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lunedì 11 novembre 2024
 
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«Non ci spaventi la differenza di religioni ma l’assenza di fraternità»

03/04/2019  Francesco all’udienza traccia un bilancio del recente viaggio in Marocco: «Dio vuole la fratellanza tra noi e in modo speciale con i nostri fratelli musulmani». E spiega: non mi piace dire «migrante», preferisco «persona migrante», è più rispettoso

«Non dobbiamo spaventarci della differenza» tra le varie religioni perché Dio «ha permesso questo». Piuttosto «dobbiamo spaventarci se noi non operiamo nella fraternità, per camminare insieme nella vita» con le persone di altre fedi. Papa Francesco dedica l’udienza generale al suo recente viaggio in Marocco dove ha incontrato la comunità musulmana: «Il mio pellegrinaggio», ricorda il Pontefice, «ha seguito le orme di due Santi: Francesco d’Assisi e Giovanni Paolo II. 800 anni fa Francesco portò il messaggio di pace e di fraternità al Sultano al-Malik al-Kamil; nel 1985 Papa Wojtyła compì la sua memorabile visita in Marocco, dopo aver ricevuto in Vaticano – primo tra i Capi di Stato musulmani – il Re Hassan II».

Qualcuno, sottolinea Bergoglio, «può domandarsi: ma perché il Papa va dai musulmani e non solamente dai cattolici?». Perché, risponde, «ci sono tante religioni, e come mai ci sono tante religioni? Con i musulmani siamo discendenti dello stesso Padre, Abramo: perché Dio permette che ci siano tante religioni? Dio ha voluto permettere questo: i teologi della Scolastica facevano riferimento alla volutas permissiva di Dio. Egli ha voluto permettere questa realtà: ci sono tante religioni; alcune nascono dalla cultura, ma sempre guardano il cielo, guardano Dio. Ma quello che Dio vuole», spiega il Pontefice, «è la fraternità tra noi e in modo speciale – qui sta il motivo di questo viaggio – con i nostri fratelli figli di Abramo come noi, i musulmani».

Il motto del viaggio in Marocco era “Servitore di speranza”. E «servire la speranza, in un tempo come il nostro, significa anzitutto gettare ponti tra le civiltà», dice Francesco, «con il Re Mohammed VI abbiamo ribadito il ruolo essenziale delle religioni nel difendere la dignità umana e promuovere la pace, la giustizia e la cura del creato, cioè la nostra casa comune. In questa prospettiva abbiamo anche sottoscritto insieme con il Re un Appello per Gerusalemme, perché la Città santa sia preservata come patrimonio dell’umanità e luogo di incontro pacifico, specialmente per i fedeli delle tre religioni monoteiste».

I migranti vanno accolti, protetti, promossi e integrati

Francesco ripercorre i momenti salienti della due giorni in terra marocchina, tra cui la visita all’Istituto per la formazione degli imam: «Questo Istituto», ricorda, «promuove un Islam rispettoso delle altre religioni e rifiuta la violenza e l’integralismo, cioè sottolinea che noi siamo tutti fratelli e dobbiamo lavorare per la fraternità».

Francesco ricorda la particolare attenzione da lui dedicata in questo viaggio alla «questione migratoria» sia nei colloqui con le autorità marocchine che nell’incontro nella sede della Caritas di Rabat con un gruppo di immigrati: «Alcuni di loro hanno testimoniato che la vita di chi emigra cambia e ritorna ad essere umana quando trova una comunità che lo accoglie come persona. Questo è fondamentale», ha detto il papa che ha ricordato come «Proprio a Marrakech, in Marocco, nel dicembre scorso è stato ratificato il “Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare” al quale, ricorda, «come Santa Sede abbiamo offerto il nostro contributo che si riassume in quattro verbi: accogliere i migranti, proteggere i migranti, promuovere i migranti e integrare i migranti. Non si tratta», precisa Bergoglio, «di calare dall’alto programmi assistenziali, ma di fare insieme un cammino attraverso queste quattro azioni, per costruire città e Paesi che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperti alle differenze e sappiano valorizzarle nel segno della fratellanza umana».

Meglio dire "persona migrante", è più rispettoso

  

Il Pontefice fa anche una precisazione lessicale importante: «A me», confida, «non piace dire migranti; a me piace più dire persone migranti. Sapete perché? Perché migrante è un aggettivo, mentre il termine persona è un sostantivo. Noi siamo caduti nella cultura dell’aggettivo: usiamo tanti aggettivi e dimentichiamo tante volte i sostantivi, cioè la sostanza. L’aggettivo va sempre legato a un sostantivo, a una persona; quindi una persona migrante. Così c’è rispetto e non si cadere in questa cultura dell’aggettivo che è troppo liquida, troppo gassosa».

Ricorda inoltre per ben due volte che la Chiesa in Marocco «è molto impegnata nella vicinanza alle persone migranti, e perciò ho voluto ringraziare e incoraggiare quanti con generosità si spendono al loro servizio».

Il secondo giorno del viaggio, domenica 31 marzo, è stato dedicato dal Pontefice alla comunità cristiana del Paese: «Nella Cattedrale di Rabat ho incontrato i sacerdoti, le persone consacrate e il Consiglio Ecumenico delle Chiese», ricorda, «è un piccolo gregge, in Marocco, e per questo ho ricordato le immagini evangeliche del sale, della luce e del lievito che abbiamo letto all’inizio di questa udienza. Ciò che conta non è la quantità, ma che il sale abbia sapore, che la luce splenda, e che il lievito abbia la forza di far fermentare tutta la massa». Francesco ha concluso ricordando la Messa celebrata in un complesso sportivo della capitale dove, ricorda, c’erano «migliaia di persone di circa 60 nazionalità diverse! Una singolare epifania del Popolo di Dio nel cuore di un Paese islamico. Non è un caso che, là dove i musulmani invocano ogni giorno il Clemente e il Misericordioso, sia risuonata la grande parabola della misericordia del Padre».

Lo sport abbraccia tutti i popoli

A conclusione dell’udienza, dopo i saluti in varie lingue ai pellegrini presenti in piazza San Pietro, il Papa ha ricordato che oggi ricorre la «VI Giornata Mondiale dello Sport per la Pace e lo Sviluppo», indetta dalle Nazioni Unite: «Lo sport – ha detto – è un linguaggio universale, che abbraccia tutti i popoli e contribuisce a superare i conflitti e a unire le persone. Lo sport è anche fonte di gioia e di grandi emozioni, ed è una scuola dove si forgiano le virtù per la crescita umana e sociale delle persone e delle comunità. Auguro a tutti – ha concluso Francesco – di “mettersi in gioco” nella vita come nello sport».

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