«Dovunque c’è la guerra, noi vogliamo la pace». All’udienza generale in piazza San Pietro, papa Francesco rinnova il suo appello a pregare per la pace e a invocare il Signore «in modo speciale per la martoriata Ucraina, che soffre tanto» e poi per la pace e «in Terra Santa, Palestina. Israele e non dimentichiamo il Sudan che soffre tanto». Ci sono tante guerre, prosegue il Papa nei saluti finali, «e ogni giorno qualcuno si prenda tempo per pregare per la pace».
Nella catechesi, Bergoglio si sofferma sulla gioia, motore autentico dell’evangelizzazione. Dopo la presentazione mercoledì scorso della mistica francese Madeleine Delbrêl, il Papa invita a soffermarsi su quattro punti che sintetizzano il percorso fatto ricavandoli dall'esortazione apostolica Evangelii gaudium, pubblicata 10 anni fa.
«Un cristiano scontento, triste, insoddisfatto o, peggio ancora, risentito e rancoroso non è credibile», ha detto Francesco, «parlerà di Gesù ma nessuno lo crederà. Una volta mi diceva una persona, parlando di questi cristiani, che sono cristiani con la faccia di baccalà, non esprimono niente», ha proseguito tornando a sottolineare che «il Vangelo non è una ideologia, è un annuncio, un annuncio di gioia. Il Vangelo ha il calore della gioia, le ideologie non sanno sorridere. Il Vangelo è un sorriso, ti tocca l'anima con la buona notizia. È essenziale», avverte, «vigilare sui nostri sentimenti. L’evangelizzazione opera nella gratuità perché viene dalla pienezza, non dalla pressione. E quando si fa un’evangelizzazione – si vuole fare ma questo non va – in base a ideologie, questo non è evangelizzare, questo non è il Vangelo».
Il Papa cita l’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus i quali «dalla gioia non potevano credere», e ai discepoli nel Cenacolo che «non potevano credere dalla gioia» vedendo Gesù risorto. Il Papa ribadisce: «L’incontro con Gesù sempre ti porta la gioia e se questo non succede a te, non è un vero incontro con Gesù. I primi a dover essere evangelizzati siamo noi cristiani: siamo noi. Immersi nel clima veloce e confuso di oggi, pure noi, infatti, potremmo trovarci a vivere la fede con un sottile senso di rinuncia, persuasi che per il Vangelo non ci sia più ascolto e che non valga più la pena impegnarsi per annunciarlo. Potremmo addirittura esser tentati dall’idea di lasciare che “gli altri” vadano per la loro strada. Invece proprio questo è il momento di ritornare al Vangelo per scoprire che Cristo è sempre giovane, è sempre fonte costante di novità».
Il Vangelo, sottolinea il Pontefice, «è atteso anche oggi: l’uomo di oggi è come l'uomo di ogni tempo: ne ha bisogno, anche la civiltà dell’incredulità programmata e della secolarità istituzionalizzata; anzi, soprattutto la società che lascia deserti gli spazi del senso religioso, ha bisogno di Gesù. Questo è il momento favorevole all’annuncio di Gesù».
E invita a fare una esame di coscienza: «Ognuno di noi oggi si prenda un pochettino di tempo e pensi: “Gesù, Tu sei dentro di me: io voglio incontrarTi tutti i giorni. Tu sei una Persona, non sei un’idea; Tu sei un compagno di cammino, non sei un programma. Tu sei Amore che risolve tanti problemi. Tu sei l’inizio dell’evangelizzazione. Tu, Gesù, sei la fonte della gioia».
Al termine della catechesi, rivolgendosi ai fedeli italiani, Francesco ha salutato l’Associazione Volontari Italiani del Sangue, sottolineando «il valore etico della donazione del sangue: un gesto che aiuta a salvare tante vite umane».
Accogliendo poi con affetto gli scout dell'Agesci di Foligno, insieme con i ministranti e il gruppo della pastorale vocazionale, accompagnati dalle famiglie, ha esortato soprattutto i ragazzi «ad essere coraggiosi protagonisti negli ambienti in cui vivete. Siate soprattutto gioiosi testimoni del Vangelo - è stato il suo invito - costruttori di ponti e mai di muri, mai».
Salutando ancora i tanti giovani presenti, in particolare «il folto gruppo» dell’Istituto “Miraglia” di Lauria, il Pontefice ha sottolineato che «Le ultime settimane dell’anno liturgico ci invitano al senso della speranza cristiana. In questa prospettiva vi invito a cogliere sempre il significato e il valore delle esperienze quotidiane e anche delle prove, pensando che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”».