Maria Sabrina Tedeschi.
«Il vino è un dono di Dio. E come tutti i doni dobbiamo averne cura perché è affidato alla sensibilità di ciascuno di noi. Quanta verità nelle parole di papa Francesco, che ha parlato al nostro cuore con grande semplicità, richiamando l’esempio di San Francesco di Assisi e facendoci riflettere sul fatto che cambiano le epoche ma i valori, l’essenziale no. Di questo essenziale dobbiamo esser custodi in un lavoro che quotidianamente ci insegna la vita». A parlare è Maria Sabrina Tedeschi, alla guida insieme ai fratelli Antonietta e Riccardo di una delle aziende più antiche della Valpolicella. Ieri l’incontro con il Pontefice, che lunedì 22 gennaio in udienza privata, nell’ambito del convegno organizzato da Vinitaly sul tema L’economia di Francesco e il mondo del vino italiano, ha ricevuto una delegazione di oltre cento produttori vincoli e dei rappresentanti delle associazioni di settore al seguito dei vertici di Veronafiere.
«Ognuno di noi cerca di fare il meglio possibile. Ringrazio il Santo Padre perché ha riportato in luce un prodotto che ultimamente era stato travolto da una comunicazione a tratti allarmistica. Elevandone il valore. Il vino è parte della cultura italiana e contribuisce a far festa, a tal proposito è stato ricordato l’esempio delle nozze di Cana. Il nostro compito di produttori è, quindi, di valorizzarlo al meglio. Per riuscirci dobbiamo essere sostenibili nella sua produzione, ricordandoci che la sostenibilità è uno stile di vita, e avere rispetto verso l’ambiente per assicurare alle future generazioni luoghi migliori di come li abbiamo trovati. Il Papa ci ha chiesto di comportarci in modo etico rispettando le persone che lavorano con noi e per noi». Un’altra questione centrale, ribadita anche da monsignor Martino Signoretto, continua la produttrice vinicola, è «l’importanza di diffondere la cultura del vino educando a berlo in quantità moderate. Il rispetto è bidirezionale: del produttore verso il consumatore nel produrlo con etica e del consumatore verso il produttore nel capirlo e gustarlo, non nel prendersi una sbornia. Il vino deve ‘cogliere’ il consumatore non aggredirlo».
Altro punto fondamentale è la qualità, che non necessariamente coincide con un prodotto molto costoso. «Il Papa ci ha esortati a renderlo fruibile a tutti». Ci tiene a ribadire: «Quello di ieri è stato un incontro straordinario, formativo. E l’emozione talmente forte che oggi in azienda mi sembra di essere stata via per più giorni».
Papa Francesco, in linea con la Laudato sì, la sua seconda enciclica sulla cura della casa comune, ha fatto riflettere il mondo del vino sugli aspetti etici e sulle responsabilità morali della professione arrivando al nocciolo: non basta l’applicazione di tecniche industriali e di logiche commerciali. Rispetto e umanità servono per far maturare a livello di singoli e di aziende quella capacità di “auto-trascendersi, infrangendo la coscienza isolata e l’autoreferenzialità”, che “rende possibile ogni cura per gli altri e per l’ambiente”.
Il Santo Padre ha citato, quindi, la Lettera di Giacomo: “Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge” (Gc 5,7). Per poi richiamare Gesù, che nell’ultima immagine lasciata ai discepoli parla del Padre come di un agricoltore che si prende cura della vite, potandola e facendo così in modo che porti buon frutto (cfr Gv 15,1-6).
