La Messa di papa Francesco a San Pietro per l'apertura del Sinodo (Reuters)
Lo ripete ancora una volta, come già aveva fatto nella riunione preparatoria: «Il Sinodo non è un Parlamento, non è una convention ecclesiale, non è un incontro di studio» Papa Francesco, nella messa per l’apertura della XVI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, indica il cammino che bisognerà fare in questi anni. Sull’esempio di Gesù, occorre metter in cammino, stare per strada. «Molte volte», spiega il Pontefice, «i Vangeli ci presentano Gesù “sulla strada”, mentre si affianca al cammino dell’uomo e si pone in ascolto delle domande che abitano e agitano il suo cuore. Così, Egli ci svela che Dio non alberga in luoghi asettici, in luoghi tranquilli, distanti dalla realtà, ma cammina con noi e ci raggiunge là dove siamo, sulle strade a volte dissestate della vita». Iniziando il Sinodo il Papa chiede a ciascuno dei credenti e alla Chiesa tutta se ««incarniamo lo stile di Dio, che cammina nella storia e condivide le vicende dell’umanità» e se «siamo disposti all’avventura del cammino o, timorosi delle incognite, preferiamo rifugiarci nelle scuse del “non serve” e del “si è sempre fatto così”».
Francesco spiega il Vangelo e l’incontro con il giovane ricco. E indica i tre verbi del Sinodo «incontrare, ascoltare, discernere». Gesù, nell’incontro con il ragazzo lo ascolta e lo aiuta a capire cosa fare per avere la vita eterna.
«Incontrare. Il Vangelo si apre narrando un incontro. Un uomo va incontro a Gesù e si inginocchia davanti a Lui, ponendogli una domanda decisiva: “Maestro buono, cosa devo fare per avere la vita eterna?”». È una domanda che esige attenzione e tempo e Gesù, «non è distaccato, non si mostra infastidito o disturbato, anzi, si ferma con lui. È disponibile all’incontro. Egli sa che un incontro può cambiare la vita. E il Vangelo è costellato di incontri con Cristo che risollevano e guariscono. Gesù non andava di fretta, non guardava l’orologio per finire presto l’incontro, era sempre a servizio della persona che incontrava per ascoltarla». Sul suo esempio anche noi siamo chiamati a coltivare l’arte dell’incontro. Non si tratta di «organizzare eventi o fare una riflessione teorica sui problemi», ma prendersi tempo per l’incontro con il Signore e tra di noi. Il Papa torna sull’importanza dell’adorazione spesso trascurata. Ma è la preghiera, l’ascolto dello Spirito che ci suggerisce cosa Dio vuole dalla Chiesa. Ed è la preghiera che ci aiuta anche ad aprirci agli altri, ad avere coraggio e disponibilità a farci interpellare, «mentre talvolta preferiamo ripararci in rapporti formali o indossare maschere di circostanza, lo spirito clericale, di corte».
E poi l’ascolto. Il Papa ricorda che, dopo l’angelus incontrerà un gruppo di persone di strada che si raccolgono soltanto perché c’è qualcuno che li ascolta e, giorno dopo giorno grazie a questo ascolto, hanno cominciato a mettersi in cammino. «Tante volte è proprio così che Dio ci indica le strade da seguire, facendoci uscire dalle nostre abitudini stanche. Tutto cambia quando siamo capaci di incontri veri con Lui e tra di noi. Senza formalismi, senza infingimenti, senza trucco» sapendo che «un vero incontro nasce solo dall’ascolto. Gesù infatti si pone in ascolto della domanda di quell’uomo e della sua inquietudine religiosa ed esistenziale». E non bisogna dare risposte di circostanza, soluzioni preconfezionate, Gesù «non fa finta di rispondere con gentilezza solo per sbarazzarsene e continuare per la sua strada. Semplicemente lo ascolta, senza fretta e, la cosa più importante è che non ha paura». Gesù gli ricorda i comandamenti e il ragazzo comincia a raccontare la sua vita spirituale, «il modo in cui si è sforzato di cercare Dio. Quando ascoltiamo con il cuore succede questo: l’altro si sente accolto, non giudicato, libero di narrare il proprio vissuto e il proprio percorso spirituale. Chiediamoci con sincerità in questo itinerario sinodale come stiamo con l’ascolto? Come va “l’udito” del nostro cuore? Permettiamo alle persone di esprimersi, di camminare nella fede anche se hanno percorsi di vita difficili, di contribuire alla vita della comunità senza essere ostacolate, rifiutate o giudicate?». L’asscolto è un esercizio «lento, forse faticoso». Ma dobbiamo «imparare ad ascoltarci a vicenda – vescovi, preti, religiosi e laici, tutti i battezzati – evitando risposte artificiali e superficiali, risposte prêt-à-porter, no. Lo Spirito ci chiede di metterci in ascolto delle domande, degli affanni, delle speranze di ogni Chiesa, di ogni popolo e nazione. E anche in ascolto del mondo, delle sfide e dei cambiamenti che ci mette davanti. Non insonorizziamo il cuore, non blindiamoci dentro le nostre certezze. Le certezze tante volte ci chiudono. Ascoltiamoci».
E infine discernere. «Quando entriamo in dialogo, ci mettiamo in discussione, in cammino, e alla fine non siamo gli stessi di prima, siamo cambiati. Il Vangelo oggi ce lo mostra. Gesù intuisce che l’uomo che ha di fronte è buono e religioso e pratica i comandamenti, ma vuole condurlo oltre la semplice osservanza dei precetti. Nel dialogo, lo aiuta a discernere. Gli propone di guardarsi dentro, alla luce dell’amore con cui Egli stesso, fissandolo, lo ama, e di discernere in questa luce a che cosa il suo cuore è davvero attaccato. Per poi scoprire che il suo bene non è aggiungere altri atti religiosi, ma, al contrario, svuotarsi di sé: vendere ciò che occupa il suo cuore per fare spazio a Dio».
Questo è il Sinodo, «un cammino di discernimento spirituale, discernimento ecclesiale che si fa nell’adorazione, nella preghiera, a contatto con la Parola di Dio. E la seconda Lettura proprio oggi ci dice che la Parola di Dio “è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore”». È la Parola che ci apre al discernimento. «Essa», insiste Francesco, «orienta il Sinodo perché non sia una “convention” una convention ecclesiale, un convegno di studi o un congresso politico, che non sia un parlamento, ma un evento di grazia, un processo di guarigione condotto dallo Spirito Santo. In questi giorni Gesù ci chiama, come fece con l’uomo ricco del Vangelo, a svuotarci, a liberarci di ciò che è mondano, e anche delle nostre chiusure e dei nostri modelli pastorali rispettivi; a interrogarci su cosa ci vuole dire Dio in questo tempo e verso quale direzione vuole condurci».