Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
domenica 08 settembre 2024
 
dossier
 

Il Papa: «Le scuole residenziali una catastrofe incompatibile con il Vangelo»

25/07/2022  Il viaggio di Francesco in Canada comincia con la richiesta di perdono ai popoli indigeni per la vergogna e il dolore causato a tante famiglie e tanti bambini costretti forzatamente a lasciare la propria cultura

Il viaggio in Canada comincia con una visita al cimitero. Papa Francesco, accompagnato da alcuni anziani nativi delle popolazioni First Nations, Métis e Inuit, si raccoglie in preghiera davanti alle tombe del cimitero di Ermineskin, una delle scuole residenziali in cui furono perpetrati gli abusi, per poi proseguire fino al Bear Park Pow-Wow Grounds. Qui viene accolto da una delegazione di capi indigeni provenienti da tutto il Paese e ascolta il discorso di benvenuto di Aquila D’Oro. Poi parla in spagnolo, tradotto in inglese.

Il Papa parla di «guarigione e di riconciliazione», di un viaggio che è «un pellegrinaggio penitenziale». Il Papa è arrivato fino in Canada per dire «di persona che sono addolorato, per implorare da Dio perdono». Ricorda i mocassini che le popolazioni indigene gli avevano portato a Roma, quattro mesi fa, «segno della sofferenza patita dai bambini indigeni, in particolare da quanti purtroppo non fecero più ritorno a casa dalle scuole residenziali. Mi era stato chiesto di restituire i mocassini una volta arrivato in Canada; lo farò al termine di queste parole, per le quali vorrei prendere spunto proprio da questo simbolo, che ha ravvivato in me nei mesi passati il dolore, l’indignazione e la vergogna. Il ricordo di quei bambini infonde afflizione ed esorta ad agire affinché ogni bambino sia trattato con amore, onore e rispetto. Ma quei mocassini ci parlano anche di un cammino, di un percorso che desideriamo fare insieme. Camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme, perché le sofferenze del passato lascino il posto a un futuro di giustizia, guarigione e riconciliazione».

Ed è per questo che il Papa ha cominciato il suo pellegrinaggio proprio in questa regione «che vede, da tempo immemorabile, la presenza delle popolazioni indigene. È un territorio che ci parla, che permette di fare memoria». Una memoria che ci dice che in questa terra si è vissuto «per migliaia di anni con stili di vita che hanno rispettato la terra stessa, ereditata dalle generazioni passate e custodita per quelle future». Il Pontefice dice ai nativi che loro hanno trattato questa terra come un dono del Creatore da condividere con gli altri. «Avete così imparato a nutrire un senso di famiglia e di comunità», dice Francesco, «e sviluppato legami saldi tra le generazioni, onorando gli anziani e prendendovi cura dei piccoli. Quante buone usanze e insegnamenti, incentrati sull’attenzione agli altri e sull’amore per la verità, sul coraggio e sul rispetto, sull’umiltà e sull’onestà, sulla sapienza di vita».

Ma la memoria porta anche il ricordo di cosa è successo dopo. Il Papa parla di «un grido di dolore, un urlo soffocato che mi ha accompagnato in questi mesi». Ripensa al dramma subito da tanti bambini e da tante famiglie per via delle scuole residenziali. «Sono traumi che, in un certo modo, rivivono ogni volta che vengono rievocati e mi rendo conto che anche il nostro incontro odierno può risvegliare ricordi e ferite, e che molti di voi potrebbero trovarsi in difficoltà mentre parlo. Ma è giusto fare memoria, perché la dimenticanza porta all’indifferenza e, come è stato detto, “l’opposto dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza”».

Il Papa ricorda il sistema di queste scuole residenziali delle esperienze devastanti avvenute nelle scuole residenziali colpisce, indigna, addolora, ma è necessario. È necessario ricordare come le politiche di assimilazione e di affrancamento, che comprendevano anche il sistema delle scuole residenziali, siano state devastanti «per la gente di queste terre. Quando i coloni europei vi arrivarono per la prima volta, c’era la grande opportunità di sviluppare un fecondo incontro tra culture, tradizioni e spiritualità. Ma in gran parte ciò non è avvenuto. E mi tornano alla mente i vostri racconti: di come le politiche di assimilazione hanno finito per emarginare sistematicamente i popoli indigeni; di come, anche attraverso il sistema delle scuole residenziali, le vostre lingue e culture sono state denigrate e soppresse; di come i bambini hanno subito abusi fisici e verbali, psicologici e spirituali; di come sono stati portati via dalle loro case quando erano piccini e di come ciò abbia segnato in modo indelebile il rapporto tra i genitori e i figli, i nonni e i nipoti».

