«Vedo che ci sono bandiere dell'Ucraina. Lì in Ucraina continuano i bombardamenti che causano morti, distruzione e sofferenze per la popolazione». Il Papa conclude l’Angelus chiedendo, «per favore» di non dimenticare «questo popolo afflitto dalla guerra. Non dimentichiamolo nel cuore e con le nostre preghiere». Ma le sue orazioni e la sua vicinanza vanno anche per i familiari e le consorelle di suor Lucia Dell'Orto, piccola sorella del Vangelo di Charles De Foucauld, «uccisa ieri a Port-au-Prince, capitale di Haiti. Da vent'anni suor Lucia viveva là, dedita soprattutto al servizio dei bambini di strada. Affido a Dio la sua anima e prego per il popolo haitiano, specialmente per i piccoli, perché possano avere un futuro più sereno, senza miseria e senza violenza». Il Pontefice indica suo Lucia come esempio, perché «ha fatto della sua vita un dono per gli altri, fino al martirio». E non sfugge a Francesco, la difficile situazione in Ecuador, Paese per il quale il Papa incoraggia «tutte le parti ad abbandonare la violenza e le posizioni estreme. Impariamo: solo col dialogo si potrà trovare, spero presto, la pace sociale, con particolare attenzione alle popolazioni emarginate e più povere, ma sempre rispettando i diritti di tutti e le istituzioni del Paese».
Prima aveva spiegato, commentando il Vangelo, che Gesù ci invita a essere persone serene. Non dobbiamo aspettarci ringraziamenti o lodi, anzi a volte, come accadde a Gesù, possiamo trovarci porte chiuse anche quando compiamo il bene. Ma, esorta il Papa, «quando troviamo delle chiusure, dobbiamo volgerci a fare il bene altrove, senza recriminazioni. Così Gesù ci aiuta a essere persone serene, contente del bene compiuto e che non cercano le approvazioni umane».
Non dobbiamo recriminare. Anche se a volte ci viene «la rabbia e tentiamo perfino di coinvolgere Dio stesso, minacciando castighi celesti. Gesù invece percorre un'altra via, quella della ferma decisione, che, lungi dal tradursi in durezza, implica calma, pazienza, longanimità, senza tuttavia minimamente allentare l'impegno nel fare il bene». Questo modo di fare non è debolezza, ma, invece denota
«una grande forza interiore. Lasciarsi prendere dalla rabbia nelle contrarietà è facile, è istintivo. Ciò che è difficile invece è dominarsi, facendo come Gesù». Il Papa chiede alla piazza di interrogarsi su questo punto: «Davanti alle contrarietà, alle incomprensioni, ci rivolgiamo al Signore, gli chiediamo la sua fermezza nel fare il bene? Oppure cerchiamo conferme negli applausi, finendo per essere aspri e rancorosi quando non li sentiamo? Quante volte, coscientemente o no, cerchiamo gli applausi o l'approvazione altrui? No non va quello, dobbiamo fare il bene non per avere gli applausi». Infine, sottolinea Francesco, «a volte pensiamo che il nostro fervore sia dovuto al senso di giustizia per una buona causa, ma in realtà il più delle volte non è altro che orgoglio, unito a debolezza, suscettibilità e impazienza».
E allora meglio chiedere al Signore di avere la sua forza e la sua pazienza, «di non essere vendicativi e intolleranti quando si presentano difficoltà, quando ci spendiamo per il bene e gli altri non lo capiscono, anzi quando ci squalificano. No, silenzio e avanti. Siamo cristiani con decisione, non come diceva una vecchietta “cristiani all'acqua di rose”. No, cristiani decisi».