i video dei poliziotti che piantonavano la corsia e di Thomas che mostrava suo figlio nella stanza e che chiedeva di portarlo via, in un altro ospedale, perché non fosse fatto morire.
Nella drammatica udienza del 16 aprile, l’avvocato degli Evans ha gridato ai giudici: «Non potete controllare ogni aspetto della vita delle persone», dopo aver invocato per Alfie, invano, l’«Habeas corpus», l’antico diritto all’inviolabilità delle persone. I giudici hanno risposto che quel che conta è l’interesse supremo del bambino, e non sono i genitori a deciderlo. È lo Stato britannico che per Alfie, come per Charlie Gard, ha deciso che deve morire. Contro la volontà dei suoi stessi genitori.