In azienda a essere tramandate, di generazione in generazione ormai da quattro secoli, non sono solo le nozioni tecniche. “Come ha ben detto il Santo Padre il sapere scolastico non può bastare. Mio papà Lorenzo, che ha 90 anni, e mia mamma Bruna, di 88, con questo lavoro hanno trasmesso a noi figli una vita sana il cui motore, il più potente, è stato ed è l’amore, che va oltre i libri ed è alla base di tutto quello che facciamo. Ma la vera, quotidiana maestra è Madre Natura, che a volte è bellissima e generosa, a volte difficile. E questo cerco di ricordarlo sempre alle mie figlie, Chiara e Francesca”, spiega. “La nostra filosofia di lavoro si basa da sempre su due virtù che ha menzionato anche papa Francesco: la prima è la pazienza per affrontare l’attesa necessaria in vigna e in cantina e che accompagna la passione per la nostra terra e per i luoghi in cui viviamo, la seconda la dedizione che per noi significa attenzione al dettaglio e alle attitudini della materia prima, l’uva. Nel nostro territorio della Valpolicella la pazienza, tra appassimento delle uve e affinamento, è uno dei valori che dobbiamo fare nostro. Il rispetto dei cicli della natura, la costanza a svolgere un lavoro silenzioso, la capacità di potare, fondamentale per assicurare alla vite la capacità di rigenerarsi e garantire un buon equilibrio tra qualità e quantità di uva prodotta, ci insegnano che non si ottengono risultati, quindi il frutto, senza sacrifici”. Conclude: “Ho visto un Papa che fatica a portare avanti il suo cammino e che nonostante tutto si è speso per noi, per incontrarci, per lanciarci dei messaggi. Ci ha dedicato il suo tempo. Cos’è il rispetto? Anche questo”.
Di seguito il testo integrale del discorso del Papa ai produttori di Vinataly:
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Vi do il benvenuto, saluto Mons. Pompili e ciascuno di voi. Siete qui in occasione del Convegno che Vinitaly ha organizzato sul tema “L’economia di Francesco e il mondo del vino italiano”. Per numero di aziende coinvolte, qualità di produzione e impatto occupazionale, la vostra è certamente una realtà significativa, sia sulla scena vinicola italiana che internazionale, ed è dunque bene che vi ritroviate a riflettere insieme sugli aspetti etici e sulle responsabilità morali che tutto ciò comporta, e che in questo traiate ispirazione dal Poverello di Assisi. Le linee fondamentali su cui avete scelto di muovervi – attenzione all’ambiente, al lavoro e a sane abitudini di consumo – indicano un atteggiamento incentrato sul rispetto, a vari livelli. E il rispetto, nel vostro lavoro, è certamente fondamentale: per un prodotto di qualità, infatti, non basta l’applicazione di tecniche industriali e di logiche commerciali; la terra, la vite, i processi di coltivazione, fermentazione e stagionatura richiedono costanza, richiedono attenzione e richiedono pazienza. La sacra Scrittura stessa parla di questi temi. Viene in mente la Lettera di Giacomo, che dice: «Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge» (Gc 5,7). E penso soprattutto a Gesù, il quale, nell’ultima immagine che lascia ai suoi discepoli, parla del Padre come di un agricoltore, che si prende cura della vite, potandola e facendo così in modo che porti buon frutto (cfr Gv 15,1-6). Rispetto, costanza, capacità di potare per portare frutto: sono messaggi preziosi per l’anima, che ben si apprendono dai ritmi della natura, dai vitigni e dalla lavorazione. Essa comporta un’infinità di competenze, solo in parte trasmissibili in modo tecnico, “scolastico”, spesso invece legate alla condivisione di una sapienza pratica, di vita, a un’esperienza specifica da acquisire sul campo, in modo tanto più proficuo, quanto più ci si lascia coinvolgere dalla dimensione umana di ciò che si fa. E se il rispetto e l’umanità valgono nell’uso della terra, sono ancora più decisivi nella gestione del lavoro, nella tutela delle persone e nel consumo dei prodotti, per far maturare, a livello di singoli e di aziende, quella capacità di «auto-trascendersi, infrangendo la coscienza isolata e l’autoreferenzialità», che «rende possibile ogni cura per gli altri e per l’ambiente», considerando «l’impatto provocato da ogni azione e da ogni decisione personale al di fuori di sé» (Lett. enc. Laudato si’, 208). Infatti, la «cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri» (ivi, 70). Cari amici, il vino, la terra, l’abilità agricola e l’attività imprenditoriale sono doni di Dio, ma non dimentichiamo che il Creatore li ha affidati a noi, alla nostra sensibilità e alla nostra onestà, perché ne facciamo, come dice la Scrittura, una vera fonte di gioia per «il cuore dell’uomo» (cfr Sal 104,15), e di ogni uomo, non solo di quelli che hanno più possibilità. Grazie allora per aver scelto di ispirare la vostra attività a sentimenti di concordia, aiuto ai più deboli e rispetto per il creato, sull’esempio di Francesco di Assisi. In lui vi benedico e vi auguro, nel suo stile, “pace e bene”. Grazie.