Ringrazia, Bergoglio, per il dialogo che si è instaurato, «per avermi fatto entrare nel cuore tutto questo, per aver tirato fuori i pesanti fardelli che portate dentro, per aver condiviso con me questa memoria sanguinante. Oggi sono qui, in questa terra che, insieme a una memoria antica, custodisce le cicatrici di ferite ancora aperte. Sono qui perché il primo passo di questo pellegrinaggio penitenziale in mezzo a voi è quello di rinnovarvi la richiesta di perdono e di dirvi, di tutto cuore, che sono profondamente addolorato: chiedo perdono per i modi in cui, purtroppo, molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni. Sono addolorato. Chiedo perdono, in particolare, per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali».

Ci sono anche stati non pochi casi di carità e di dedizione ai bambini, ma «le conseguenze complessive delle politiche legate alle scuole residenziali sono state catastrofiche. Quello che la fede cristiana ci dice è che si è trattato di un errore devastante, incompatibile con il Vangelo di Gesù Cristo. Addolora sapere che quel terreno compatto di valori, lingua e cultura, che ha conferito alle vostre popolazioni un genuino senso di identità, è stato eroso, e che voi continuiate a pagarne gli effetti. Di fronte a questo male che indigna, la Chiesa si inginocchia dinanzi a Dio e implora il perdono per i peccati dei suoi figli».

La parola perdono risuona più volte: «Vorrei ribadirlo con vergogna e chiarezza: chiedo umilmente perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene».

E questa richiesta di perdono, queste scuse, non sono un punto di arrivo, ma di partenza. Occorre ancora ricercare, seriamente, la «verità sul passato e aiutare i sopravvissuti delle scuole residenziali a intraprendere percorsi di guarigione dai traumi subiti».

Il Papa prega perché crescano accoglienza e rispetto, perché si possa imparare a camminare insieme incoraggiando l’impegno dei cattolici nei confronti dei popoli indigeni «So che tutto ciò richiede tempo e pazienza: si tratta di processi che devono entrare nei cuori, e la mia presenza qui e l’impegno dei Vescovi canadesi sono testimonianza della volontà di procedere in questo cammino».

Infine il Pontefice sottolinea che anche se il vaiggio è lungo non gli permette di visitare tutti i luoghi del Canada, «centri come Kamloops, Winnipeg, vari siti nel Saskatchewan, nello Yukon e nei Territori del Nordovest. Anche se ciò non è possibile, sappiate che siete tutti nei miei pensieri e nella mia preghiera. Sappiate che conosco la sofferenza, i traumi e le sfide dei popoli indigeni in tutte le regioni di questo Paese. Le mie parole pronunciate lungo questo cammino penitenziale sono rivolte a tutte le comunità e le persone native, che abbraccio di cuore».

E chiede di fare silenzio, di piangere insieme, di guardare la terra e pregare presso le tombe. «Lasciamo che il silenzio ci aiuti tutti a interiorizzare il dolore. Silenzio. E preghiera: di fronte al male preghiamo il Signore del bene; di fronte alla morte preghiamo il Dio della vita. Il Signore Gesù Cristo ha fatto di un sepolcro, capolinea della speranza di fronte al quale erano svaniti tutti i sogni ed erano rimasti solo pianto, dolore e rassegnazione, ne ha fatto il luogo della rinascita, della risurrezione, da cui è partita una storia di vita nuova e di riconciliazione universale. Non bastano i nostri sforzi per guarire e riconciliare, occorre la sua Grazia: occorre la sapienza mite e forte dello Spirito, la tenerezza del Consolatore. Sia Lui a colmare le attese dei cuori. Sia Lui a prenderci per mano. Sia Lui a farci camminare insieme».

Multimedia
Le più belle immagini dell'ultimo giorno del Papa in Canada
Correlati
Il Papa in Canada, la seconda giornata in un minuto
Correlati
Le più belle immagini dell'ultimo giorno del Papa in Canada
Correlati
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo