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domenica 15 settembre 2024
 
IL PAPA
 

«La guerra distrugge non solo gli sconfitti ma anche i vincitori»

23/04/2022  «Le lacrime di Maria», ha detto Francesco a un gruppo di pellegrini, «sono un segno del pianto di Dio per le vittime della guerra che sta distruggendo non solo l'Ucraina, ma tutti i popoli coinvolti nella guerra: perché la guerra distrugge non solo il popolo sconfitto, distrugge anche il vincitore, e chi guarda con occhi superficiali. La guerra distrugge tutti». E invita i giovani missionari ad annunciare il Vangelo «con il sorriso del cuore e non con la tristezza»

Lo stile della missione e una riflessione sulla guerra in Ucraina a partire dalle lacrime della Vergine Maria. Papa Francesco sabato mattina ha incontrato in udienza i partecipanti al VI Convegno Missionario Giovanile, promosso dalla Fondazione Missio della Conferenza episcopale italiana e poi i partecipanti al pellegrinaggio della Comunità pastorale Madonna delle Lacrime di Treviglio: «Le lacrime di Maria», ha detto, «sono un segno del pianto di Dio per le vittime della guerra che sta distruggendo non solo l'Ucraina, ma tutti i popoli coinvolti nella guerra: perché la guerra distrugge non solo il popolo sconfitto, distrugge anche il vincitore, e chi guarda con occhi superficiali. La guerra distrugge tutti. Al suo Cuore immacolato abbiamo affidato la nostra supplica, e siamo certi che la Madre l'ha accolta e intercede per la pace, lei che è la Regina della Pace».

Francesco ha ricordato che quello di Treviglio «non è l'unico Santuario intitolato alla Madonna delle Lacrime. Viene in mente subito quello di Siracusa; ma il vostro è molto più antico, si celebrano i cinquecento anni. Poi è celebre il pianto della Vergine nell'apparizione a La Salette. Quando Maria piange, le sue lacrime sono segno della compassione di Dio, Dio ha compassione per noi, sempre, e Dio vuole perdonarci - vi ricordo una cosa, Dio perdona sempre, siamo noi a stancarci di chiedere il perdono -, sono un segno del dolore di Cristo per i nostri peccati, per il male che affligge l'umanità, specialmente i piccoli, gli innocenti, che sono coloro che soffrono».

«Io credo che noi, il nostro tempo, parlo in genere - ha continuato il Papa a braccio - abbiamo perso l'abitudine di piangere bene. Forse piangiamo quando c'è un successo che ci tocca, o quando tagliamo la cipolla. Ma manca il pianto che viene dal cuore, il pianto vero, come quello di Pietro quando si pentì, come quello della Madonna: la nostra civiltà, i nostri tempi hanno perso il tempo del pianto, e noi dobbiamo chiedere la grazia di piangere, davanti alle cose che vediamo, davanti all'uso che si fa dell'umanità».

«Non solo le guerre ma lo scarto, i vecchi scartati, i bambini scartati anche prima di nascere, tanti drammi di scarto - ha osservato Francesco -. Un povero lì e non ha da vivere, scartato, le piazze, le strade piene di senza dimora fissa, le miserie del nostro tempo dovrebbero farci piangere e noi abbiamo bisogno di piangere (...). Per favore, chiediamo la grazia di piangere, tutti». Secondo il Pontefice, «dobbiamo lasciarci intenerire, lasciarci commuovere dalle ferite di chi incontriamo lungo il cammino; saper condividere, saper accogliere, saper gioire con chi gioisce e piangere con chi piange»

«L'annunzio va fatto con il sorriso, non con la tristezza»

  

Francesco ha anche incontrato i partecipanti al VI Convegno Missionario Giovanile che si svolge fino al 25 aprile presso la Fraterna Domus di Sacrofano (Roma). «Vi saluto con una frase di Sant'Oscar Romero: “Quanto più un uomo è felice, tanto più si manifesta in lui la gloria di Cristo”. Vi auguro di essere missionari di gioia, missionari di amore. L'annuncio va fatto col sorriso, non con la tristezza», ha detto Francesco che ha aggiunto: «San Paolo VI, nell'Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, verso la fine, dice che è una cosa brutta vedere evangelizzatori tristi, melanconici: leggete questo. Verso la fine, le ultime due pagine: la descrizione dell'evangelizzatore forte, del missionario, e di quelli che sono tristi dentro di sé, che sono incapaci di dare vita agli altri. Per questo vi auguro di essere missionari di gioia e di amore».

