«L’atteggiamento più pericoloso di ogni vita cristiana è l’orgoglio. È l’atteggiamento di chi si pone davanti a Dio pensando di avere sempre i conti in ordine con Lui: l’orgoglioso crede che ha tutto al suo posto. Come quel fariseo della parabola, che nel tempio pensa di pregare ma in realtà loda sé stesso davanti a Dio». Papa Francesco all’udienza generale continua la catechesi sul Padre Nostro soffermandosi, in particolare, sulla frase: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
«Come abbiamo bisogno del pane, così abbiamo bisogno del perdono. E questo, ogni giorno», dice Francesco, «fossimo anche persone perfette, fossimo anche dei santi cristallini, siamo debitori al Padre di tutto». Per questo il Pontefice mette in guardia la «gente che si sente perfetta, la gente che critica gli altri, è gente orgogliosa. Nessuno di noi è perfetto, nessuno. Al contrario», nota, «il pubblicano, che era dietro, nel tempio, un peccatore disprezzato da tutti, si ferma sulla soglia del tempio, e non si sente degno di entrare, e si affida alla misericordia di Dio. E Gesù commenta: “Questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato” (Lc 18,14), cioè perdonato, salvato. Perché? Perché non era orgoglioso, perché riconosceva i suoi limiti e i suoi peccati».
Francesco ricorda che «ci sono peccati che si vedono e peccati che non si vedono. Ci sono peccati eclatanti che fanno rumore, ma ci sono anche peccati subdoli, che si annidano nel cuore senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Il peggiore di questi», spiega, «è la superbia che può contagiare anche le persone che vivono una vita religiosa intensa. C’era una volta un convento di suore, nell’anno 1600-1700, famoso, al tempo del giansenismo: erano perfettissime e si diceva di loro che fossero purissime come gli angeli, ma superbe come i demoni. È una cosa brutta. Il peccato divide la fraternità, il peccato ci fa presumere di essere migliori degli altri, il peccato ci fa credere che siamo simili a Dio».
La luce che abbiamo è un riflesso della grazia e della luce di Dio
Francesco più volte sottolinea che noi siamo «debitori» verso Dio e questo per due motivi: «perché in questa vita abbiamo ricevuto tanto: l’esistenza, un padre e una madre, l’amicizia, le meraviglie del creato... Anche se a tutti capita di attraversare giorni difficili, dobbiamo sempre ricordarci che la vita è una grazia, è il miracolo che Dio ha estratto dal nulla». E, secondo motivo, «siamo debitori perché, anche se riusciamo ad amare, nessuno di noi è capace di farlo con le sue sole forze», ricorda il Papa, «l’amore vero è quando possiamo amare, ma con la grazia di Dio. Nessuno di noi brilla di luce propria».
E per spiegare questo concetto, fa ricorso a una metafora utilizzata dai Padri della Chiesa: «C’è quello che i teologi antichi chiamavano un “mysterium lunae” non solo nell’identità della Chiesa, ma anche nella storia di ciascuno di noi. Cosa significa, questo “mysterium lunae”? Che è come la luna, che non ha luce propria: riflette la luce del sole. Anche noi, non abbiamo luce propria: la luce che abbiamo è un riflesso della grazia di Dio, della luce di Dio. Se ami è perché qualcuno, all’esterno di te, ti ha sorriso quando eri un bambino, insegnandoti a rispondere con un sorriso. Se ami è perché qualcuno accanto a te ti ha risvegliato all’amore, facendoti comprendere come in esso risiede il senso dell’esistenza».
Francesco conclude invitando ad «ascoltare la storia di qualche persona che ha sbagliato: un carcerato, un condannato, un drogato … conosciamo tanta gente che sbaglia nella vita. Fatta salva la responsabilità, che è sempre personale, ti domandi qualche volta chi debba essere incolpato dei suoi sbagli, se solo la sua coscienza, o la storia di odio e di abbandono che qualcuno si porta dietro».
Il mistero della luna è questo: «amiamo anzitutto perché siamo stati amati, perdoniamo perché siamo stati perdonati. E se qualcuno non è stato illuminato dalla luce del sole, diventa gelido come il terreno d’inverno».
Dopo i saluti ai pellegrini in varie lingue, Francesco ricorda la Settimana Santa ormai vicina: «Stiamo concludendo il cammino di Quaresima. Pieni di gioia e di speranza, prepariamoci a far nostri i sentimenti di Cristo e a vivere in pienezza i giorni della sua passione e glorificazione».