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Elogia il lavoro sul campo dei giornalisti: «Dobbiamo dire grazie al coraggio e all'impegno di tanti professionisti - giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi - se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate». «Sarebbe una perdita non solo per l'informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità».
Avverte che «la crisi dell'editoria rischia di portare a un'informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più consumare le suole delle scarpe, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni». E ricorda che “andare e vedere” è anche “il metodo di ogni autentica comunicazione umana”.
Alla vigilia della festa di San Francesco di Sales, patrono di giornalisti e comunicatori, papa Francesco ha diffuso il suo Messaggio per la 55.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali che si svolge il 16 maggio sul tema “«Vieni e vedi» (Gv 1,46). Una Giornata celebrata per la prima volta nel 1967. Porta dunque la firma di Paolo VI il primo testo di un Pontefice per tale occasione. L’appuntamento annuale di preghiera e di impegno per le comunicazioni sociali era stato introdotto nella Chiesa dal Concilio Vaticano II, con il decreto Inter mirifica.
Francesco tocca diversi temi, dalle fake news ai vaccini: «Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere». E mette in guardia sui «rischi di una comunicazione sociale priva di verifiche», in cui «le notizie e persino le immagini sono facilmente manipolabili», «anche solo per banale narcisismo». Senza «demonizzare lo strumento», occorrono «una maggiore capacità di discernimento» e «un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti». Parlando delle «opportunità e insidie nel web» il Papa sottolinea che «la rete, con le sue innumerevoli espressioni social, può moltiplicare la capacità di racconto e di condivisione: tanti occhi in più aperti sul mondo, un flusso continuo di immagini e testimonianze».
«La tecnologia digitale - prosegue - ci dà la possibilità di una informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile: pensiamo a certe emergenze in occasione delle quali le prime notizie e anche le prime comunicazioni di servizio alle popolazioni viaggiano proprio sul web». «È uno strumento formidabile - aggiunge -, che ci responsabilizza tutti come utenti e come fruitori. Potenzialmente tutti possiamo diventare testimoni di eventi che altrimenti sarebbero trascurati dai media tradizionali, dare un nostro contributo civile, far emergere più storie, anche positive - conclude -. Grazie alla rete abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze».
«Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona»
Il Papa ricorda che «Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona. Alcune cose si possono imparare solo facendone esperienza. Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti», spiega, «la parola è efficace solo se si “vede”, solo se ti coinvolge in un'esperienza, in un dialogo. Per questo motivo il 'vieni e vedi era ed è essenziale. Pensiamo a quanta eloquenza vuota abbonda anche nel nostro tempo, in ogni ambito della vita pubblica, nel commercio come nella politica».
Rivolgendosi a tutti gli operatori della comunicazione Bergoglio ricorda che «per poter raccontare la verità della vita che si fa storia è necessario uscire dalla comoda presunzione del “già saputo” e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto», scrive, «desidero quindi dedicare il Messaggio, quest'anno, alla chiamata a “venire e vedere”- spiega il Pontefice -, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. “Vieni e vedi” è il modo con cui la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea».
Sul tema dell’informazione, il Papa fa sua la preoccupazione già denunciata da chi lamenta «da tempo il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell'inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società». E aggiunge: «Se non ci apriamo all'incontro rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi». «Ogni strumento è utile - sottolinea ancora Francesco - e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero». Per il Papa, «il “vieni e vedi” è il metodo più semplice per conoscere una realtà. È la verifica più onesta di ogni annuncio, perché per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga».
Infine, Francesco, come già aveva fatto nel Messaggio Urbi et Orbi di Natale, mette in guardia da disuguaglianze nella campagna vaccinale in atto: «Pensiamo alla questione dei vaccini, come delle cure mediche in genere, al rischio di esclusione delle popolazioni più indigenti», spiega, «chi ci racconterà l'attesa di guarigione nei villaggi più poveri dell'Asia, dell'America Latina e dell'Africa. Così le differenze sociali ed economiche a livello planetario rischiano di segnare l'ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid. Con i poveri sempre ultimi e il diritto alla salute per tutti, affermato in linea di principio, svuotato della sua reale valenza. Ma anche nel mondo dei più fortunati - aggiunge Francesco - il dramma sociale delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta in gran parte nascosto: feriscono e non fanno troppa notizia le persone che, vincendo la vergogna, fanno la fila davanti ai centri Caritas per ricevere un pacco di viveri».