Bergoglio ha ribadito più volte che «l'annuncio va fatto con il sorriso: ma non con il sorriso professionale, o quello che fa la pubblicità del dentifricio, no, con quello non va. Quello non serve. L'annuncio va fatto con il sorriso, ma con il sorriso di cuore, e non con la tristezza. Condividete sempre la Buona Notizia e vi sentirete felici», ha proseguito.

Il Papa ha esortato anche i presenti a non dimenticare «questi tre verbi: “rialzarsi” dalla propria sedentarietà, per “prendersi cura” dei fratelli e “testimoniare” il Vangelo della gioia». In particolare, a proposito del «prendersi cura», ha invitato a «vivere la carità in modo dinamico e intelligente. Oggi abbiamo bisogno di persone, in particolare di giovani, che abbiano occhi per vedere le necessità dei più deboli e un cuore grande che li renda capaci di spendersi totalmente», ha sottolineato. «Anche voi siete chiamati a mettere a frutto le vostre competenze e mettere a servizio la vostra intelligenza, per organizzare la carità con progetti di ampio respiro - ha aggiunto Francesco -. Oggi tocca a voi, ma non siete i primi! Quanti missionari “buoni samaritani” hanno vissuto la missione prendendosi cura dei fratelli e delle sorelle feriti lungo la strada!. Sulle loro orme, con lo stile e le modalità adatte al nostro tempo, adesso tocca a voi realizzare una carità discreta ed efficace, una carità fantasiosa e intelligente, non episodica ma continua nel tempo, capace di accompagnare le persone nel loro cammino di guarigione e di crescita».

Il Pontefice ha ricordato che questo incontro è «anche un’occasione preziosa per festeggiare il cinquantesimo anniversario della nascita del Movimento giovanile missionario delle Pontificie Opere Missionarie, oggi “Missio Giovani”. È una ricorrenza importante per voi giovani missionari: un’opportunità per fare memoria di quello che è stato posto a fondamento della nascita di questo Movimento. E dalla rilettura della sua storia e nella fedeltà ad essa troverete la spinta per un nuovo slancio missionario da vivere giorno dopo giorno. La missione è così: giorno dopo giorno, non è una volta per sempre, no, si deve vivere ogni giorno». Francesco ha ricordato che «ogni cristiano, battezzato in acqua e Spirito Santo, è chiamato a vivere come immerso in una Pasqua perenne e quindi a vivere da risorto. Non vivere come un morto, vivere da risorto! Questo dono non è per noi soltanto, ma è destinato ad essere condiviso con tutti».

La missione, ha esortato, «non può non essere motivata dall’entusiasmo di poter finalmente condividere questa felicità con gli altri. Un’esperienza della fede bella e arricchente, che sa anche affrontare le inevitabili resistenze della vita, diventa quasi naturalmente convincente. Quando qualcuno racconta il Vangelo con la propria vita, questo fa breccia nei cuori anche più duri. Per questo vi affido l’ultimo verbo del missionario cristiano: testimonia con la tua vita. E quello che non dà testimonianza con la vita, che fa finta… è come uno che ha qualche assegno in mano ma non mette la firma. “Ti regalo questo”: non serve a nulla. Testimoniare è mettere la firma sulle proprie ricchezze, sulle proprie qualità, sulla propria vocazione. Per favore, ragazzi e ragazze, mettete la firma, sempre! Mettete il vostro cuore lì».

 
 
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