Danzano nei costumi tradizionali. Il Papa li guarda e sorride compiaciuto. I bambini della Caritas Technical Secondary School gestito dai fratelli delle scuole cristiane e diretto dalle suore della carità di Gesù. I piccoli di Street Ministry (che raccoglie bambini di strada) e di Callan Services (che si occupa di piccoli disabili) chiedono al Papa perché devono soffrire così, con i loro handicap, e non sono come gli altri e perché sono stati abbandonati e hanno fatto esperienza della povertà. Non solo, domandano al Pontefice come possono, con i loro limiti, rendere più bello il mondo.
Papa Francesco non si sottrae al dialogo. Li incoraggia a ricnrdare che «nessuno di noi è come gli altri, siamo tutti unici davanti a Dio», e a sperare. Perché, sottolinea «c'è speranza per tutti. Ciascuno di noi nel mondo ha una missione che nessun altro può svolgere e, anche se comporta fatiche, dona un mare di gioia, in modo diverso in ogni persona». E anche se «tutti abbiamo i nostri limiti, se ci sono cose che sappiamo fare meglio e altre in cui facciamo fatica, non è questo che determina la nostra felicità. Ma è l'amore che mettiamo in qualunque cosa facciano. È questa la cosa più bella, più importante della nostra vita, in qualunque condizione e per qualsiasi persona, anche per il Papa. La nostra gioia dipende dall'amore. E la pace e la gioia sono per tutti».
Tutti, inoltre, sono chiamati a rendere più felice il mondo e questo lo si può fare «imparando ad amare Dio e gli altri con tutto il cuore e cercando di apprendere, anche a scuola, tutto quello che possiamo per farlo nel modo migliore, studiando e impegnandosi al massimo per ogni opportunità che ci viene offerta per crescere. Bisogna concentrare tutte le nostre forze sulla meta che è l'amore di Gesù e, in Lui, per tutti i fratelli e le sorelle che incontriamo sulla nostra strada, e poi riempire tutto e tutti con il nostro affetto». E dunque, conclude, «Nessuno di noi è di peso, tutti siamo doni bellissimi di Dio, un tesoro per noi e per gli altri».